Domenica 21 luglio ore 21.00 la Filodrammatica R. Dellagiacoma di PREDAZZO aprirà nuovamente il sipario per la…
Quando abbiamo incontrato la storia di Joe Simpson e Simon Yates eravamo a Bolzano. Una città circondata dai monti. Era inverno. Tutte le cime erano innevate. Un paradiso per due amanti della montagna.
Immediatamente siamo stati stregati dalle vicende di questa incredibile impresa e altrettanto immediatamente è nato in noi un sogno: poter raccontare questa storia non solo nei teatri, ma anche e soprattutto, sui monti, sulle cime. E come? Nei rifugi. “Facciamo una tournée nei rifugi! – ci siamo detti – di giorno camminiamo, e la sera, arrivati al rifugio raccontiamo questa storia, il giorno dopo si riparte, si raggiunge un altro rifugio, si riposa e si racconta nuovamente la storia ad altri avventori”. Quale modo migliore per coniugare le nostre due passioni, il teatro (che è anche una professione per entrambe) e la montagna? E poi, quale luogo migliore, se non la natura selvaggia delle cime per raccontare questa stupefacente vicenda?
Siamo due amici.
Siamo due attori
E siamo due appassionati di montagna. Meglio: arrampicatori della domenica.
Circa tre anni fa ci siamo imbattuti nell’incredibile storia vera degli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates.
E’ la storia di un sogno ambizioso, il loro: essere i primi al mondo a scalare il Siula Grande, attaccato dalla parete ovest.
Ma è anche la storia di un amicizia, e della corda che, durante quella terribile impresa, lega questi due giovani ragazzi.
La corda che mette la vita dell’uno nelle mani dell’altro. Come sempre avviene in montagna
C’è dunque una cima da raggiungere.
C’è la estenuante conquista della vetta.
C’è la gioia dell’impresa riuscita.
E infine, quando il peggio è passato, e la strada è ormai in discesa, c’è la vita, che fa lo sgambetto e c’è la morte, che strizza l’occhio: un terribile incidente in alta quota. Joe durante una banale manovra si rompe una gamba.
Da quel momento in poi, tutto cambia. L’impresa diventa riuscire a tornare vivi: a 5.800 metri, la minima frattura si può trasformare in una condanna a morte, i due ragazzi ne sono consapevoli, ma nonostante le condizioni disperate tentano un operazione di soccorso.
Tutto sembra funzionare finché, proprio quando le difficoltà paiono superate ecco che c’è un altro imprevisto, questa volta fatale: e c’è allora il gesto, quel gesto che nessun alpinista vorrebbe mai trovarsi obbligato a fare: Simon è costretto a tagliare la corda che lo lega al compagno. Un gesto che separa le loro sorti unite. Che ne (s)lega i destini per sempre.
Quell’atto estremo però, in questo caso miracoloso, salverà la vita a entrambi: tutti e due, riusciranno a tornare vivi al campo base. E a ritrovarsi insperatamente lì dopo 4 giorni.
E’ la storia di un miracolo. Di un avventura al di là dei limiti umani
Ed è al contempo una metafora: delle relazioni, tutte, e dei legami. La montagna diventa la metafora del momento in cui la relazione è portata al limite estremo, in cui la verità prende forma, ti mette alle strette e ti costringe a “tagliare”, a fare quel gesto che sempre ci appare così violento e terribile, ma che invece, a volte, è l’unico gesto necessario alla vita di entrambe.
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