Il neo-presidente si oppone alla “Mexico City policy” di Reagan, che proibisce agli Usa di…
Tutte le donne del presidente.
Barack Obama ha organizzato una squadra rosa molto ideologica, legalista, radicale e militante sul tema dell’aborto…
Roma. I repubblicani lo hanno già ribattezzato il “dream team abortista”. Barack Obama ha organizzato una squadra rosa molto ideologica, legalista, radicale e militante sul tema dell’aborto.
Curricula eccezionali sui “diritti riproduttivi” che fanno molto anni Settanta. Ne parla anche il numero in edicola del settimanale Weekly Standard, sotto il titolo “Honor Killing, American Style”. L’ultimo incarico è per l’Office of Legal Counsel, lo stesso da cui dopo l’11 settembre 2001 sono partiti i “memo” che hanno costituito l’ossatura giuridica della guerra al terrorismo. Obama ha nominato Dawn Johnsen, una giurista molto tosta dai capelli brizzolati, paladina dei diritti civili e avvocato della National Abortion Rights Action League.
Endorsata nei giorni scorsi dal New York Times, Johnsen ha paragonato la gravidanza alla schiavitù: “Ridurre il diritto di aborto significa rendere la donna schiava del feto”. Nel caso Webster vs Reproductive Health Services davanti alla Corte suprema, Johnsen disse: “Le restrizioni dell’aborto riducono la donna incinta a contenitrice fetale”. Johnsen si oppone perfino alla notifica ai genitori nel caso di aborto di minore, in vigore in molti stati americani, e vuole rovesciare la legge di Bush che ha messo al bando l’aborto “a nascita parziale”. Docente alla Indiana University School of Law, Johnsen è la stessa ad aver chiamato le gravidanze indesiderate “sconfitte nella lotteria della contraccezione”. E’ una delle architette del Freedom of choice act, la “codificazione della Roe vs. Wade” che, se approvata, consentirebbe a tutte le donne “residenti in qualsiasi stato e a ogni età, anche al di sotto dei 18 anni”, di “abortire in ogni momento della gravidanza”.
Obama ha affidato a Kathleen Sebelius, governatrice del Kansas, la guida del dipartimento della Sanità. Con i suoi 65 mila impiegati e un budget di 700 miliardi di dollari, Sebelius guida un ministero chiave negli Stati Uniti. Si dichiara cattolica come Nancy Pelosi, speaker della Camera, e il vicepresidente Joe Biden. Ma da governatrice ha posto il veto perfino al Comprehensive Abortion Reform Act, che avrebbe introdotto sanzioni per i medici che eseguono aborti tardivi fuori legge all’ottavo e nono mese di gravidanza. Ha votato a favore di norme che eliminavano il diritto dei genitori ad essere informati in caso di aborto della figlia minorenne. Si è guadagnata il sostegno di Emily’s List, potente organizzazione femminista, che sul suo sito l’ha così presentata: “Da governatrice ha posto il veto a leggi che colpivano il diritto di scelta delle donne”. Nel 2007 la Sebelius organizzò una cena per George Tiller, fondatore del Women’s Health Service il quale, per sua stessa ammissione, nel corso della sua carriera ha praticato 60 mila aborti. Tiller è sotto inchiesta per aver praticato aborti tardivi.
A guidare la riforma sanitaria sarà la “zarina” Nancy-Ann DeParle con il suo noto pedigree pro aborto. Ellen Moran, l’ex direttrice dell’organizzazione abortista Emily’s List, è a capo dell’ufficio comunicazione della Casa Bianca. “Occuperà un ruolo essenziale”, dice Obama, “e porterà una grande esperienza e profondità”. Da Emily’s List proviene anche Melody Barnes, oggi direttrice del Domestic Policy Council di Obama. La Barnes è una storica figura del Planned Parenthood Action Fund. La “paladina della Ru486” Jeanne Lambrew è la vice del White House Office of Health Reform. E sempre sui farmaci un’altra scelta chiave è la consulente pro aborto Margaret Hamburg a capo della Food and Drug Administration.
C’è poi Elena Kagan, scelta da Obama per il ruolo di Solicitor General, l’avvocatura dello stato americana nota anche come il “decimo giudice della Corte suprema”. Kagan sostiene l’uso dei fondi federali per l’aborto. Melanne Verveer dirige il nuovo ufficio che si occupa di questione femminile all’estero. E’ lì per la pianificazione familiare internazionale e userà il nuovo ente per fare pressioni su altri paesi al fine di legalizzare l’aborto senza restrizioni. Alla conferenza Onu di Beijing del 1995, Verveer fu una delle più accese sostenitrici delle organizzazioni che praticano aborti in tutto il mondo. Alla guida della nuova agenzia nota come “White House Council on Women and Girls” Obama ha messo Tina Tchen, nota avvocato di Chicago e vicepresidente della National Organization for Women, una delle più potenti lobby pro aborto d’America. Della promessa di Obama di voler ridurre il numero di aborti non resta neanche l’ombra. Intanto nell’Indiana prosegue il boicottaggio di accademici, vescovi e gruppi studenteschi contro il discorso inaugurale del presidente all’università cattolica di Notre Dame. (gm)
Il Foglio,
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