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CAVALESE – Sono trascorsi undici anni, ma le immagini di quella tragedia sono ancora ben vive nella memoria di tutti e soprattutto di quanti le hanno drammaticamente vissute in presa diretta. Ci riferiamo alla triste giornata del 3 febbraio 1998, quando un aereo Prowler americano, in esercitazione sulla zona, volando ad una quota irresponsabile, grazie all’incoscienza dei suoi piloti, tranciò di netto i cavi del primo tronco della funivia del Cermis, provocando, a distanza di 26 anni dal primo tragico evento del 9 marzo 1976, una seconda giornata di morte. Venti le vittime, schiantate al suolo con la cabina funiviaria, sui prati che costeggiano l’Avisio. Tra essi, anche un cittadino di Masi, Marcello Vanzo , ancora ricordato con gratitudine e rimpianto, per le attività di volontariato svolte all’interno della sua comunità. Anche quest’anno, il Comune di Cavalese ha programmato per domenica prossima 1 febbraio una cerimonia ufficiale di commemorazione sia delle vittime del 1998 sia di quelle (ben 42) del 1976. L’appuntamento è alle 10, nella chiesa di San Sebastiano, per una messa di suffragio, celebrata dal parroco don Ferruccio Furlan . Poi, alle 11, il corteo fino al cimitero nuovo, dove seguirà un momento di raccoglimento e di preghiera. Una giornata che dimenticare è impossibile, come conferma il geometra Stefano Sandri , responsabile (allora come oggi) dell’ufficio tecnico del Comune di Cavalese ed apprezzato comandante del corpo volontario locale dei Vigili del Fuoco. «Mi trovavo in Comune per una riunione operativa – ricorda -. L’allarme è arrivato all’improvviso. Si parlava di un aereo che aveva toccato le funi del primo tronco dell’impianto. Di primo acchito, abbiamo pensato ad un piper. Poi è arrivata la notizia che era caduta la funivia. Immediatamente si è diffuso un senso insieme di incredulità e di sgomento, anche perché era l’ora in cui stavano ritornando a valle dalle piste anche molti bambini del paese che frequentavano i corsi di sci e tra le famiglie era comprensibilmente salita la paura. Ci siamo precipitati sul posto e solo a questo punto ci siamo resi conto della gravità della tragedia. Poi sono arrivati gli elicotteri dell’Aiut Alpin Dolomites e del 118 di Trento, con il medico a bordo, le ambulanze, i mezzi dei pompieri, le forze dell’ordine. È apparso subito chiaro che non c’era alcun sopravvissuto. Non poteva esserci, visto che la cabina aveva subito una fortissima compressione, prima di schiantarsi al suolo. L’aereo americano volava ad una velocità di 980 chilometri all’ora e la fune dell’impianto era stata tirata come una fionda, rilanciando quindi, con una potenza incredibile, la cabina della funivia verso il basso. In poche parole, le persone a bordo sono praticamente implose, scoppiate. Una scena impressionante. Sangue dappertutto. Ci sono volute molte riunioni dei vigili del fuoco per renderci davvero conto di ciò che era accaduto e per riaverci dallo shock. Poi le salme sono state recuperate e composte presso l’ospedale». «Ovviamente – continua Stefano Sandri – la notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo e, in Municipio, ci siamo subito trovati di fronte alla necessità di gestire al meglio la situazione. Impressionante soprattutto la pressione della stampa, nazionale ed internazionale. Con il sindaco ( Mauro Gilmozzi ndr ) ci siamo divisi i compiti, promuovendo praticamente una conferenza stampa ogni quarto d’ora, per evitare la diffusione di notizie inesatte, magari dettate da testimoni improvvisati o dall’emotività del momento. Tra l’altro, i nomi delle vittime sono stati subito bloccati dal ministero degli Esteri, in modo da avvertire correttamente le ambasciate dei Paesi direttamente coinvolti. Poi l’assalto dei parenti e di molti curiosi. Giornate pesantissime, soprattutto dal punto di vista psicologico, complesse e stressanti per tutti. Siamo andati avanti così per almeno una decina di giorni. Ricordo che a Cavalese sono arrivati, tra gli altri, il ministro della Giustizia, parte della Commissione Difesa, magistrati inquirenti, rappresentanti del Comitato per la sicurezza aerea. Molto lunga la fase del recupero del vagoncino della funivia, piantonato a lungo dai carabinieri prima di essere rimosso. Un’esperienza sconvolgente». Immagini che rimangono scolpite nella memoria, anche a distanza di undici anni, e che Cavalese, ma anche l’Italia, non vogliono dmenticare. Arriveranno i risarcimenti (ne ha parlato recentemente l’attuale sindaco Walter Cappelletto in consiglio comunale), ma le vittime di quella tragedia rimarranno sempre lì a ribadire il significato di un monito che deve far riflettere tutti sulla stupidità dell’uomo e sulla incredibile leggerezza che fu all’origine di quella follia.
MARIO FELICETTI
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