Lunedì 16 ottobre si è svolta a Tesero la tavola rotonda organizzata dalla Consulta dei…
Il cerchio d’onda del sassolino lanciato dal blog di Predazzo riguardo alla pulizia degli alvei dei torrenti (vedi argomento sul forum) si allarga e riappare di tanto in tanto in forma di dibattito aperto anche sui quotidiani regionali. Riportiamo ad es. una lettera apparsa oggi sul quotidiano L’Adige di Trento:
“La risposta dell’architetto Maurizio Piazzi di Capriana, che l’Adige ha pubblicato in data 12 dicembre, alla lettera scritta da due giovani pescatori miei compaesani in merito alla manutenzione dell’aveo del torrente Avisio, è per me, non architetto, non esperto, non tecnico e non accademico, null’altro che un chiaro esempio di arroganza.
Cosa c’entra l’alluvione di Genova, scrive l’architetto,con il torrente Avisio?La politica agricolo-forestale della Provincia Autonoma di Trento, per capacità, efficienza e lungimiranza non è paragonabile al resto d’Italia. La presenza di vegetazione nell’alveo dell’Avisio è naturale. E poi non abbiamo la presenza del radar meteorologico, i rilasci controllati delle dighe. Se il problema è la presenza di arbusti che ostruiscono l’accesso ai sentieri, basta una roncola, via ragazzi, non sparate castronerie. Quasi a dire: ragazzi, pescate tranquilli, siete in buone mani, voi, i vostri con-valligiani, gli abitanti di Lavis e di Trento. Mi permetto di dissentire e nel corso degli anni ho avuto modo più volte, grazie all’ospitabilità dell’Adige di manifestare il mio pensiero in merito, pur non essendo architetto, esperto e nemmeno pescatore. La mia conoscenza è empirica, grazie alla memoria, agli occhi ed alle orecchie. Ricordo l’alluvione del 1966, ricordo la tragedia del Vajont, ricordo quella di Stava ed anche quella per fortuna evita ta di Campolongo di Pinè. Ho visto le immagini di tutte queste tragedie, la povera gente disperata, città, paesi, campagne distrutti. Ho sentito e, purtroppo continuo a sentire, le voci, gli appelli i richiami di tanta gente semplice che aveva ed ha ragione, quella che viene dettata non dagli studi accademici, ma dal Buon Senso.
La diga del Vajont, che non doveva essere costruita lì, come diceva la gente, è stata progettata e voluta dagli esperti, architetti, ingegneri e quant’altro. I piani urbanistici di Genova, come Campolongo non sono stati redatti dai pescatori, ma dagli Uffici Tecnici.
I bacini della val di Stava non sono stati progettati, approvati e deliberati dai boscaioli di Tesero ma da qualche illustre Tecnico. La pulizia dell’aveo dei torrenti è una misura assolutamente doverosa e sul greto dell’Avisio non ci sono solo cespugli, basta guardare dalla strada provinciale, è un bosco di piante ad alto fusto, proprio quelle che piegandosi sotto la forza delle piene si accumulano in prossimità dei ponti, creano sbarramenti pericolosissimi. E non mi venga a dire di rilasci controllati, perché la diga di Stramentizzo è uno stagno che non contiene proprio niente. Il progetto della diga di Valda non era sbagliato ed il principio di salvaguardia della città di Trento aveva una logica. Vantarsi per il fatto di essere riusciti a bloccarla e contemporaneamente non fare nulla per la sicurezza è ben misera consolazione. Io dico grazie ai due giovani che hanno sollevato il problema della manutenzione dell’alveo dell’Avisio, questione vera come la storia insegna.”
Gianni Rizzoli - Verla di Giovo – L’Adige 16 dicembre 2011
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