Più famiglia per favorire solidarietà e sviluppo Organizzato dal Forum delle persone e associazioni di…
Milano – Un teatro, un uomo al pianoforte. È Andrea Bocelli. In platea non c’è nessuno. Il grande tenore è lì per registrare un video-messaggio dedicato a un missionario, padre Rick, che lavora ad Haiti. «Allora – dice -, per questa occasione ho pensato di raccontarvi una piccola storia». E parla di una giovane donna che arriva in ospedale con dolori che fanno pensare a un problema di appendicite. Lei non sa di essere incinta. «I dottori le misero del ghiaccio sulla pancia – racconta Bocelli – e poi, quando il trattamento era finito, le dissero che avrebbe fatto meglio ad abortire.
Che era la soluzione migliore, perché il bambino sarebbe venuto al mondo con qualche forma di disabilità. Ma la giovane e coraggiosa sposa decise di non interrompere la gravidanza e il bambino nacque». E poi: «Quella signora era mia madre, e il bambino ero io». Quindi aggiunge: «Sarò di parte, ma posso dirvi che è stata la scelta giusta e spero che questo possa incoraggiare altre madri che magari si trovano in momenti di vita complicati ma vogliono salvare la vita dei loro bambini». Alla fine accenna un canto: «Voglio vivere così… col sole in fronte…». Bocelli è nato con una forma di glaucoma congenito che lo ha reso quasi cieco.
Ricorda la compagna, Veronica Berti, io ero lì e quando ho sentito le sue parole sono dovuta uscire perché mi stavo mettendo a piangere». Spiega che quel messaggio, quel racconto, serviva per una serata organizzata da «Nph-Italia», branca della fondazione «Nuestros PequenosHermanos» (I nostri piccoli fratelli ndr) che si occupa di bambini e con la quale Bocelli collabora. In particolare, era un omaggio all’opera di padre Rick, un prete-chirurgo che ha dedicato venticinque anni ai bimbi di Haiti. «Padre Rick cura tutti i bambini – dice Veronica Berti – ma ha costruito un centro per le mamme con figli disabili. Perché in quel Paese, capita che i bimbi con menomazioni più o meno gravi non vengano accettati e curati». Parla di prima, di prima del terremoto che a gennaio ha devastato l’isola. «Il sisma non c’era ancora stato – spiega Veronica -. Ma Andrea voleva dire alle persone di quel un Paese tanto povero, dove i bambini disabili rischiano di non essere accettati dalle famiglie, che anche lui aveva rischiato di non vedere la luce a causa di una forma di disabilità». Lui, che poi avrebbe venduto 70 milioni di dischi e conquistato il mondo. E che adesso è diventato l’idolo delle organizzazioni che si battono per la difesa della vita e contro le interruzioni di gravidanza. Il video, scrive il Daily Mail, è stato messo in rete da «Whole life initiative», un’organizzazione pro-life statunitense. E i commenti di chi lo ha guardato sono tra il commosso e il fanatico: «Aborto = omicidio» scrive qualcuno che si firma Bulgaria Will Rise. E subito è ripreso l’eterno dibattito fra chi difende la vita sempre e comunque e chi non vuole che una scelta del genere venga affidata a governi e Stati invece che alle persone. Bocelli che ne pensa? «Andrea è molto religioso, quindi non c’è bisogno di rispondere – dice la compagna -. Io non mi permetto di giudicare, credo che bisogna trovarsi in situazioni simili per poterne parlare. Certo, però, quella storia colpisce. Io l’ho fatta vedere ai nostri figli: quando hanno sentito il racconto di loro padre è calato il silenzio».
di Paolo Guiducci Avvenire, 14 agosto 2010
Cosa spinge uno dei cantanti più famosi al mondo a prestare la sua voce per sostenere un gruppo di giovani impegnati in una missione di evangelizzazione di strada e di spiaggia? «L’amicizia e l’ammirazione che nutro per queste persone di buona volontà» spiega Andrea Bocelli con disarmante semplicità. Il 52enne cantante e tenore toscano, un artista capace di raccogliere applausi a New York come di cantare davanti al Papa, è sceso così ieri sulla spiaggia di Riccione per prendere parte alla missione che fa risuonare lo slogan di Gesù Cristo «Chi ha sete venga a Me» in uno dei templi del divertimentificio. Il tempo è stato inclemente, una delle poche giornate di maltempo dell’estate 2010 sulla riviera, ma qui nessuno se n’è accorto: i ragazzi hanno comunque invaso la spiaggia al Bagno 85 con l’animazione pomeridiana fatta di musica, danza e testimonianze. Poi, alle 21, la Messa, dove centinaia di persone dentro e fuori la chiesa dell’Alba, dove è parroco don Franco Mastrolonardo, organizzatore della missione, hanno goduto dell’interpretazione del tenore del Panis Angelicus di Cesar Franck e dell’Ave Maria di Schubert. L’affluenza alla celebrazione è stata talmente alta che neppure il grande schermo allestito all’esterno della chiesa è riuscito a soddisfare tutti i presenti. «Volevo portare il mio piccolo contributo all’iniziativa – spiega il cantante –. Spero di non aver distolto con la mia presenza l’attenzione verso la buona notizia annunciata da questi giovani».
Dai teatri alla spiaggia: come è nata questa insolita collaborazione con la comunità Nuovi Orizzonti e i giovani missionari riccionesi?
«L’amicizia con Chiara Amirante, con don Davide Banzato (la fondatrice e l’assistente spirituale di Nuovi Orizzonti, ndr) e con i loro più stretti collaboratori, dura da tempo. Oggi tante persone vedono solo il lato brutto della vita, per cui è necessario rimboccarsi le maniche e portare una parola di speranza, un annuncio di ottimismo. Chiara e altri lo fanno, dedicano la loro vita al bene 24 ore su 24: una scelta contagiosa».
Però non così praticata oggi.
«Ogni azione ci apre davanti un bivio: la strada del male e quella del bene. La prima sembra una discesa, durante la quale non si pedala e non si fa fatica, ma con il rischio concreto di cadere. La seconda assomiglia tanto a una salita, durante la quale si suda e dietro ad ogni tornante si nasconde l’insidia di mollare. Arrivati in cima però si ha la sensazione di aver fatto un’impresa, di aver portato a termine qualcosa di grande».
E lei, ciclista Bocelli, quale strada per la vita ha imboccato?
«In ogni competizione c’è chi arriva prima e chi dopo. Con un’altra immagine ciclistica i giovani missionari con le infradito ai piedi, lo zaino in spalla e il sorriso fraterno di Riccione sono nelle posizioni di testa nel gruppo. Io mi auguro di aver intrapreso la direzione giusta, quella che conduce al traguardo. La domanda sul senso della vita, le questioni morali più profonde mi si stagliano davanti ogni giorno, negli incontri che faccio, nelle scelte che prendo».
Ai ragazzi in vacanza a Riccione e sulla riviera romagnola, in cerca di facili trasgressioni, lei che direbbe?
«Offrirei il mio silenzio. Tante persone oggi chiudono le orecchie ai discorsi ma aprono gli occhi di fronte all’esempio».
Se qualche appassionato ciclista le chiedesse indicazioni sulla giusta direzione?
«Gli consiglierei di leggere il Vangelo. C’è una frase che Matteo fa pronunciare a Gesù che mi ha conquistato sin da bambino: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”. È il compimento di quanto auspicava Tobia: “Non fare a nessuno ciò che non piace a te”».
Si parla spesso di mancanza di valori nelle nuove generazioni ma anche di errori educativi delle famiglie. Lei, come padre di due figli, che ne pensa?
«Troppo facilmente gli adulti pensano di risolvere il loro compito educativo procurando denaro ai figli. I ragazzi invece hanno bisogno di qualcosa di molto più importante, domandano fiducia nel futuro, cercano ascolto, desiderano dialogo e anche carezze».
Di recente lei ha dialogato con i figli anche su un tema tanto attuale quanto delicato e drammatico come l’aborto. Mi riferisco al suo racconto sul web di una giovane donna giunta in ospedale con dolori che fanno pensare a un’appendicite. Lei non sa di essere incinta e i medici le propongono di rifiutare il bambino.
«I dottori le misero del ghiaccio sulla pancia e poi, quando il trattamento era finito, le dissero che avrebbe fatto meglio ad abortire. Che era la soluzione migliore, perché il bambino sarebbe venuto al mondo con qualche forma di disabilità. Ma la giovane e coraggiosa sposa decise di non interrompere la gravidanza e il bambino nacque. Quella signora era mia madre, e il bambino ero io. Sarò di parte, ma posso dirvi che è stata la scelta giusta e spero che questo possa incoraggiare altre madri che magari si trovano in momenti di vita complicati ma vogliono salvare la vita dei loro bambini».
Che sogno nel cassetto può avere un artista che si è esibito in ogni parte del mondo, capace di vendere 70 milioni di dischi e che ha cantato due volte davanti a Benedetto XVI?
«Ciascuno è stato dotato di un carisma, di un talento. La voce è lo strumento che ho ricevuto, ma è importante l’uso che se ne fa: io cerco di migliorarmi sempre. Il prossimo anno canterò per la pace in Israele. E se il Papa dovesse chiamarmi ancora, garibaldinamente risponderei volentieri: obbedisco, Santità!».
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