Pronto, Paolo? Sto cercando Paolo Brosio, uno dei volti più noti della televisione. Dall’altra parte…
Il giornalista Paolo Brosio racconta il suo calvario tra “alcol, canne e una donna per sera”. Quindi la redenzione: “Ora ho detto basta: sono felice”
FORTE DEI MARMI (Lucca), 1 marzo 2009 – PRIMO giorno d’estate. Così, all’improvviso. Dopo mesi di buio e di gelo un calore nuovo avvolge la villetta di Paolo Brosio incastonata nel cuore verde della Versilia. Dentro, sul tavolo del soggiorno, una montagna di mail arrivate da ogni parte del mondo: quasi mille in meno di una settimana. Sulla mensola del camino un crocefisso a cui è appeso il rosario, la Bibbia, un libro aperto a metà: «Ecco tua madre». Davanti al divano preghiere, il Vangelo, l’immagine e l’acqua santa della ‘Madonna delle lacrime’.
Fuori, in giardino, spaghetti al pomodoro e il sole che ti brucia addosso. Ma a un certo punto Paolo, mentre parla, comincia a sentire i brividi e si interrompe con un sussulto. Allontana il piatto, porta le mani lungo la schiena, gli occhi si arrossano, i singhiozzi lo scuotono e sembrerebbe un pianto senza ritorno. «No, non credere che queste siano lacrime di disperazione. Sono lacrime di felicità, nella mia vita non sono mai stato così felice come in questo momento», dice con la voce strozzata in gola.
LA SUA vita è cambiata, o forse è cominciata davvero, la notte fra il 2 e 3 gennaio: «La notte della purificazione, è successo qualcosa che ancora non posso dire e che mi ha liberato in modo definitivo di tutto quello che mi dilaniava dentro». Da lì è partito per un lungo cammino, fino all’incontro con Gospa, in croato la Madonna, a Medjugorje: «Sentivo di doverci andare e ho capito dopo il perché. La Madonna è una madre comprensiva e pietosa, voleva farmi scoprire Gesù, sapeva che ne avevo paura, che temevo il suo giudizio per le mie colpe». Quattro anni prima aveva conosciuto per la prima volta il dolore. «La morte di mio padre, una mazzata tremenda, era il mio punto di riferimento. Poi la separazione da Gretel, l’unica donna che ho amato con tutto me stesso. Ci siamo salutati all’aeroporto de L’Avana il 23 dicembre del 2007, l’ho rivista l’altro giorno in tribunale. Nessuno dei due aveva il coraggio di firmare, abbiamo pianto abbracciati stretti stretti, io ho perdonato tutto il male che mi ha fatto ma lei ormai ha un’altra vita. E un figlio».
IN MEZZO, quattordici mesi di sofferenza atroce: «Un poco alla volta mi stavo distruggendo, ho fatto tutte le cose peggiori che potessi fare. Cose che magari succedevano anche prima, come a tutti, da ragazzi càpita di farsi una canna o di bere qualche bicchiere in più, e le donne le ho sempre trovate facilmente anche grazie alla mia simpatia, alla mia professione. Ma stavolta volevo proprio farmi del male. Una notte, quando credevo di essere arrivato alla fine, mi è uscita dalla bocca l’Ave Maria. Non me la ricordavo nemmeno bene perché è vero che sono cresciuto in una famiglia cattolica, ma la mia era un fede tiepida. Ho cominciato a pregare e mi sentivo meglio, ma poi precipitavo di nuovo verso il baratro. Ho toccato il fondo, solo chi mi è stato vicino sa cosa è successo in questa casa».
Ora la sua esigenza più forte è dare un senso compiuto a tanta sofferenza: «Mi costa tantissimo mettere in piazza gli affari miei ma sentivo di doverlo fare, lo Spirito Santo mi ha baciato e ora so che la mia missione è quella di portare sollievo e speranza alle sofferenze degli altri. Credevo di essere un fenomeno, quando correvo da una parte all’altra del mondo per arrivare sempre primo sulla notizia, la mia vita è stata tutta una corsa. Mi compiacevo di me stesso e invece, pensa che scemo, ci ho messo 52 anni per capire che era un disegno di Gesù, che lui mi aveva dato tutte queste doti perché un giorno potessi divulgare la sua parola. E l’ho capito solo perché ho sofferto come un cane».
A MAGGIO organizzerà un volo privato per Medjugorje a prezzi maggiorati, coinvolgendo nella spedizione amici e imprenditori facoltosi: «Con la differenza voglio completare la Casa Famiglia dove le suore si prendono cura di centinaia di anziani e dei bambini figli delle donne violentate in Bosnia durante la guerra. Ma presto si potranno realizzare anche altri progetti, c’è un grosso imprenditore in provincia di Modena che ha fatto lo stesso mio percorso e sta progettando un’iniziativa gigantesca, meravigliosa. Ancora non si sente pronto per parlarne ma spero che presto trovi il coraggio, in tanti che vivono questa esperienza hanno timore a parlarne invece bisogna farlo. Bisogna dire ai malati di cancro, ai depressi, ai ragazzi che si distruggono con l’alcol e la droga, a chi si sente abbandonato, a chi non trova più una ragione di vita, bisogna dire di pregare perché solo nella preghiera si trova la forza di rinascere. Lo so che in molti ridono di me, qualcuno pensa anche che sia solo in cerca di pubblicità. Ma non importa».
SI STA FACENDO tardi, è ora di partire per Torino dove lo aspetta il posto di commentatore in tv per la partita della Juve. Chissà come Paolo vive il suo vecchio mondo, adesso. «Lo vivo serenamente, con una grande pace interiore. Io voglio bene a tutti, non sono il tipo che sputa nel piatto dove ha mangiato per tanti anni ma certo, adesso lo vedo da un’altra prospettiva. E non so quanto ci resterò, non so cosa farò. Sarà lui, Gesù, a dirmelo».
Paolo, forse lo avrete capito, è Paolo Brosio. Una carriera da giornalista tanto fulminante quanto brillante, uomo di spettacolo e socio del ‘Twiga’, il tempio del jet-set in Versilia, impegnato nel sociale come tanti vip, da laico. O meglio, quello era Paolo Brosio. Oggi è un altro.
Laura Alari
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