C’è qualcosa di più umiliante per una donna di commercializzare la maternità? Esiste qualcosa di più triste…
La storia del piccolo Adan, tredicenne iracheno malato di distrofia muscolare e costretto a vivere su una sedia a rotelle, è una di quelle che non si vorrebbe mai leggere.
Cronaca di una morte annunciata, ovvero come la mancata accoglienza ha ucciso ancora.
La famiglia A.H., composta da genitori e 4 bambini di cui uno, Adan affetto da distrofia muscolare e costretto in sedia a rotelle, era scappata da Kirkuk ( città a circa 250 km da Baghdad) e arrivata in Svezia nel dicembre 2015.
Dopo quasi due anni di attesa, nel febbraio 2017, ha avuto l’intervista relativa alla propria richiesta di protezione internazionale. A settembre ha ricevuto la risposta, negativa.
In seguito al diniego ricevuto in Svezia in merito alla richiesta di protezione internazionale e alla minaccia di espulsione e rimpatrio coatto in Iraq se non avesse provveduto ad allontanarsi volontariamente dal paese, la famiglia ha deciso di lasciare la Svezia. E’ giunta a Bolzano, dopo un viaggio in treno, il giorno 01 ottobre 2017. La notte del 1 ottobre la famiglia ha dormito all’addiaccio sotto un ponte della città di Bolzano.
Il giorno lunedì 2 ottobre la famiglia si è recata presso il servizio Consulenza Profughi della Caritas. In seguito si è recata presso il servizio di assistenza umanitaria della’associazione Volontarius, che solo nel pomeriggio ha accompagnato la famiglia in Questura. Essendo la Questura chiusa in quell’orario, la famiglia non ha potuto accedervi e ha ricevuto il numero di prenotazione per l’accesso in ufficio Immigrazione per il giorno successivo.
Il Servizio Integrazione Sociale ha sempre dato risposta negativa in merito ad una presa in carico da parte loro.
La famiglia è stata successivamente portata in ospedale perchè Adan riportava diversi problemi di respirazione e dolori diffusi su tutto il corpo. L’intera famiglia ha passato la notte dormendo in ricoveri di fortuna all’interno dell’edificio ospedaliero.
Martedì 3 ottobre il padre e tre dei figli si recano in Questura per la manifestazione di volontà di richiesta protezione internazionale, mentra la madre con Adan sono ancora in ospedale in osservazione.
Il servizio Consulenza Profughi ha segnalato e sollecitato per iscritto e per via orale le istituzioni (servizi sociali: Servizio Integrazione Sociale, Commissariato del Governo, Provincia) sulla situazione della famiglia. Dalle stesse è pervenuta risposta che la famiglia, in ragione della Circolare Critelli, non poteva ricevere accoglienza.
Il piccolo Adan, cosi come i suoi tre fratellini ( di 6, 10 e 12 anni) sono tutti da considerare vulnerabili la cui accoglienza e presa in carico è regolamentata da una legislazione chiara nazionale ed europea che la ricca provincia alto atesina si permette di non rispettare.
La notte di martedì una parte della famiglia (il padre e i tre bambini) ha dormito in albergo, grazie all’attivazione dell’associazione SOS Bozen, che ha pagato la stanza in albergo. Adan ha dormito in ospedale, in quanto ivi ricoverato, assieme alla madre.
Mercoledi 4 ottobre, di pomeriggio, Adan è stato dimesso dall’ospedale. Il pediatra avrebbe voluto tenere Adan ricoverato in ospedale anche i giorni seguenti, ma in seguito a discussione con il primario è stato decisa la dimissione.
Durante il pomeriggio il piccolo Adan è stato visitato da un pediatra il quale ha assicurato la madre e la volontaria di SOS Bozen come non vi fossero in quel momento problemi cardiaci e che il cuore stesse funzionando bene.
La famiglia ha passato tutta la giornata, come quelle successive e quelle precedenti, nel parco della stazione, priva di assistenza ed informazioni, se non quelle fornite dalle associazioni della società civile.
Grazie all’impegno dell’associazione SOS Bozen e di altre realtà associative (Verdi, comunità islamica di Trento e Bolzano, Antenne Migranti, gruppo Antifa Bolzano) e alla solidarietà dei singoli è stata pagata per mercoledì sera un’altra notte in albergo per la famiglia. Tuttavia, vista la assenza in albergo di camere accessibili tramite ascensore, necessario per trasportare Adan, una parte della famiglia (madre e tre bambini) ha dormito in albergo mentre Adan e il padre hanno dormito sul pavimento di una sala di una struttura adebita a centro giovanile, accessibile con sedia a rotelle.
Giovedì 5 ottobre la famiglia ha passato nuovamente la giornata al parco della stazione.
La sera di giovedì 4 ottobre tutta la famiglia ha dovuto dormire sul pavimento di una chiesa locale, la chiesa evangelica, l’unica ad aver aperto le porte, vista la assenza in albergo di camere libere nonché di camere accessibili con l’ascensore.
Sono state contattate tutte le strutture ecclesiali (chiese e conventi) presenti nel capoluogo e nelle località adiacenti, ma nessuna di queste si è resa disponibile per l’accoglienza temporanea.
Venerdì 6 ottobre, di pomeriggio, in via eccezionale la famiglia ha potuto formalizzare la propria richiesta di protezione internazionale, anticipando l’appuntamento che altrimenti le era stato assegnato solo per il giorno 11 novembre. La formalizzazione della richiesta di protezione internazionale è avvenuta in assenza di un mediatore linguistico-culturale; per la comprensione reciproca è stato impiegato uno dei figli, di anni 12 anni, in quanto lo stesso parlava un poco di inglese.
Nel tragitto verso la mensa Caritas, dopo aver lasciato la Questura, Adan è caduto dalla sedia a rotelle a causa di una barriera architettonica. Adan è stato pertanto ricoverato in ospedale in rianimazione. Come si legge dal referto, era in atto un’infezione.
Adan e la madre hanno passato la notte in ospedale, mentre gli altri componenti della famiglia hanno dormito in stanza di albergo, pagata sempre grazie alla solidarietà dei gruppi sopranominati.
Sabato 7 ottobre Adan è stato portato dal reparto di rianimazione a quello di pediatria chirurgica. Era semi incosciente e sotto morfina, ingessato ad entrambi gli arti inferiori dall’inguine alle caviglie. Non era presente febbre alta e la situazione pareva abbastanza tranquilla. Con l’aiuto degli altri figli, impiegati come mediatori linguistici, quindi in totale assenza di questo servizio che dovrebbe essere offerto dalla struttura ospedaliera, il pediatra si era informato con la madre relativamente alla terapia e alle medicine prescritte in Svezia.
Nonostante la situazione post-operatoria sembrasse tranquilla, si era riscontrata un’infezione e quindi erano in atto le ricerche microbiologiche per scoprire il virus o batterio responsabile dell’infezione.
Alle 21.00 la temperatura corporea di Adan era salita.
Alle 2.00 di notte circa Adan è deceduto. Era in atto una crisi di febbre molto alta, in seguito alla quale il bimbo è stato nuovamente ricoverato in rianimazione. Qui i polmoni si sono riempiti di sangue, il bambino ha iniziato ha rimettere sangue; il bambino non riusciva più a respirare, in seguito è sopravvenuto un arresto cardiaco.
L’ospedale ha richiesto tramite un mediatore linguistico-culturale il consenso della famiglia per un’autopsia per verificare le cause della deficienza cardiaca e se questa fosse concausata dalle patologie già presenti. La famiglia ha acconsentito.
Non sappiamo se Adan sarebbe vivo oggi se paesi come Svezia e Italia avessero deciso di rispettare le convenzioni internazionali e le normative relative ai minori.
Le responsabilità di questa tragica vicenda sono ancora tutte da accertare. Per il momento sappiamo che la famiglia è ancora sola e ha, purtroppo, un legame indissolubile con la città dove ha perso un figlio.
Comunicato di SOS Bozen. Domenica 8 ottobre 2017.
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