Ma, quanti papà! Auguri, auguri nel vostro giorno! Chiedo per voi la grazia di essere…
Migliaia i fedeli in Piazza San Pietro, per il primo Angelus di Papa Francesco. Al suo apparire alla finestra dalla piazza è salito un boato. “Fratelli e sorelle, buon giorno – ha salutato il Papa, che ha aggiunto: “Questa piazza ha le dimensioni del mondo”.
Papa Francesco: “Misericordia rende il mondo meno freddo” – “Sentire la Misericordia cambia tutto, è il meglio che noi possiamo sentire. Un po’ di Misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto” ha continuato il Pontefice nel suo discorso a braccio. “Abbiamo bisogno di capire questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza con i nostri peccati, come dice Isaia se ‘fossero rossi come lo scarlatto li renderà bianchi come la neve’”, ha aggiunto il nuovo Pontefice che ha citato oggi dalla finestra della Terza Loggia due persone: il cardinale Kasper, “un buon teologo, ma attenti non sto facendo pubblicità a uno dei miei cardinali”, e una “nonna” che si confessò da lui a Buenos Aires e gli disse, ha raccontato ai fedeli, “se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”.
Papa Francesco: “Buon pranzo” – Alla fine dell’Angelus il Papa non ha fatto i tradizionali saluti nelle varie lingue ma ha si è limitato a ringraziare “tutti i pellegrini” e li ha invitati a pregare per lui. “Saluto tutti voi, qui a Roma, e da tutte le parti del mondo che ci seguite dai mezzi di comunicazione”, ha detto Papa Bergoglio che ha sottolineato come il nome Francesco, del santo patrono d’Italia, “rafforzi il legame con questa terra”, oltre alle mie origini – ha continuato – italiane”. Prima di ritirarsi dal balcone ha esclamato: “non dimenticate questo: il Signore mai si stanca di perdonare, siamo noi che ci dimentichiamo di chiedere perdono. Buona domenica e buon pranzo”.
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PAPA FRANCESCO /
REPORTAGE
Quella piazza con i «fratelli schiavi»
«Ora in questa città vogliamo che si senta il grido, la domanda di Dio: dov’è tuo fratello? Che questa domanda di Dio risuoni in tutti i quartieri della città, risuoni nei nostri cuori e che soprattutto entri anche nei cuori dei Caino moderni. Forse qualcuno potrebbe chiedersi: “Quale fratello?” Dov’è il tuo fratello schiavo?».
Lucas Sherer ricorda che la voce dell’allora cardinal Bergoglio si incrinò per l’emozione nel pronunciare quelle parole. Era il 25 settembre 2012, e una folla si era radunata nella piazza Constitución, di fronte alla stazione principale di Buenos Aires, per partecipare alla “Messa per le vittime di tratta e traffico di persone”. Un appuntamento ormai fisso per credenti, non credenti, fedeli di altre confessioni, mamme delle ragazzine cadute nel buco nero della “prostituzione forzata”, ex lavoratori delle fabbriche clandestine, migranti irregolari abituati ad essere invisibili e ora al centro dell’attenzione di quel prelato così illustre.
C’era anche Olga, boliviana, illegale, impiegata in nero in una sartoria abusiva, mamma single di due bimbe. «Volevo battezzarle ma avevo paura che mi chiedessero i documenti o mi cacciassero perché non ero sposata», afferma. Quel giorno, però, al termine della funzione, trovò il coraggio di avvicinarsi a monsignor Bergoglio. E gli disse: «Vorrebbe battezzare le mie figlie? Però non ho marito né documenti». Il cardinale sorrise e le rispose: «Sarà un onore».
I fuori programma erano d’obbligo alla Messa che dal 2008 l’arcivescovo aveva deciso di celebrare per il popolo degli invisibili tra gli invisibili, «i fratelli schiavi». Quel mezzo milione di esseri umani (secondo la stima più cauta) – donne, uomini e bambini – sfruttati nei laboratori-scantinati che producono a bassissimo costo abiti per la grandi marche, nei postriboli illegali, nella raccolta di fragole, nella coltivazione di soia.
«In Argentina la schiavitù esiste. Eccome. Lo sa che solo a Buenos Aires ci sono tremila laboratori tessili clandestini che sfruttano 25mila persone? Il punto è che se ne parla poco. Perché dietro la tratta, il traffico, la schiavitù moderna si nascondono grandi mafie. Solo il cardinale aveva il coraggio di denunciarlo pubblicamente…», dice ad Avvenire Sherer che, nel caos della crisi del 2001, ha creato, insieme ad altri amici, la Fondazione Alameda per la lotta alle moderne schiavitù. L’incontro con il cardinale avvenne sette anni più tardi. «Gli scrivemmo una lettera, a mano, tanto non pensavamo ci rispondesse. E, invece…». E, invece, il cardinal Bergoglio fissò subito un incontro. «E appena entrammo, ci domando: “Ditemi come posso aiutarvi”». Da quel giorno lo ha fatto in ogni modo possibile. «Quando gli segnalavamo il caso di un ex schiavo riscattato, lo incontrava e non si limitava a dirgli qualche bella parola. Si preoccupava per la sua sicurezza, gli cercava un posto dove stare, lo chiamava per sapere se aveva bisogno di qualcosa».
L’impegno del cardinale ha «svegliato l’opinione pubblica», dichiara Sherer. Non è un caso che il governo argentino, dopo anni di silenzio, abbia approvato, nel dicembre 2012, una legge che indurisce le pene per i “mercanti di uomini”.
La prima Messa per le vittime di tratta, l’arcivescovo la celebrò nella chiesa Madre de los Emigrantes, nella Boca. Poi, decise che si svolgesse all’aperto. «E in un luogo simbolico: la piazza dove le prostitute-schiave si vendono ad ogni ora del giorno e della notte. Tutta la città le vede, nessuno le guarda. Il cardinale voleva lanciare un messaggio forte a tutti i cittadini, cattolici e non cattolici», racconta ad Avvenire padre Juan José Cervantes, sacerdote scalabriniano messicano che da vent’anni dirige il Dipartimento per i migranti dell’arcivescovado. La struttura – fortemente sostenuta dal cardinale – assiste in media mille persone all’anno. «Gli irregolari non conoscono i loro diritti. Non sanno, per esempio, che i cittadini del Mercosur possono ottenere il permesso di soggiorno con facilità. Noi offriamo assistenza giuridica, psicologica, ma soprattutto accompagnamento. Il cardinale me lo ripeteva sempre: “Non siamo burocrati. Dobbiamo fare in modo che le persone si sentano accolte, anche se vengono solo per fare due chiacchiere”».
Per la stessa ragione, la sera, invece di guardare la tv – che non aveva – monsignor Bergoglio passeggiava per il centro, quando questo si svuota di passanti e si riempie di “cartoneros”, i disoccupati che sopravvivono raccogliendo rifiuti. Quando ne vedeva uno con le mani immerse nella spazzatura, si fermava e si metteva a chiacchierare. Poi, tirava fuori il suo mate (recipiente di zucca dove si beve una specie di tè: gli argentini lo portano spesso con sé), e glielo offriva. «Un sorso a te e uno a me – diceva –. Da buoni fratelli».
Lucia Capuzzi – Avvenire
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cesare
18 marzo 2013 at 15:58
E continua, prendendo sempre più forza e convinzione in tutti, l’ondata di vento nuovo di questo Papa venuto “dall’altra parte del mondo”, per avvolgerci tutti, Cardinali, sacerdoti, fedeli, esponenti e praticanti di altre religioni, media, Istituzioni varie. Anche la Sua seconda uscita pubblica, fra la gente fuori S. Pietro, dopo la Messa di domenica scorsa da Lui celebrata fra pochi, e più tardi al Suo primo Angelus, è stata un bagno di semplicità, di umiltà. Il novello Papa ha saputo ancora naturalmente porgersi agli altri, con umane parole, così ricche di valori e di inviti, che andavano molto più in là del loro già palese e chiaro significato.
Si apprende ora che anche l’anello che il neo Pontefice porterà al dito, per Suo volere, non sarà d’oro, ma d’ argento, solo rivestito d’oro. Un altro segno esteriore, ma che ha una chiara continuità con la linea tipica di Papa Francesco, in cui tutti hanno notata, per prima, la croce di ferro anziché la finora indossata, da altri, Croce d’oro. E non si dica che sono solo segni materiali, perché noi, quali uomini, abbiamo certamente bisogno e non sappiamo prescindere da essi, ma dobbiamo saperli pure interpretare per quello che essi valgono e vogliono dimostrare, oltre il loro apparire. Papa Francesco ha incominciato a segnare il nuovo cammino che la Chiesa deve percorrere, in linea con la povertà che deve orgogliosamente esibire, e non il lusso, l’esibizione, perché la religione è fatta di ben altre sostanze, che sono ancor più luccicanti degli ori, e sono quelle della luce di Dio, della Fede, delle lampade votive, che vanno mantenute sempre accese, non solo sugli altari, bensì, e soprattutto, nell’interno, nell’intimo di ognuno di noi.
In sostanza questa semplicità di Chiesa era, a mio parere, già in embrione incominciata con Papa Wojtyla, Giovanni Paolo II, ma adesso sta assumendo toni certamente più netti e decisi. E Papa Francesco vuole essere il primo a dimostrarlo, ponendosi davanti a tutti, perché gli altri lo seguano, prendendone esempio.
Credo che questo Papa potrà, in diversi fedeli, suscitare ben presto, e se vogliamo anche prematuramente, il desiderio di invocarlo santo. Il Suo comportamento ed il nome che si è voluto dare, già richiama a questo.
Mi auspicherei che la via, da Lui indicata, possa trasferirsi anche in altri campi sociali e, lasciatemelo dire, anche politici, del momento di vita che attualmente stiamo passando. Tutti dovrebbero imparare da Lui, nel meditare intensamente che non valgono gli onori e le poltrone occupate, ma che ognuno deve operare solo per il bene comune, ponendo gli altri, e non se stessi, al primo posto, prescindendo quindi, dalle smodate ambizioni di gloria , di guadagno e di potere, come purtroppo appare dai numerosi cattivi esempi dati finora.
E le buone sorprese che Papa Francesco ci riserverà, sono sicuro saranno molte altre, a venire. Ritengo, infatti, siano ora solo incominciate!
Cesare
MICHELANGELO
20 marzo 2013 at 18:43
Il nuovo papa è appena stato eletto, non ha ancora dato inizio al suo ministero apostolico, non ha deciso alcun provvedimento per la nuova organizzazione della curia, ecc., e già ci si lancia in elogi di tutti i tipi (mi riferisco soprattutto alle lunghe discussioni tenute per ore e ore su tutte le principali televisioni per mettere in luce ogni minimo segnale di novità contenuto nelle brevi dichiarazioni appena apparso sulla loggia di S. Pietro e nei pochi gesti esteriori informati a sentimenti di povertà, umiltà e umanità). Vorrei ricordare che anche Paolo VI ha voluto che la tiara fosse venduta per destinare il ricavato ai poveri, ma non mi risulta che se ne sia parlato più di tanto. Secondo me non bisognerebbe mai lasciarsi prendere da troppo entusiasmo, cercando di non esagerare: vogliamo fargli il dispetto di vederlo o dichiararlo addirittura santo anzitempo?
santo
cesare
20 marzo 2013 at 22:38
I consensi che ha avuto il nuovo Papa credo siano quelli avuti a pelle, come si suol dire. Si suole anche dire che la prima impressione è quella che conta, che il buon dì si vede dal mattino. E poi, questo Pontefice, non è nuovo del tutto, ma si porta appresso una vita precedente dedicata, nelle parole e nei fatti, ai principi che Egli, nel discorso di presentazione, ha appena accennato, è vero, ma direi anche già consolidato, nel proprio curriculum di vita pastorale.
I consensi derivano da quella Sua profusa iniezione di speranza, da quel Suo bagno di grande umiltà, da quel Suo amore per i poveri, che non potevano passare inosservati. E’ venuto pure in un momento storico che ha, perché no, giocato, se vogliamo, a Suo favore, forse una coincidenza, ma che ha contribuito ad investire i fedeli di quella fiducia in Lui, che tanti altri, da ogni parte noi ci voltiamo, sembrano invece voler abbattere e distruggere. Ecco perché Papa Francesco ha suscitato entusiasmo dalla Piazza di S. Pietro in tutto il mondo.
E’ vero, Paolo VI ha a suo tempo voluto che la tiara fosse venduta per destinare il ricavato ai poveri, ma è stato un gesto isolato, direi davvero, in quel caso, un “coup de théatre”.
La Croce di ferro la vedremo, invece, sempre al collo di Papa Francesco, come pure i Suoi semplici paramenti bianchi, le sue scarpe nere e non certamente firmate. Segni esteriori, se vogliamo, ma ben accetti e graditi, indici pure di altre e più concrete sostanze. Tutte queste cose invitano a pensarLo, come ho detto, certamente in modo prematuro, santo, ma chi non può averlo già pensato in cuor suo, vedendoLo?
Il tempo sarà, e questo mi vede concorde con te, caro Michelangelo, quello che avvalorerà ogni cosa finora solo embrionalmente vista, ma sono convinto che non sarà tanto discorde dalle premesse.
Cesare
Michelangelo
21 marzo 2013 at 18:54
Non vorrei contribuire a mettere in contrapposizione il nuovo papa con i suoi predecessori, in particolare con l’ultimo, e secondo me grande, Benedetto XV, il quale non ha certo messo in mostra certi segni esteriori di ricchezza o simboli di potere per il gusto di dare importanza alla sua persona e voler dimostrare che la sua autorità si basava su certi simboli. Ricordiamo ancora le parole con cui si è presentato al mondo, appena eletto: si è autodefinito “umile servo nella vigna del Signore”. Ratzinger non poteva essere diverso data la sua esperienza di vita e di studioso della dottrina cattolica, che aveva il compito di salvaguardare di fronte agli attacchi provenienti da varie partri. Il nuovo papa con i suoi gesti anticonformisti non vuole certo essere interpretato come un segno di rottura, ma come un tentativo (speriamo molto importante e foriero di nuovi comportamenti tra le fila dei cattolici – preti o laici -, dal più alto in grado al più semplice dei fedeli, e soprattutto tra coloro che vengono scelti, più o meno democraticamente, per portare avanti il berne comune).
E’ giusto essere contenti di un papa che fin dall’inizio dimostra di essere più vicino ai poveri e ai deboli, come ha fatto negli anni difficili della crisi economica e politica in Argentina; ci si augura che questa ventata di novità, portata a Roma e riconosciuta da tutti i grandi della Terra convenuti per l’inaugurazione del ministero petrino di Francesco, venga seguita da atti concreti da tutti costoro in favore dei più deboli e dei più dimenticati sparsi nel mondo (per fare solo un esempio, sarebbe bello se il Presidente dello Zimbabwe traesse le dovute conclusioni e pensasse alla popolazione diseredata del suo paese, dove – ristabilitosi dalla malattia – tornerà a vivere e a operare il nostro carissimo dottor Carlo Spagnolli affrontando mille difficoltà quotidiane).
Quanto al comune sentire per cui già da molti in cuor loro è considerato santo, mi limito a dire che se lo venisse a sapere, avrebbe qualcosa da ridire e qualcuno da redarguire!
cesare
21 marzo 2013 at 21:40
Condivido gli auspici che hai elencato riferendoti a Papa Francesco, Michelangelo, e non staremo certo qui a paragonare fra loro i vari papi, anche se Benedetto XV, a mio avviso, non disdegnava certe ostentazioni di paramenti, in cui ho riscontrato, fra le varie tonalità di colore e scelte di stoffe, gusti e scelte sicuramente raffinate e personali.
In quanto al fatto che Papa Francesco, se venisse a sapere di certi pensieri di santità nei suoi riguardi potrebbe redarguire i pensanti di ciò, non lo dubito, e guai se fosse diversamente. Però non potrebbe certamente impedire di poterlo pensare.
Un caro saluto.
Cesare