Domenica 16 luglio 2017 a Ziano di Fiemme Il Decanato di Fiemme propone un percorso…
Siamo di fronte all’urgenza di sostenere la famiglia, ma non sempre lo Stato si mostra sensibile ai suoi problemi. Ecco allora affacciarsi un progetto concreto di politica familiare che si ispira al principio di sussidiarietà. Protagonista dell’azione ogni Comune italiano, libero, però, dalle influenze degli schieramenti politici.
In Italia lo stato non fa nulla per salvare la famiglia, nemmeno quello che Francia e Germania fanno già con buoni risultati. La politica è palesemente incapace di provvedere ed è necessario trovare un’altra strada: l’azione sociale per la famiglia
Nel 1800, dopo la espropriazione delle istituzioni religiose volte all’assistenza, fu decisiva una forte ripresa delle attività caritative: le Società di San Vincenzo fondate nel 1835 da un laico, Federico Antonio Ozanam e la rifondazione dei Monti di Pietà di origine francescana nella formula più evoluta delle Casse di Risparmio.
E’ contemporanea in Italia l’iniziativa del Beato Cottolengo che nel 1832 fonda La piccola Casa della Divina Provvidenza. Papa Benedetto, parlando di lui nella sua prima enciclica “Deus Charitas est”, dette una importante definizione di queste iniziative chiamandole “modelli insigni di carità sociale per tutti gli uomini di buona volontà”.
Quando il modello caritativo si diffuse sufficientemente, assunse anche forme organizzative per occuparsi della educazione e della difesa dei diritti (movimenti educativi, scuole, associazioni di mutuo soccorso, cooperative, leghe e sindacati). Questo settore, organizzato diversamente dalle antiche forme di pietà, si chiamò “azione sociale”.
Nella nuova definizione di Papa Benedetto “modelli insigni di carità sociale per tutti gli uomini di buona volontà” si accentua l’aspetto costruttivo della carità, definendola sociale, al punto da includervi la partecipazione di tutti gli uomini di buona volontà, anche non direttamente collegati alla comunità ecclesiastica.
L’attuale grave situazione della famiglia ha stimolato una importante crescita dell’azione caritativa. La Charitas e tutte le iniziative del volontariato testimoniano la preoccupazione e la volontà del popolo cristiano di soccorrere le nuove povertà.
Sarebbe di grande aiuto una iniziativa paragonabile agli antichi Comitati Civici, che promuovesse la collaborazione delle associazioni cattoliche, liberandole da ogni forma di collateralismo, per trovare “la nuova strada”: realizzando nei Comuni, a minor costo e con maggior qualità e carità, servizi completi alla famiglia per mezzo della sussidiarietà.
Benedetto XV definisce un principio di sussidiarietà “dal basso”: “Manifestazione particolare della carità e criterio guida per la collaborazione fraterna di credenti e non credenti è senz’altro il principio di sussidiarietà, espressione della inalienabile libertà umana. La sussidiarietà è prima di tutto un aiuto alla persona, attraverso l’autonomia dei corpi intermedi. Tale aiuto viene offerto quando la persona ed i soggetti sociali non riescono a fare da sé e implica sempre finalità emancipatrici, perché favorisce attraverso l’autonomia dei corpi intermedi. la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità” .
E’ da notare l’espressione: “la collaborazione fraterna di credenti e non credenti”, che è una novità nella definizione dell’azione sociale dei nostri tempi. Ed un altro particolare: “attraverso l’autonomia dei corpi intermedi”, che significa attraverso libere associazioni e Comuni, autonomi dallo stato e dalla politica
Il principio di sussidiarietà comporta che le associazioni possano intervenire, in favore di famiglie in difficoltà, facendo ciò che avrebbero dovuto fare enti superiori, rivendicando il diritto di farlo ed di utilizzare le risorse a questo destinate dalla comunità.
Esiste una tradizione degli studi sociali cattolici nel promuovere una cultura del Comune“Famiglia delle famiglie”. E’ importante l’esperienza delle Charitas locali sui disagi delle famiglie, la riscoperta dei diritti costituzionali delle famiglie, lo studio dei disastri provocati dall’ abbandono a sé stesse delle cellule familiari.
La nuova cultura dei Comuni
Esaminare la spesa per i servizi e la loro resa, in termini di “costi e ricavi”, per scoprire un orizzonte immenso. Questa sarà la nuova cultura dei Comuni, per cambiare, da enti dalle spese obbligatorie che esauriscono tutto il bilancio, ad enti capaci di rispondere ai bisogni delle famiglie .
Questo cambiamento culturale significa una anche una profonda riforma dei concetti giuridici di “erogazione”, di “servizio” e di “resocontazione”. Significa anche riformare gli istituti giuridici della “convenzione”, della “concessione” e della “spesa-progetto”. Significa infine dare un solido contenuto organizzativo al principio di “sussidiarietà”.
E’ una grande occasione, non solo per mettere all’ordine del giorno il problema della famiglia, ma per fare il punto sulla funzionalità dell’ente locale e del suo rapporto ottimale con le energie della comunità.
Se la nostra cultura è in grado di disegnare un progetto di Comune che protegga la famiglia e la sua vita, sarà possibile mobilitare le energie migliori della comunità. Non si tratta di fondare un partito, ma di costruire un consenso generale per realizzare il progetto non partigiano de “La famiglia delle famiglie”.
Prepariamo un programma dei servizi alla famiglia, non intermittente e parziale, che garantisca la sopravvivenza e la praticabilità delle sue funzioni essenziali, da realizzarsi con la mobilitazione del volontariato, sostenuto dalle comunità locali, utilizzando meglio le disponibilità dei mezzi e degli strumenti che già esistono.
E’ possibile con questo programma ottenere il consenso delle comunità locale, senza una colorazione partitica: la strada dell’azione sociale è la più la più semplice e la più redditizia. Essa impegna tutti i cattolici ad un compito unitario concreto e “prossimo”, può dare obbiettivi al volontariato cristiano e laico, può essere occasione di alleanze e di blocchi sociali virtuosi.
Trattandosi di comunità locali non sono necessarie le adesione ideologiche, non sono consigliabili le dichiarazioni di appartenenza a movimenti politici. Sono invece da preferire le partecipazioni attive e responsabili al progetto.
Trasformare il Comune in “Famiglia delle famiglie”. Personalizzare ed umanizzare i servizi, responsabilizzare i gestori, familiarizzare con gli utenti, far partecipare alla mobilitazione tutti i cittadini.
Protagonisti di questo progetto saranno i grandi movimenti di azione sociale, oggi divisi da diverse strategie. Perché si uniscano in una rete é urgente produrre sollecitazioni culturali. E’ necessario rivisitare con occhi nuovi l’esperienza della Opera dei Congressi e dei Comitati Civici, riesaminare la combattuta storia delle ACLI, la presenza consapevole dei cristiani nei sindacati, analizzare l’azione sociale delle grandi organizzazioni ecclesiali, come la Compagnia delle Opere, l’Opus Dei, o i gruppi del “cammino catacumenale”, che non possono essere indifferenti alla crisi della famiglia
Sarà utile valutare l’esperienza storica dell’ ANCI, l’Associazione nazionale dei Comuni d’Italia. L’ANCI fu fondata da Luigi Sturzo, pro-Sindaco di Caltagirone, perché i Comuni avessero un organismo di rappresentanza contro la tutela ossessiva dei prefetti dello stato centralizzatore. Quando si discuterà fra Comuni e Stato sulle risorse da dedicare al progetto “Famiglia delle Famiglie”, sarà necessario che l’Anci rappresenti i Comuni e non i partiti.
Monsignor Giuseppe Pasini, storico animatore del mondo del volontariato, in una intervista a “Retisolidali” del giugno 2009, così si interroga sul volontariato: “…Ciascun gruppo è molto spesso così preoccupato della propria identità, da non sentire il bisogno di collegarsi con altri. Il servizio non è fine a se stesso , ma è in funzione del bene comune ed è finalizzato a restituire ai poveri uguaglianza, dignità, autonomia. Questo comporta due altre funzioni complementari : la sensibilizzazione della comunità civile affinché superi una cultura emarginante e lo stimolo critico nei confronti delle istituzioni pubbliche affinché garantiscano a tutti i diritti di cittadinanza fissati nella Costituzione. Le due ultime funzioni sono realizzabili solo se il volontariato agisce in rete”.
Agire in rete per essere vincenti
Cosa ci chiede Monsignor Pasini? Agire in rete, per essere vincenti. Ma questo è politica? Dobbiamo ricordare che c’è una autonomia degli enti intermedi, che hanno lo stesso valore dello stato, se non addirittura una primogenitura, nei quali è doverosa una iniziativa civica autonoma dallo stato (e dagli strumenti approntati per governare lo stato: i partiti). Questo è azione sociale.
Negli enti intermedi, nei Comuni, è necessario, adoperarsi per il bene comune, senza sudditanze e neo-collateralismi. Questa è la via strategica: non avere paura a prendere per mano i Comuni, per dare un senso al volontariato, un ideale ai giovani, per restituire uguaglianza, dignità ed autonomia ai poveri.
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E’ immaginabile che una grande organizzazione dei laici impegnati assolva al servizio di monitoraggio e di collegamento? ( Dove sono le Acli? Che ne è della ACI? Si confrontano con CL e mille altri?)
I centri studi, le fondazioni e la stampa di orientamento cristiano potrebbero rifornire queste iniziative, anche piccolissime, con la cultura della “sussidiarietà”, perché propongano al Comune collaborazione per servizi, con accordi, convenzioni, commodati di spazi e locali,
Sarebbe utile monitorare le iniziative con una cabina di regia nazionale per raccogliere esperienze, per suggerire modelli, per fornire indicazioni tecniche e percorsi pratici alle iniziative capillari.
A questo punto è necessario che “l’azione sociale” del volontariato investa i Comuni. Esortare e coadiuvare la promozione di liste strettamente civiche per attuare nei Comuni il programma per le famiglie: liste a cui partecipino cattolici e laici uniti nella “buona volontà”, anche se votano in maniera non univoca alle elezioni politiche.
I Comuni, liberati dagli schemi partitici , daranno un compito preciso all’ l’ANCI: dare una voce al programma dei Comuni in favore della famiglia. L’ANCI sarà l’organo che tratterà con il Governo le risorse necessarie per le famiglie. E diventerebbe cosi la voce democratica delle piccole patrie
Oltre gli schieramenti
Con la sussidiarietà dei volenterosi liberiamo i Comuni dal finto gioco degli schieramenti politici e dal vero gioco della guerra per bande degli interessi, perché il Comune, come del resto la famiglia, secondo la nostra dottrina, non appartiene allo stato, ma è un ente naturale della società. Portiamovi i programmi che incentivano la sussidiarietà. Realizziamo il Comune, famiglia delle famiglie. Fondiamo dei Laboratori Civici, con la partecipazione degli uomini di buona volontà, i buoni volontari che siano cattolici o laici, cristiani od islamici, ma ispirati dall’amore per il prossimo. .
Cosi nascerà la nuova generazione , che il Papa Benedetto ha chiesto un giorno, a Cagliari, alla Regina dei Buoni Venti.
Fonte: Famiglia Oggi n° 6 / 2009
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