Domenica 16 luglio 2017 a Ziano di Fiemme Il Decanato di Fiemme propone un percorso…
Internet è un pianeta di contenuti da condividere e scoprire giornalmente, ma non è esente da Leggi/Regole. Fino a che punto la legge concede la libertà di parola sulla grande rete?
Premessa:
Sempre di più gli utenti passano parte della propria vita digitale sui forum, gruppi di discussione che ormai rappresentano a tutti gli effetti, strumenti di condivisione, espressione della propria personalità.
In questi Forum virtuali spesso si parla liberamente, di svariati argomenti, facendo poca attenzione a ciò che si scrive, dimenticandosi che il forum a differenza della chat, è uno strumento condiviso da tutti: (in quanto i messaggi vengono scritti e letti in momenti diversi).
Raccontare la propria opinione che si ha di un individuo o ancor di più su aziende, servizi, prodotti è un atteggiamento che non piace, soprattutto alle aziende, che fanno del parere degli utenti il cavallo di battaglia del proprio web-marketing.
D’altra parte è anche vero che trattandosi di discussioni che avvengono on-line, molti utenti coperti dal loro nick-name e forti del fatto di trovarsi dietro a un computer, si lasciano andare a commenti molto (..continua clicca su leggi tutto) coloriti o accuse del tutto gratuite pensando che la rete sia una zona franca, dove sia ancora possibile dire (o meglio scrivere) quello che si vuole.
In realtà non è del tutto vero, facciamo chiarezza.
La diffamazione On-Line:
La diffamazione è un reato strettamente connesso alla persona e al diritto all’onore di cui ogni individuo è titolare ed è previsto dall’articolo 595 c.p..
Esso dispone che chiunque, fuori dai casi di ingiuria, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, é punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032,00 €. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è la reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065,00 €.
Quindi mentre il reato di ingiuria previsto dall’articolo 594 c.p. punisce chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente, il reato di diffamazione punisce chi offende l’altrui reputazione in modo “indiretto” parlando con più persone e riferendosi, appunto, a una persona che non è presente.
Elementi del reato:
Perché il reato si configuri sono richiesti i seguenti elementi: l’offesa alla reputazione di un soggetto determinato o determinabile, la comunicazione a più persone di tale messaggio, e la volontà di usare espressioni offensive con la consapevolezza di offendere.
La reputazione deve essere intesa come la stima di cui l’individuo gode nella società per le caratteristiche che gli sono proprie. Per ledere la reputazione, quindi, sono necessarie espressioni offensive, denigratorie o espressioni dubitative, insinuanti, allusive, sottintese, ambigue, suggestionanti, se per il modo con cui sono dette o scritte fanno sorgere in chi legge un plausibile convincimento sull’effettiva rispondenza a verità dei fatti narrati.
La vittima oggetto della diffamazione deve essere, ovviamente, una persona determinata o determinabile.
La diffamazione è un reato istantaneo che si realizza con la comunicazione a più persone.
Responsabilità del blogger o moderatore di forum e chat:
Il blog consiste in una sorta di diario virtuale pubblicato su internet e periodicamente aggiornato dal suo autore, il blogger, col quale i lettori possono interloquire postando commenti.
In alcuni i casi il blogger decide di moderare i messaggi, cioè di filtrarli, pubblicandoli solo dopo la sua approvazione, in altri casi i messaggi dei lettori vengono automaticamente pubblicati senza alcun filtro o controllo da parte del blogger medesimo.
È pacifico che, in assenza di un controllo preventivo da parte del blogger, sono solo gli autori dei messaggi a rispondere di eventuali offese o reati, questo perché il nostro ordinamento non riconosce in capo al gestore di un blog alcuna posizione di garanzia rispetto agli articoli o ai messaggi di terzi pubblicati sul suo sito.
Il blogger risponderà, in concorso con l’autore dei messaggi diffamatori, solo se egli interviene nella selezione e filtraggio dei messaggi, e se abbia volontariamente scelto, dopo aver letto il messaggio, di continuare a diffonderlo in rete.
Nel caso dei commenti si potrebbe ravvisare tutt’al più un concorso per diffamazione, ma non certo responsabilità per omissione di controllo.
La posizione del blogger è quindi simile a quella dei moderatori di forum o chat, i quali, a differenza del direttore di un giornale cartaceo, rispondono solo a titolo di dolo nelle ipotesi in cui concorrano con l’autore nella diffusione della comunicazione diffamatoria.
Responsabilità del direttore di una testata telematica:
La responsabilità ai sensi dell’art. 57 del codice penale è dubbia anche nei confronti del direttore di una testata telematica.
Infatti, la ratio di questo istituto risiede nell’individuazione di una figura professionale onerata di impedire il compimento di reati a mezzo stampa, nozione che trova la sua definizione nell’art. 1 della legge 47 del 1948, non estensibile alle pubblicazioni telematiche.
Infatti, secondo alcuni, la registrazione della testata editoriale telematica presso la cancelleria del tribunale sarebbe finalizzata solo all’ottenimento delle provvidenze e agevolazioni stabilite dallo Stato.
In tal caso il direttore responsabile di una testata telematica potrà rispondere, in relazione agli articoli scritti da terzi, del reato di diffamazione aggravata dall’uso di un mezzo di pubblicità solo nelle ipotesi in cui concorra con l’autore del pezzo nella diffusione della pubblicazione offensiva, e la sua responsabilità sarebbe a titolo di dolo, diversamente da quanto stabilito dell’art. 57 del codice penale.
Infatti, con la recente sentenza n. 35511, la Cassazione ha stabilito che le norme previste per la stampa non sono automaticamente estensibili al web, in particolare non lo è il delitto di omesso controllo ai sensi dell’articolo 57 del codice penale.
Risarcimento:
Come conseguenza della diffamazione, oltre alla possibilità di condanna penale, sorge l’obbligo di risarcire il danno civile, come ad esempio la perdita di clientela dovuta alla divulgazione di notizie false sul conto di una persona, e il danno morale, che consiste nel fatto che l’offesa alla reputazione può provocare un impedimento a sentirsi ben accetti nella propria comunità, oppure che può costringere un soggetto a doversi discolpare da accuse del tutto false.
fonte: Polizia Postale
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