Una storia iniziata al termine di una notte che è ancora ben impressa nella memoria…
Asterix è nato nel 1959 dal genio di René Goscinny e Albert Uderzo. Oggi, nel 2009, compie cinquant’anni, ma non mostra segni di invecchiamento. Nessuno avrebbe potuto prevedere, allora, un successo così straordinario: legioni di appassiati, trentatré albi, cartoni animati, film, ma soprattutto un posto d’onore nella cultura francese ed europea.
Non era per caso che il piccolo fortissimo paladino dell’indipendenza gallica avesse il profilo del generale: ma allora che cos’era adombrata dietro la potente eppur sempre scazzottata e ridicolizzata superpotenza romana? Che dietro le aquile legionarie superbe ma un po’ spennacchiate si celasse quella statunitense, che De Gaulle s’apprestava a far volar via dal suolo francese? Asterix rappresentò uno dei primi sussulti di ripresa e di révanche della France etérnelle: e fu così che sciovinisticamente i francesi l’intesero. Una Gallia un po’ anacronistica e molto provinciale, con tutte le sue manìe gastronomiche (le chanterelles, il beaujolais nuovo che sta per arrivare…) e tutta l’allegra folle spacconeria che si dice fosse propria dei Galli e cui i loro discendenti, per quanto largamente inquinati da Latini e da Germani – Franchi prima e Normanni poi –, non hanno mai saputo rinunziare. A sterix contro tutti: contro i Germani che sono già un po’ nazisti, contro i Britanni che bevono acqua calda (il tè deve ancor arrivare dall’Asia, nel I secolo a.C.), contro i pirati vichinghi o africani, gli Egizi – volete non mandare i nostri eroi anche a incontrar la bella Cleopatra, per portar la quale sul grande schermo si è scomodata addirittura Monica Bellucci?; e giù, ancora, con tutta una serie di avventure esilaranti per quanto un po’ monotone (ma l’iterazione, si sa, è una delle chiavi della comicità), con epiche scazzottate e pantagrueliche mangiate e non senza qualche incontro con un Giulio Cesare quasi filologicamente perfetto, il nobile volto smagrito e grifagno, la boria e la spocchia del vincitore ma anche la duttilità furbastra del dittatore di professione, del grande politico (sarà un caso che la sua maschera cartoonistica somigli tanto al nostro compianto Avvocato, a Gianni Agnelli?).
Li abbiamo amati e continuiamo da amarli, Asterix, Obelix e gli altri: e di rado ci passa per la testa che se non altro da italiani dovremmo tifare per i legionari di Cesare. Sono così sfacciatamente, così platealmente, così intollerabilmente bien français che ci fanno ridere; e ci fanno tenerezza. In fondo, sono un prodotto impeccabile d’un popolo che a pochi giorni dall’inizio della seconda guerra mondiale aveva già i tedeschi nelle strade di Parigi e che pure resta convinto di averla vinta, quella guerra. Viste le premesse, perché non immaginarsi un piccolo villaggio che tiene a bada quel Cesare che, nella realtà, piegò anche il prode Vercingetorix? Qualcuno si è divertito a sottolineare errore e anacronismi: Cesare non era imperatore, un centurione non può comandare dei castra legionari, le patate non c’erano, quei buffi elmi con ali e corni sono una fantasia romantica… Ma in fondo è proprio questo il bello. Questi Galli sono tanto sciovinisti da farsi voler bene dagli stranieri. In fondo, è proprio questa la Francia.
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