ROMA, venerdì, 18 settembre 2009 (ZENIT.org).- Questo venerdì gran parte dei mezzi di comunicazione ha…
Marina Corradi - Avvenire
«La sentenza della Consulta non smantella i principi della legge 40. E gli accenti di trionfo dei suoi avversari sono una evidente forzatura. Si afferma che è stato eliminato il limite alla produzione degli embrioni. Ma, dal momento che – osserva all’indomani della sentenza della Consulta, il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella – rimangono in vigore gli altri punti della legge che ne vietano la crioconservazione e la soppressione, così come resta il divieto di ogni pratica eugenetica, e vige la prescrizione di produrre il numero di embrioni strettamente necessario, mi chiedo che cosa concretamente dovrebbe cambiare, da oggi, nella fecondazione assistita in Italia ».
Ma la Consulta ha pure affermato la incostituzionalità del limite dei tre embrioni.
La sentenza va interpretata per quel che dice, alla lettera. E cioè si è detto che lo stabilire quanti embrioni produrre, è cosa che spetta al medico e non al legislatore; e che tutto va fatto nell’interesse della salute della donna. Dal momento però che come ho detto gli embrioni non possono essere né crioconservati né soppressi né selezionati, nella pratica non si comprende cosa venga modificato. Anche se capisco che la lettura che di questa sentenza è stata data, una lettura fortemente ideologizzata, può creare incertezza e confusione.
C’è qualcosa che il ministero intende fare adesso?
Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza. Nel frattempo la legge 40 resta quella che è, e i centri devono continuare ad applicarla nella sua lettera e con prudenza. Ricordo che ad oggi restano in vigore le linee guida dell’ex ministro Turco, che contengono l’esplicito divieto di diagnosi prenatale sull’embrione.
Intanto state lavorando alle nuove linee guida.
È ancora prematuro parlarne. È noto però che le linee guida dovranno attuare il decreto 191, cioè la direttiva europea che riguarda la pratica dei centri che conservano cellule e tessuti umani. Poiché ora anche i gameti rientrano fra i “tessu- ti” contemplati in questo testo, dovremo mettere in atto nuovi e maggiori controlli delle procedure.
Secondo lei in Italia è necessario un maggiore controllo dei centri che applicano la legge 40?
Più che di controllo parlerei di verifica. La direttiva europea comporterà criteri omogenei e validi per tutti da fare rispettare. Occorrerà stabilire anche elementi di tracciabilità statistica di ogni trattamento di fecondazione. Mi auguro che questo porterà a una maggiore trasparenza dei risultati, perché si possa dare alle donne informazioni precise su cosa ogni centro fa, e con quali percentuali di successo. Risulta infatti dalla Relazione sulla legge, appena presentata in Parlamento, che la pratica clinica fra i centri è molto difforme, se in alcuni la percentuale di gravidanze trigemellari è dello 0 per cento e in altri addirittura del 13. Occorre che le donne siano a conoscenza dei risultati degli istituti cui si rivolgono.
Sul tasso di gravidanze trigemine, più alto che in Europa, la legge è stata attaccata.
Bisogna leggere bene i dati e confrontarli. In Spagna, dove la percentuale dei parti plurimi appare più bassa, è elevatissimo il numero di aborti selettivi, cioè gli embrioni di troppo vengono soppressi. Invece, e pochi lo hanno segnalato, il tasso di sindrome di iperstimolazione ovarica in Italia è la metà di quello europeo. E questo è dovuto proprio al nostro limite della produzione di tre embrioni. In Gran Bretagna ci sono pazienti che producono anche 120 ovociti per ovulazione: ha idea di che quantità di ormoni occorra per questi risultati, e con quali ricadute sulla loro futura salute?
Il coro degli attacchi non è venuto solo dai radicali o dalla sinistra. Anche il presidente della Camera Gianfranco Fini ha detto che la legge 40 è basata su dogmi di natura religiosa, e che «questa sentenza rende giustizia alle donne».
Temo che il presidente Fini sia caduto nello stesso equivoco in cui ieri sono caduti in molti. Intanto, perché la sentenza non ha introdotto alcuna modifica sostanziale alla legge. Poi, perché non è affatto in gioco la laicità, anche visto che la 40 non è una legge cattolica. È una legge invece contro cui c’è un attacco ideologico concentrico, e una propaganda massiccia. E questo anche dopo un referendum che ha visto il tasso di astensione più alto della storia della Repubblica. L’astensione, per un referendum, è peggio della sconfitta: significa che la domanda posta è stata ritenuta inutile dagli elettori. Pure, dal 2005 continua la battaglia, e i ricorsi: il fatto è che dietro questa legge stanno molti interessi economici. Credo insomma che Fini sia stato vittima di questa propaganda. Una «sentenza che rende giustizia alle donne»? Ma se la legge ha impedito quel commercio che oggi mette a rischio la salute delle giovani “donatrici” di ovociti. Che nell’Est, e non solo, vengono riempite riempite di ormoni per una manciata di euro. La salute delle donne non si tutela permettendo tutto. Né obbedendo a quel desiderio di maternità a ogni costo che le rende esposte ai rischi di una medicina senza scrupoli. «La lettura della sentenza fortemente ideologizzata può creare confusione»
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