Predazzo, riflettiamo sulla Comunità di Valle, i comuni non sono pronti.

Da il 11 gennaio 2009

tesero fiemme Predazzo, riflettiamo sulla Comunità di Valle, i comuni non sono pronti.PREDAZZO – Mentre i consigli comunali di Fiemme si preparano a discutere (ed eventualmente approvare) lo Statuto della futura Comunità di Valle, non si placano le discussioni in merito alle scelte da fare in vista di questa nuova istituzione. Sul problema, interviene Franco Dellagiacoma , vicesindaco di Predazzo, uno dei tre Comuni (assieme a Ziano e Panchià) che in dicembre, nel collegio dei sindaci, ha votato contro la norma statutaria, avviando una fase di incertezza che propone per l’immediato non pochi interrogativi. «Dopo la composizione della giunta provinciale e la distribuzione di incarichi e competenze» sottolinea Dellagiacoma in una nota diffusa in questi giorni «è legittimo supporre che un assessore decisionista, come ha dimostrato di essere Mauro Gilmozzi , promuova una accelerazione nel processo di costituzione delle Comunità di valle. L’opportunità di tale riforma è da tutti condivisa, ma sono le implicazioni relative al trasferimento di competenze dalla Provincia alla Comunità che da un lato stimolano e dall’altro forse un po’ spaventano chi non ha o ritiene di non avere gli strumenti per gestirle al meglio. Il processo è ormai avviato e appare inarrestabile, ma occorre partire con il piede giusto e possibilmente in maniera unitaria e condivisa». E qui arriviamo al nocciolo della questione. «Le perplessità e i dubbi nascono principalmente – afferma Dellagiacoma – dalla indisponibilità di delegare ad altri quanto direttamente viene ora gestito in maniera autonoma. Il problema riguarda non tanto il trasferimento di competenze dalla Provincia alla Comunità quanto piuttosto quello dai Comuni alle Comunità stessa. Ed è appunto quest’ultimo a costituire un intralcio notevole al percorso che dovrebbe condurci in maniera naturale all’obiettivo prefissato». Dellagiacoma ribadisce la convinzione che «non si possono affrontare le numerose problematiche comuni (la viabilità di valle, le procedure espropriative, la gestione degli impianti sportivi, i Mondiali del 2013, la riqualificazione della vivibilità) se non saremo in grado di operare in noi stessi un cambiamento di mentalità, sganciandoci dai nostri particolari interessi, ragionando in termini più elevati, garantendo reciproca disponibilità e rispetto della pari dignità di tutti». Confermando «la necessità della ricerca della condivisione su basi minime», ma ricordando anche come si sia «ancora lontani da una condizione di reciproca fiducia», per cui «occorre limitare la portata del progetto fino a quando la nostra maturazione personale e collettiva non permetta un confronto più sereno su altre basi». Da questi presupposti, una considerazione e un invito, con una implicita annotazione critica nei confronti della strategia seguita finora a livello comprensoriale. «Non è certo produttiva la caparbietà a proseguire a qualsiasi costo, magari sottoponendo ai consigli comunali una linea nemmeno condivisa all’interno della conferenza dei sindaci, forti di una maggioranza relativa che non darà alcuna garanzia sull’esito della discussione nelle sedi consiliari. Si abbandonino quindi i facili entusiasmi e le ambizioni personali – suggerisce Dellagiacoma -. Si condivida il più possibile l’acquisito e ci si confronti sul resto, evitando di ritrovarci, magari tra un anno o due, a ridiscutere delle stesse cose, negli stessi termini, consegnando alle amministrazioni che verranno una situazione confusa ed ingarbugliata, frutto della nostra miopia politica e di una ossessiva difesa del particolare. Sarebbe una pesante sconfitta per noi e una pesante eredità per chi ci dovrà dare il cambio». Infine, una considerazione per quanto riguarda le proposte dello Scario della Comunità, che Dellagiacoma giudica «molto articolate ma difficilmente accettabili, per ragioni di carattere tecnico-giuridico». Pur con l’invito a «non gettare alle ortiche un’esperienza millenaria», mantenendo «distinti gli ambiti», ma trovando «il modo di collaborare ed utilizzare un patrimonio dal quale si possono certamente trarre indicazioni positive». Il confronto è aperto.
Mario Felicetti

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