di Pino Dellasega. Cari amici nordic walkers, è con gioia ed emozione che voglio…
Cristiana. È il nome battesimale, la declinazione di Cristo, il senso di un’esperienza umana semplice, vissuta eccezionalmente.
Non è una biografia quella raccolta nelle pagine di questo libro, ma la narrazione di senso, il racconto atemporale di una vita condotta guardando al Mistero.
«Non ho paura di andare da Gesù» disse Cristiana a nove anni, quando si palesò la sua malattia. Una frase ripetuta a quindici anni, a venti, pochi giorni prima dell’ultimo cammino. In mezzo, una vita vissuta pienamente con coscienza e certezza dello scopo.
Cristiana conosceva il suo destino. Amava con spregiudicata gentilezza ogni cosa della vita perché sapeva di essere amata. Cantava le liriche di Dio, con la tecnica e con il cuore. Intonava l’amicizia con la schiettezza e l’affetto puro dei bambini, senza sovrastrutture, impostazioni, doveri o risposte confezionate.
Cristiana è stata, e lo è ancora, esperienza viva, il cristianesimo in cammino.
«Che gioia portare sulle spalle questo nome. Che fortuna potersi chiamare con il moto del proprio cuore. Non mi avresti potuto battezzare con un nome migliore».
Ripeteva questo Cristiana a sua mamma Gianna. E proprio in quel nome battesimale – Cristiana, la declinazione di Cristo – è insito il destino ultimo della sua persona.
Come ha potuto una giovane ragazza, martoriata sin dalla tenera età dalla malattia che nel tempo l’aveva resa cieca, amare con il cuore aperto ogni singola ragione del vivere? Esisteva in lei un segreto, una modalità d’azione che le consentiva di non arretrare e arrendersi?
A Cristiana era accaduto semplicemente un fatto: l’incontro con l’avvenimento cristiano.
Cristiana viveva la menomazione della vista come una potatura che l’induceva a mettere ancora più amore in ciò che le era rimasto, la voce. E amava cantando. E cantava perché era contenta, non perché stava bene, ma perché si sentiva amata. Per questo ripeteva, senza paura e senza timore: «Non ho paura di andare da Gesù».
Non c’era rassegnazione nel suo dire. Quella frase, pronunciata anche nel suo ultimo giorno terreno, era l’esplicitazione di una gioia. Il male le aveva tolto, giorno dopo giorno, spazi di azione, facoltà fisiche, possibilità di autonomia e indipendenza. Eppure nulla si è lasciata sfuggire. Neppure la perdita progressiva della vista le ha impedito di vedere le bellezze del mondo, gli incanti della montagna, la magnificenza della città eterna, Roma, o la crudele povertà delle favelas brasiliane.
Per Cristiana la vita si faceva canto perché il suo cuore era lieto, traboccante di una Presenza Altra.
Nelle pagine di questo libro vive il racconto di chi è stato testimone della sua vita piena, le tante voci di chi ha cantato, giocato, riso, assieme a lei raccolte dallo scrittore Fabio Cavallari.
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