La squadra di Tempera: da soli, a mani nude, contro il tempo Ha cominciato a…
Oggi è giorno di lutto nazionale in Italia. All’Aquila è già iniziato l’afflusso di persone e parenti delle vittime che parteciperanno ai funerali di Stato che saranno celebrati dal segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, che visiterà le tendopoli e pregherà davanti alla Casa dello Studente prima della messa. Saranno presenti anche il presidente della Repubblica Napolitano – che ieri pur lodando l’opera di soccorso ha invitato a un esame di coscienza collettivo sulle responsabilità passate – e il presidente del Consiglio Berlusconi. Diretta TV RaiUnoIl premier intervistato: “Oggi è il giorno del dolore”, poi ha assicurato: “Dalla Ue 4-500 milioni in 3 anni per la ricostruzione”. Ieri sera una nuova forte scossa di magnitudo 4.9 della scala Richter ha provocato il crollo di un’altra palazzina. Il bilancio ufficiale è salito a 287 morti accertati, di cui 20 bambini.
9.40 – Card. Bertone visiterà tendopoli prima di messa. La visita all’ospedale da campo poi alla tendopoli di Collemaggio e un passaggio all’esterno del Duomo dell’Aquila, infine una preghiera davanti alla Casa dello Studente, uno dei luoghi diventati simbolo del terremoto che ha colpito l’Abruzzo. Sono le tappe che il segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone, farà prima di raggiungere la Scuola Ispettori della Guardia di Finanza all’Aquila per presiedere i funerali solenni delle vittime del sisma.
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9.20 – Nuova scossa di magnitudo 3. Nell’ambito dello sciame sismico in corso in provincia dell’Aquila, una nuova scossa è stata avvertita dalla popolazione. Le località prossime all’epicentro sono Campotosto, Capitignano, Montereale. Lo riferisce la Protezione civile. Secondo i rilievi dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia l’evento sismico è stato registrato alle 8.41 con
magnitudo 3.0 .
9.12 – Già migliaia arrivati per i funerali. Mancano ancora due ore, ma sono già migliaia le persone accorse alla caserma della Guardia di Finanza di Coppito, a un passo dall’Aquila, per i funerali solenni delle vittime del terremoto che ha colpito l’Abruzzo. Mentre una lunga fila di macchine si incolonna verso l’enorme cortile dove ci celebreranno le esequie, nella caserma tutto è pronto: circa 200 bare allineate (le restanti 80 vittime identificate avranno funerali altrove), installato
l’altare, pronte le postazioni di soccorso medico, disposte le 1600 sedie nelle prime file su cui siederanno i parenti delle vittime, 8 per ciascuna salma.
Il punto alle 9.00. La paura prima delle lacrime e del dolore, con la terra che è tornata a tremare in attesa dei funerali di Stato di questa mattina. Se n’è andata così la notte all’Aquila, la quarta dal terremoto che l’ha distrutta causando 287 morti, uno dei quali ancora da identificare. È questo l’ultimo dato fornito dai soccorritori, che per qualche ora hanno smesso di scavare tra le macerie per trasformare il piazzale della Caserma della Guardia di Finanza, a Coppito, in una chiesa a cielo aperto.
Tra poche ore, alle 11, il segretario di Stato vaticano, monsignor Tarcisio Bertone, officerà i funerali solenni, di fronte ad almeno 150 bare e ad una folla di amici e parenti in lutto. Sotto le macerie delle loro case, nella notte tra domenica e lunedì, se ne sono andate intere famiglie: genitori e figli, neonati ed anziani, amici di sempre e vicini di casa, tutti accomunati dalla stessa drammatica fine.
La disposizione delle bare, davanti all’altare allestito sulla scalinata che conduce al Palazzetto dello Sport, è iniziata nella notte. Un lento e silenzioso rituale, mentre nelle tendopoli gli sfollati battevano i denti dal freddo – il termometro si è fermato a 3 gradi – e dalla paura di nuovi scossoni.
Alle 21:40 di ieri sera la terra ha tremato di nuovo, facendo impennare i sismografi con una potenza di 4.9 gradi della scala Richter. E un altro palazzo è crollato nel centro dell’Aquila, ridotto ormai allo spettro della città universitaria, allegra e vivace, che era fino a qualche giorno fa. Dove un tempo si sentivano fino a tardi le risate degli studenti, tra le vie che conducono alla storica piazza del Duomo, il silenzio era spezzato soltanto dal suono di qualche allarme. E le luci della notte non erano più quelle dei locali, ma dei lampeggianti dei mezzi di soccorso e di qualche lampione intermittente.
L’ultima scossa è stata avvertita poco prima delle 5:30 (magnitudo 3.7): davvero un brusco risveglio nel Venerdì Santo. Per consentire lo svolgimento dei funerali, nel giorno in cui la Chiesa ricorda la crocefissione di Gesù, è arrivata la dispensa straordinaria del Papa.
La cerimonia – a cui parteciperanno il premier Silvio Berlusconi e il presidente della Repubblica Napolitano - sarà concelebrata dall’Arcivescovo metropolita dell’Aquila, monsignor Giuseppe Molinari e da tutti i vescovi dell’Abruzzo e del Molise. Il Papa, che visiterà le zone terremotate subito dopo Pasqua, ha delegato a partecipare anche il suo segretario personale, monsignor Georg Gaenswein, e il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata.
Per l’occasione è stato proclamato anche il lutto nazionale: a piangere i caduti dell’Aquila sarà tutta l’Italia.
Stesso realismo di 2000 anni fa
La Via Crucis stavolta
va in scena nella nostra terra
La morte di Cristo fu reale, come lo è quella di uomini e donne d’Abruzzo. Come la loro fu insensata e brutale. E sentita ingiusta. La morte di Cristo e la morte degli uomini sono uguali. E il dolore per quella morte fu uguale al dolore per le morti che oggi ci stanno davanti agli occhi. Fu lo stesso dolore. Lo stesso pianto, il medesimo crampo nello stomaco. E lo stesso venir giù delle luci. Fu lo stesso serrare i pugni, e lo stesso buttarsi nell’abbraccio l’uno dell’altro. Come per metter quiete a qualcosa che fa rompere il petto. Come per tenere legate nell’abbraccio di un altro le ossa che stanno per rompersi per il grido del cuore.
Il dolore di Lui che moriva fu dello stesso tipo del dolore di molti che non ce l’hanno fatta sotto le macerie. Il soffocamento fu lo stesso. E anche la disperazione di Cristo fu la stessa di quella che hanno provato in tanti, in troppi in Abruzzo. La croce non fu una scena teatrale. Come non è teatro, non è set televisivo, nonostante a tratti l’invadenza dei media, quello che vediamo in Abruzzo. La morte di Cristo non fu un bello spettacolo, come non lo è per niente la morte di tanti in queste ore. Abbiamo la croce davanti, in questa settimana, e la croce addosso a così tante famiglie. Ed è lo stesso peso, la stessa offesa e la stessa sofferenza, la stessa condanna, sulle spalle di Gesù e sulle spalle oggi di tanti.
La Via Crucis si svolge sotto i nostri occhi. E come accade solitamente nel presepe, dove si aggiungono figure e figurine tratte dalla vita quotidiana e dalla cronaca, ora ci accade di farlo per la Via Crucis. E per la settimana intera di Pasqua. Di dover aggiungere mille figure di dolore e di speranza. Di vedere tante figure, tanti personaggi reali per la Via Crucis e per i preparativi della notte del Sabato. Di vedere i volti di Cristo, i volti della Madre dolorosa, quelli degli amici sgomenti. E pure i volti, i tanti volti del Cireneo, che aiuta a portare la croce. Perché quella di Cristo è come la nostra morte. Ed è per la nostra. Abbiamo per così dire, purtroppo, la Via Crucis sottomano. Va in scena nella nostra terra. Vicina, con il suo carico di dolore. E con i segni del bene. Perché il Cireneo, e la docilità con cui Gesù va al supplizio sono segni, per quanto apparentemente meno visibili di tutto l’orrore e la pena, del bene che non cessa di presentarsi. Della Resurrezione che non smette di annunciarsi.
Si fa fatica a tenere gli occhi su questi segni. Sembrano piccoli, nella immensa via Crucis di queste ore italiane. Piccoli ma evidenti. Trovarsi insieme, come avverrà nei prossimi giorni, per i riti e le celebrazioni di Pasqua, servirà proprio per aiutarsi a vedere bene. Per vedere insieme la via Crucis. E anche il senso della via Crucis. Per vedere il volto di Cristo che soffre e per rivolgere gli occhi dove stava guardando Lui mentre era nel supplizio. E occorrerà guardare bene, da soli e nella comunità, per vedere il sabato. E per attendere la Domenica. Che sembra ostruita dai sassi. E dal sapore della sabbia tra i denti. Occorrerà aiutarsi a guardare la Via Crucis tra noi. A guardare davvero. A non distogliere gli occhi. Cercando Gesù dov’è. Perché è dove si patisce la morte, questa morte sua, uguale di Figlio di uomo alla morte di tutti i figli di uomini, specie degli innocenti; sì, Lui è nella Via Crucis d’Abruzzo, dove si patisce forte, ma è lì tra le tende, le bare, le case non più case, le coperte e le sue chiese aperte come grida al cielo, per la certezza di conoscere la vita che non finisce mai.
Davide Rondoni Avvenire
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