FIEMME E FASSA - Cento anni fa, il 13 settembre del 1909, le Dolomiti entravano…
Il 3 febbraio di 14 anni fa un aereo militare Usa spezzò il cavo di una funivia uccidendo 20 persone. Ora uno dei marine che erano ai comandi ammette che quel volo era una sorta di gita per divertirsi. E che subito prima dell’incidente stava facendo riprese panoramiche con la sua videocamera. In un nastro distrutto il giorno dopo.
Giustizia non c’è stata, sepolta dalla ragione di Stato. Di quei venti uomini, donne e ragazzi morti mentre andavano a sciare per una folle esercitazione bellica non è importato a nessuno. Le autorità americane non hanno fatto nulla per punire i responsabili del volo che il 3 febbraio 1998 ha tranciato la funivia di Cavalese facendo precipitare nel vuoto una cabina piena di sciatori. La loro unica preoccupazione era tenere alto l’onore dei Marines, a cui apparteneva l’equipaggio, e sopire le attenzioni italiane per evitare di perdere la base di Aviano. Ma che l’assoluzione del pilota sia una vergogna adesso lo dicono apertamente anche gli investigatori militari statunitensi che aprirono l’istuttoria, poi estromessi dal corpo militare più famoso del mondo: «Non c’è stata giustizia».
Il documentario di National Geographic, che andrà in onda il 31 gennaio alle 21.25 sul canale 403 di Sky, fa luce su tutti i punti oscuri della tragedia. E da forza a un sospetto: il jet volava così in basso per girare un video ricordo. Non c’era nessuna giustificazione operativa o tecnica che giustificasse la scelta di violare i limiti di quota e di velocità. A ricostruire la spedizione è un detective del Naval investigative criminal service: il reparto federale che indaga sui crimini della Marina statunitense reso celebre dalla serie televisiva Ncis. Fu Mark Fallon a scoprire quello che l’equipaggio aveva taciuto. Dopo l’atterraggio d’emergenza gli ufficiali consegnarono una piccola telecamera portatile con dentro un nastro vuoto. Perché portarla a bordo se non è stata usata? Tra i sedili, l’investigatore ha trovato un frammento di cellophane, parte della bustina che avvolge le videocassette vergini.
Solo sei mesi dopo la strage, i due tecnici di bordo – dietro la garanzia dell’immunità – hanno raccontato che al momento dell’atterraggio di emergenza i due ufficiali non hanno abbandonato subito l’aereo, nonostante perdesse fiotti di carburante. E allora comandante e navigatore hanno confessato di essere rimasti sul jet per sostituire il nastro girato durante il volo con una cassetta vergine. Il giorno dopo il documento è stato bruciato. Cosa conteneva? «Avevo ripreso le Alpi e il lago di Garda, filmando il comandante Richard Ashby. Poi l’ho rivolta verso di me e ho sorriso», ricorda l’ormai ex capitano Joseph Schweitzer: «L’ho fatto perché non volevo che alla Cnn si vedesse il mio sorriso e poi il sangue».
I responsabili hanno dichiarato che le riprese non hanno influenzato la condotta della missione letale: la quota troppo bassa dipendeva da un malfunzionamento dell’altimetro, l’apparecchio che indica l’altezza dal suolo. Ma il detective del Ncis Fallon, oggi anche lui in pensione, non gli crede: ha verificato che il sistema era a posto. E ha ripercorso il tragitto del velivolo, interrogando le persone che lo videro passare: nonostante spesso avessero notato i jet, mai avevano assistito a un volo così vicino al suolo. Ma a Fallon e il suo staff federale venne tolta la direzione dell’indagine, affidata a una commissione dei Marines incaricata di condurre un’istruttoria sotto segreto. Nella storia statunitense non era mai accaduto prima.
Un altro degli investigatori, anche lui un ufficiale statunitense oggi in pensione, analizza il comportamento dell’equipaggio: «Vengono addestrati a riconoscere la distanza a vista, è la prima regola per un pilota dei Marines. Non poteva compiere un errore del genere». L’inchiesta poi ha rivelato altri retroscena surreali: la funivia di Cavalese non era segnata sulle mappe usata dai militari statunitensi, che da almeno tre anni in quei cieli quasi tutti i giorni simulavano i raid da compiere sulla Bosnia. Quasi incredibile la spiegazione: «I responsabili della cartografia avevano ricevuto le informazioni sulla funivia ma l’aggiornamento era stato inavvertitamente rimosso».
Il risultato finale – a detta degli stessi investigatori statunitensi intervistati da History Channel – resta scandaloso: nel marzo 1999 il pilota Richard Ashby dell’aereo è stato assolto per la condotta del volo, nonostante sia stato provato che gli strumenti erano in funzione e si trovasse sotto la quota minima autorizzata. Due mesi dopo Ashby e Schweitzer sono stati degradati e rimossi del servizio per “l’intralcio alla giustizia” creato con la distruzione del video-ricordo.
Al solo Ashby è stata inflitta una condanna a sei mesi di carcere: dopo quattro è stato rilasciato per buona condotta. Ma la questione del video distrutto resta la chiave della verità. I due ufficiali cambiarono la cassetta prima di sapere di avere causato una strage. Furono informati del massacro solo dopo essere arrivati negli hangar. Cosa volevano nascondere? Spiega il detective Fallon: «A noi insegnano che se viene distrutta una prova, ciò dimostra la colpevolezza». L’ex capitano Schweitzer ricorda: «Quando ci hanno detto che avevamo ucciso così tante persone ho pianto come un bambino. Mi sono chiesto perché noi siamo vivi e loro sono morti». La stessa domanda rimasta ancora oggi senza risposta.
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Fabio Longo
28 dicembre 2015 at 19:57
Mi ricordo che, all’epoca, si parlava di una specie di “gioco”: passare sotto le funi del Cermis quale prova di abilità da parte dei piloti. Ipotesi cancellata? Per il resto rimane un magone enorme, una sofferenza indescrivibile.
aristide
30 dicembre 2015 at 15:43
C’è una imprecisione. Proprio quel giorno passavo in bicicletta sulla statale che costeggia la pista e a qualche decina di metri ho notato l’aereo che ha compiuto il fatto perché oltre il fatto che era fermo in una zona inusuale era circondato da diversi mezzi antincendio con le luci blu accese. Ebbene ricordo benissimo che non presentava danni evidenti e nemmeno perdite di carburante come riportato dal giornalista. Solo quando arrivai a casa e sentii la notizia alla tv collegai che si trattava dello stesso aereo che aveva appena causato la tragedia.
Giovanni
31 dicembre 2015 at 07:26
Ma pensa un po’! Ma chi l’avrebbe mai detto! …ma allora, il caso Moro…le stragi? Le bombe…i depistaggi?… Ustica? La base di Vicenza? Comiso?…Sigonella? Ma dai, non siamo mica una colonia di fantocci noi! Cosa volete farci credere?
Giuseppe De Donà
31 dicembre 2015 at 19:17
Ricordo perfettamente quel giorno. Lavoravo nella Zona Industriale di Lavis, all’imbocco della Val di Cembra. Ero al telefono con un collega. L’aereo passò radente sopra l’ufficio tanto che il rumore impedì per qualche secondo il colloquio telefonico. Rimasi impietrito. Il collega al telefono sentendo il boato mi chiese cosa fosse successo. Ricordo d’aver guardato l’orologio che segnava le 15:10 circa. Dal mio ufficio in linea d’aria la funivia si trova a 33 km. Avevo visto tante volte i caccia volare bassi nella val d’Adige, ma quel giorno, anche se non vidi nulla, sentii che l’aereo era passato qualche decina di metri sopra di me. Quando seppi dell’incidente capii che ero stato “spettatore” di quel terribile omicidio.