PASSO FEDAIA. Il lupo, o i lupi, hanno fatto strage di pecore nella zona del…
La mattina del primo ottobre il professor Tommaso Bertelli, preside dell’istituto «Pralormo» di Empoli, ha scritto una circolare in cui invita i suoi 1675 studenti a salutare.
Buongiorno, salve, ciao: quei lubrificanti esistenziali che per strada o in ufficio sono rimasti in pochi a maneggiare, e quei pochi guardati con sospetto, come se dietro la formula di cortesia si nascondesse un secondo fine indicibile o un’invasione della privacy.
La notizia mi ha sconvolto per vari motivi. Intanto per il numero degli studenti. Ho fatto ancora in tempo a crescere in scuole dove il preside regnava su una bottega di allievi che tutti conosceva e di cui conosceva tutto, non ancora su un’azienda di medie dimensioni. E poi perché pare che il suo sermoncino abbia funzionato.
Che i ragazzi abbiano cominciato a salutare chiunque capitasse a tiro: i compagni, i bidelli, persino i professori. E che il loro umore ne abbia tratto giovamento. Quindi non è che prima non volevano farlo. È che proprio non sapevano che si potesse fare. C’è voluta una circolare per informarli dell’esistenza di questa strana pratica che sta alla base della convivenza tra esseri umani mediamente evoluti.
Qualcuno di loro ne aveva sentito parlare di sfuggita, in casi eccezionali addirittura in famiglia, di sicuro mai alla televisione. Ma l’avrà associata a un’ammissione di debolezza o a una sdolcinatura, rimuovendola immediatamente. Finché un giorno, grazie a una circolare del preside, ha scoperto che la buona educazione non è buona perché melensa. È buona perché fa bene. Massimo Gramellini
Articolo segnalatoci da una nostra lettrice residente in una grande città del nord, che ci scrive:
Anche secondo me è molto importante il saluto. Un giorno qui ho incontato una signora di colore e l’ho salutata ( io uso salutare tutti quelli che incontro, anche se non li conosco) e lei è rimasta stupita, ha detto che le ha fatto tanto bene sentirsi salutata, le ha rallegrato il cuore perché era molto triste.
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Veronika
7 ottobre 2015 at 22:45
Il saluto è come un piccolo seme, parte dal Cuore di uno e finisce in quello dell’Altro. Non sempre provoca uguali reazioni. Talvolta fiorisce in uno scambio di sguardi e sorrisi, altre finisce in un vuoto a perdere. Però chi lo dona ne trae giovamento comunque, perché nel suo aprirsi all’Altro si dona e non teme l’avvicinamento, piuttosto cerca un piccolo contatto ed un segnale di Vita. In questa esistenza ormai molto frenetica e piena di pensieri negativi io penso che un saluto possa essere per noi come una medicina per l’umore da assumere tutti i giorni senza il rischio di effetti collaterali. Forse (?) nascerà il sole nel nostro Cuore.