Il Papa prima di giungere in piazza San Pietro per l'udienza generale, alle 9,35 ha…
di Claudio Fazzi
L’AQUILA (21 aprile) – Il suo sguardo è spento, eppure, quando “chiamano” il suo cognome, anche se il nome è diverso, ed è quello del figlio, gli occhi sono attraversati da una fiamma di orgoglio. Franco Cinì è un uomo distrutto, annientato, che vive nel ricordo di due figli e della moglie persi in poco più di due anni, in occasioni diverse. Il terremoto gli ha strappato l’unica ragione di vita che gli era rimasta: Lorenzo, 23 anni, studente modello di Montorio, un cittadina del Teramano, pallavolista nella squadra locale, morto, insieme alla fidanzata, nel crollo di un’abitazione, il 6 aprile, nel centro storico dell’Aquila.
È il momento più toccante della cerimonia: il conferimento della laurea alla memoria a Lorenzo Cinì. Lo ha deciso il Senato accademico dell’Università dell’Aquila, dopo una seduta straordinaria. «Era un ragazzo squisito, sportivo, aperto, amato da tutti – dice il padre -. Avrebbe compiuto gli anni il prossimo 1° giugno. Quello di oggi per lui sarebbe stato un giorno particolare perché avrebbe coronato i suoi sogni». «Ce lo hanno spezzato», conclude visibilmente commosso.
Sono le prime lauree del dopo sisma. Lauree nel dolore. La cerimonia si svolge all’interno di una tenda allestita alla Protezione civile, accanto alla facoltà di Medicina, a Coppito. L’Aquila prova a ricominciare il suo cammino dopo il terremoto anche da qui, da questa tenda. Tanti i fiori, rossi, scelti per questa occasione da parenti e amici dei giovani laureati, in tutto 27 ragazzi, di cui dieci donne. Seduti uno di fronte all’altro, su un lungo tavolo, affrontano l’ultima prova del loro percorso di studi, alla presenza del presidente del corso di laurea, Antonio Carolei. Fuori dalla tenda stazionano i parenti, anch’essi molto emozionati. «È una cerimonia particolarmente dolorosa – dice Carolei -. La data di oggi rimarrà come un giorno indimenticabile. Comunque bisogna andare avanti».
Il copione, malgrado la scenografia “inusuale”, è quello tradizionale: un compito scritto seguito dalla discussione delle tesi, poi la riunione della commissione e, infine, il voto finale con tanto di applauso e di baci accademici. Si chiama Tonino Baliva il primo laureato post terremoto. È un giovane di Celano, ha 27 anni e si è laureato in Fisioterapia con una tesi su un paziente affetto da ictus. Un boato, seguito da un lungo applauso accoglie il suo 110 e lode. «La prima cosa che ho fatto è stato fare un grande sospiro – dice il neo laureato -. Meno male che adesso c’è il sole».
A ricordare Lorenzo Cinì, qualche metro più in là, molti dei suoi compagni di studio, come Marco, di Avezzano: «Non c’è l’atmosfera di festa, ma la laurea deve essere un segno di ripresa». E, poi, c’è Ferdinando, dell’Aquila, speranzoso che la cerimonia di ieri rappresenti un segno di continuità rispetto a quello che è accaduto: «Proviamo, o almeno cerchiamo di avere il sorriso sulle labbra, ma non possiamo non ricordare chi non c’è più tra noi». All’evento partecipa il rettore dell’Università dell’Aquila, Ferdinando di Orio. Sul riconoscimento per Lorenzo Cinì dice: «La laurea alla memoria è l’immagine, il segno più evidente di questa immane tragedia che abbiamo vissuto. Noi vogliamo ricordare i nostri studenti in questo modo». Poi parla del futuro: «Se le istituzioni daranno ascolto alle nostre richieste e agevoleranno i nostri percorsi formativi, spero che questa Università possa riprendere quanto prima il suo passo. Noi, come Università, non siamo affatto morti, e cercheremo di rimarginare le ferite per quanto possibile».
La ferita di Franco Cinì, purtroppo, non potrà essere rimarginata neanche da una laurea alla memoria, ma, almeno, avrà un ricordo in più del suo “ragazzo”. Una delle tante giovani vittime di un terremoto che ha stroncato vite e sogni di una generazione di studenti, gettando nella disperazione i genitori.
Il Messaggero.it
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