Le immagini della mostra fotografica e ferro-modellistica «Signori… si scende» che si è tenuta a Predazzo…
Noi passiamo davanti alle forme senza ascoltare, sordi e ciechi. Solo i poeti hanno orecchio per sentire i sussurri che arrivano da una distesa di neve immacolata, dalle strutture metalliche di un ponte sull’autostrada, dai comignoli delle case di Essaouira, dal verde ora tenero ora cupo dei campi che si incrociano, dalla luce di una lampada.Qualche volta i poeti hanno la reflex a tracolla e scattano un’istantanea. Allora le fotografie si sfogliano come versi senza rime, geometrici e colorati: la mostra del predazzano Pier Luigi Orler alla San Filippo Neri è poema breve sulla vita quotidiana.
Restituisce la parola agli oggetti e ai paesaggi che ci circondano. Gli permette di parlarci e di emozionarci. I suoi scatti sono molto attenti alle geometrie e ai colori, all’incrociarsi delle linee euclidee tracciate dall’architetto Calatrava nel cielo di Reggio Emilia, allo spandersi ortogonale dei raggi di luce, alle sinusoidi disegnate dallo sciatore fuoripista, alla corsa parallela dei filari nei campi dell’Oltrepò, al rosso del cielo che muore sulla città di Valencia; all’arancione, al giallo e al blu sintetico degli sciatori che danzano leggeri nella fatica bianca di neve; al lilla, al giallo, al cobalto delle case malesi, al celeste di una persiana aperta sull’oceano.Colori, geometrie, luci rivelano i profumi. La neve tagliata a rasoiate sa di muschio e di menta. Quella a bordo strada segnata dalla fanghiglia ha odore di foglie marce. I gabbiani nel cielo di Assaouira hanno l’aroma del mare e il sapore dell’ostrica. Gli abeti, schierati come funghi sotto la neve sanno di resina e di cannella.Dalle foto esce anche odore di tè al gelsomino, di rose, di corpi di donna, di uva acerba, di plastica e di acciaio. A volte di sudore.
Escono delle storie, delle emozioni. Colorate, geometriche e vive. Esce la gioia leggera di correre sulla neve, lo stupore di contemplare una natura diventata umana, dove le dune bianche sono seni, le montagne azzurre corpi in movimento, le nubi pozze di sangue, la luce una coperta Batik.I ponti d’acciaio sono dorsi di balena, le scale chioccioline in un giorno di pioggia, il teatro d’opera il casco di un pilota. Tutto invita a un modo nuovo di guardare le cose. Tutto spinge a non fermarsi alla prima occhiata, ad andare oltre, ad ascoltare gli oggetti e i paesaggi, a farsi cullare dai loro sussurri e dalle loro grida. A riscoprire la bellezza di quello che ci circonda, quello che c’è di allegro e di drammatico nelle scene quotidiane. Ad essere in armonia col mondo. Ad immergersi nella realtà come in una pozza di acqua calda.Di tanto in tanto fermarsi, guardare, lasciare correre la fantasia, pensare, scattare una foto.E come il poeta con la reflex si è lasciato trasportare da oggetti e paesaggi, lo spettatore della mostra si deve lasciare trasportare dalle fotografie. Avvertirà, girando tra le antiche boiserie della farmacia San Filippo Neri, un sottile brusio, qualche strillo, voci ferme, altre tremolanti. E’ la vita che parla.
di Luigi Alfieri
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