La grande danza delle donne contro la violenza. Nel giorno di San Valentino, magliette rosse…
La sordità sociale alle violenze che si consumano in famiglia aumenta il senso di solitudine e di fallimento della donna.
La violenza di cui le donne sono vittima tra le pareti di casa ci appartiene. Poco consola che non sia in aumento rispetto al passato, ma semplicemente sia meno coperta dall’omertà. Senza ignorare, comunque, che i silenzi della famiglia e della società imprigionano ancora molti pianti.
Ha contribuito a dar loro ascolto il convegno promosso dal Coordinamento provinciale Donne delle Acli, che sabato 15 novembre ha messo attorno ad un tavolo quattro diverse esperienze sul tema della violenza sulle donne.
L’intervento dell’avvocato Sara Squassino ha aiutato ad entrare nel mare di Internet, per rendersi conto una volta di più di quanto la persona sia ridotta a merce: dall’embrione all’utero, dal neonato al bambino, dagli organi alla ragazza, tutto può essere comperato, in un mercato che non consoce frontiere né geografiche né etiche.
Queste informazioni hanno impressionato un’assemblea numerosa ed attenta, ma probabilmente rischiavano di restare confinate in un immaginario lontano, come per molti è ancora quello della virtualità.
Non così potevano essere liquidate le parole appassionate e puntali di Bernardetta Santaniello e di Franca Gamberoni.
La prima, presidente del Tribunale per i Minorenni di Trento, con un passato nella sezione della Corte d’Appello che si occupa di separazioni e divorzi, ha spiegato che nel nostro contesto “la violenza familiare non è appannaggio di chi ha poca cultura o è esposto a problemi economici, ma appartiene a tutte le categorie sociali”. Ad aggravare il quadro, oltre all’omertà, il silenzio delle donne e la negazione del fenomeno da parte dei maschi.
Il problema si complica, ha evidenziato il magistrato, in presenza di figli, a loro volta segnati – più che dalla violenza fisica – dall’essere testimoni di un rapporto deteriorato, che si sfoga sulla figura della madre.
Madre – ha aggiunto Gamberoni – che oggi conosce anche la violenza dei figli grandi… Nelle parole della responsabile dell’Associazione Alfid di Trento sono quindi passate storie conosciute da vicino. Come quella di Lorenza, che ha perso la fiducia di poter uscire da quella ciclicità della violenza che la porta ad andarsene di casa e a farvi ritorno, per amore dei figli e per le promesse mille volte ripetute del marito. O quella di Enrica, che al colmo della disperazione si è rivolta al sindaco, raccogliendo soltanto una solidarietà verbale che tradisce sordità sociale. “Per pregiudizi ed ignoranza – ha spiegato Gamberoni – alle donne viene chiesto di portare pazienza…”.
Per questo Paola Vacchina, vicepresidente nazionale delle Acli, ha rilanciato la necessità di un lavoro educativo e culturale, che aumenti la consapevolezza e aiuti a smobilitare l’omertà.
Ivan Maffeis
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