Promocom Predazzo invita tutti questa sera, lunedi 18 marzo, alle 20.30, presso l'Aula Magna del…
Le potenze mondiali si ritrovano alla conferenza di Durban, in Sud Africa, dalla quale dovrebbero emergere le nuove direttive sul clima. Le prospettive però non sono delle migliori, e l’ostracismo di Usa e Cina potrebbe mettere a repentaglio seriamente il raggiungimento di un accordo. Dietro ai governi nazionali, poi, si muove una rete di grandi multinazionali inquinanti che rema contro ogni vincolo sulle emissioni. Questa la posta in gioco alla 17ma Conferenza delle parti Onu sul clima, a cui partecipano 195 Paesi. Il summit in corso a Durban, in Sudafrica, entra oggi nell’ultima settimana, quella cruciale. La situazione climatica del Pianeta infatti è grave. La comunità scientifica teme che, andando avanti così, la temperatura potrebbe salire di 3-4 gradi centigradi. E i tempi che abbiamo per evitare tale catastrofe sono brevi. Gli esperti affermano che, per evitare tale disastro, dobbiamo tagliare l’80% delle emissioni di gas serra entro il 2050. Purtroppo i governi sono prigionieri sia dei potentati economico-finanziari che dei potentati agro-industriali che traggono enormi profitti da questo Sistema. La finanza poi è talmente scaltra che vuole guadagnare anche sulla crisi ecologica, con la cosiddetta ‘economia verde’. Ne sono espressione il ‘mercato del carbonio’, il ‘Redd+’ (produzione agro-forestale per bio-carburanti), la geo-ingegneria, che introducono l’assurdo principio del ‘diritto ad inquinare’ e finanziarizzano la crisi ecologica, per poterci speculare. Dobbiamo invece aiutare tutti i cittadini a capire che le ragioni fondamentali del disastro ecologico sono il nostro modello di sviluppo e il nostro stile di vita. Se tutti a questo mondo vivessero come viviamo noi occidentali, avremmo bisogno di quattro pianeti Terra come risorse e di altrettanti come pattumiere ove buttare i nostri rifiuti. C’è bisogno di un grande lavoro di informazione e coscientizzazione che porti a una rivoluzione culturale. È quanto stiamo tentando di fare come Rete per la Giustizia Ambientale e Sociale (RIGAS). Chiediamo a tutte le realtà che lavorano sull’ambiente di fare rete come abbiamo fatto per l’acqua. Insieme si può!
E chiediamo a tutti di impegnarsi: -a livello personale, con uno stile di vita più sobrio; -a livello locale, con un
riciclaggio totale dei rifiuti opponendosi agli inceneritori; -a livello nazionale, con un bilancio energetico (mai fatto!) che riduca del 30% le emissioni dei gas serra entro il 2020; -a livello europeo, sostenendo il Piano della Commissione Europea che prevede una riduzione per tappe dell’80% delle emissioni dei gas serra entro il 2050; -a livello globale, iniziando un Fondo per le nazioni del Sud del mondo per fronteggiare i cambiamenti climatici; riconoscendo il debito ecologico delle nazioni del Nord nei confronti del Sud; estendendo il protocollo di Kyoto; tassando dello 0,05% le transazioni finanziarie; concedendo il diritto d’asilo per i rifugiati climatici; riconoscendo i diritti della Madre Terra. Per salvare il clima da un disastro annunciato, è indispensabile contenere il surriscaldamento globale al di sotto dei 2°. “In questa partita – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – l’Europa ha la possibilità di tornare a svolgere un ruolo di leadership nella lotta contro i mutamenti climatici, battendosi per rinnovare il protocollo di Kyoto la cui applicazione termina a fine 2012. Si tratta per l’Ue di un impegno che non richiede grandi sforzi aggiuntivi rispetto all’obiettivo comunitario già fissato del 20% di riduzione delle emissioni entro il 2020 e di un aggiornamento al 30% entro la stessa data”. Cruciale è poi la definizione di un mandato negoziale con relativa roadmap per raggiungere un nuovo accordo globale entro il 2015. L’Europa, ha spiegato Legambiente, ha la possibilità di costruire un’alleanza trasversale tra i paesi industrializzati e in via di sviluppo in grado di spingere Stati Uniti, Cina e India ad approvare un mandato per sottoscrivere un accordo globale a partire dal protocollo di Kyoto. Il nuovo accordo dovrà rispettare i principi di equità riconosciuti dalla convenzione sul clima (UNFCCC), tenere in considerazione le responsabilità storiche dei paesi industrializzati, essere adottato entro il 2015 ed entrare in vigore non oltre la fine del secondo periodo d’impegno del protocollo di Kyoto. Soltanto così sarà possibile intraprendere un processo credibile di riduzione delle emissioni di almeno l’80% entro il 2050 e tenere sotto controllo i cambiamenti climatici in atto. È necessario inoltre secondo Legambiente rendere operativi gli accordi presi l’anno scorso alla Conferenza di Cancún. Entro il 2013 si deve decidere come dar vita al fondo verde per il clima(Green Climate Fund) destinato a finanziare le azioni di riduzione delle emissioni e di adattamento ai mutamenti climatici nei paesi poveri. Legambiente sottolinea poi che occorre concordare tempi e procedure per colmare il divario tra gli attuali impegni di riduzione delle emissioni e quelli necessari per contenere il surriscaldamento globale al di sotto almeno dei 2°C. Inoltre devono essere costituite, oltre al Green Climate Fund, le strutture di governo decise a Cancún per rendere operativi gli interventi relativi all’adattamento e al trasferimento tecnologico. Sabato scorso, 3 dicembre, oltre 10mila persone hanno partecipato alla Global march a Durban. Unite against global change: questa la scritta sullo striscione di oltre 20 metri che ha aperto il corteo. “La prossima settimana la musica deve cambiare: la Cina riapre i giochi, ora la palla passa agli altri, Unione europea innanzi tutto”. Questo l’appello lanciato sabato dal WWF che si è unito ai cittadini che sabato hanno sfilato a Durban per manifestare contro lo stallo dei negoziati sul clima. “I negoziatori che hanno condotto le trattative la prima settimana erano tecnici, spesso persi nei dettagli. Da domani – ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile Policy Clima ed Energia del WWF Italia.- cominceranno ad arrivare i ministri, la musica deve cambiare, e va della credibilità di ministri e negoziatori stessi. Il messaggio e i risultati di Durban devono rispondere alle attese dei popoli del mondo, preoccupati per il cambiamento climatico, e ancor più a quelli della comunità scientifica, da cui giungono allarmi sempre più pressanti”. Secondo uno studio pubblicato dei ricercatori dell’Istituto per la Tecnologia di Zurigo pubblicato da Nature Geoscience, l’uomo sarebbe responsabile dei cambiamenti climatici nel 74% dei casi dal 1950 ad oggi, mentre solo la parte restante è attribuibile a cause naturali . (fonte: il cambiamento.it)
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