"AVEVO FAME E MI AVETE DATO DA MANGIARE, AVEVO SETE E MI AVETE DATO DA…
INTERVISTA:
Parliamo della vicenda di sua sorella. Provi a descrivere le sensazioni che ha provato quando è stata emessa la sentenza definitiva, e gli è stato staccato il sondino che la alimentava.
Fin dall’inizio della vicenda di Terri, l’unico desiderio che io e i miei genitori abbiamo espresso è stato quello di portarla a casa con noi, di poterci prendere cura di lei. Purtroppo ci siamo scontrati con la decisione ostinata di un giudice della Florida, George Greer, che ha deciso invece che dovesse morire di fame e di sete. Voglio sottolineare questo punto, perché quel giudice decise proprio questo: che mia sorella morisse così, senza cibo e senza acqua, e con la sua famiglia accanto, senza che nessuno di noi potesse alzare un dito per salvarla. Ci veniva impedito persino di passarle qualche cubetto di ghiaccio sulle labbra, letteralmente crepate dalla mancanza d’acqua e sanguinanti. Mi vengono ancora i brividi quando penso che mia mamma e mio papà dovettero assistere a uno spettacolo che nessun genitore dovrebbe mai vedere: la loro amata figlia ammazzata in 14 giorni e in un modo orribile e inumano.
Crede che sua sorella abbia sofferto? C’era qualche impercettibile movimento, o cambiamento d’espressione, che vi facesse capire che sentiva la vostra vicinanza, e le carezze?
Ce n’erano cento, mille. Terri era talmente viva! Ha saputo parlarci, a modo suo, anche nelle ultime ore della sua vita, quando soffriva in maniera atroce, e forse si chiedeva perché. Soprattutto con nostra madre: con lei aveva un rapporto privilegiato, quando la accarezzava e la teneva stretta, sembrava sorridere, aveva gli occhi pieni di luce. Personalmente, non ho mai nutrito il minimo dubbio che Terri fosse assolutamente consapevole di tutto quello che avveniva attorno a lei. E che abbia sofferto la stessa sofferenza di chiunque di noi fosse affamato a morte: un’agonia impensabile, un’esperienza fisica atroce. Nelle ultime ore della sua vita facevamo fatica persino a guardare quel corpo devastato dall’inedia, mia mamma svenne più volte. Questo va detto, perché le parole “togliere il sondino” dell’alimentazione sembrano preludere a un’azione innocua. Non è così.
Qualcuno sostiene che la vita di un’essere umano ridotto allo stato vegetativo non è più vita, non è degna di essere vissuta. Cosa ne pensa?
Terri aveva avuto un trauma cerebrale profondo, ma non stava morendo. Non era affetta da un male inguaribile, non necessitava di medicine, non era malata, non c’erano dei macchinari che la tenevano in vita. Terri aveva solo bisogno di cibo e acqua per vivere, e della compassione degli altri, della compassione di cui ha bisogno una persona sana che non può mangiare e bere da sola. Non possiamo giustificare che a una persona sia tolto cibo e acqua perché qualcuno nella società ha deciso che così è più “conveniente”. Più conveniente per chi? Quanto alla parola “vegetativo”, mi sono sempre rifiutato di usarla parlando delle condizioni di mia sorella. Mi sembra che utilizzare quel termine sia già un modo di togliere umanità alle persone come mia sorella, ed Eluana. Nel marzo 2004 Giovanni Paolo II ha detto: “Un uomo, anche se malato gravemente o disabile in tutte le sue funzioni, è sempre e sarà sempre un uomo”. Credo a queste parole profondamente.
Cosa si sente di dire al padre di Eluana, Beppino Englaro?
Nessuno come me e i miei genitori conosce la sofferenza di quest’uomo, la profondità delle ferite che incidenti come quelli accaduti a Terri ed Eluana causano nel cuore di chi le ama. Eppure io credo che proprio queste ferite ci chiamano ad essere strumenti. Strumenti d’amore, di speranza. Strumenti di Dio. Se amiamo e ci battiamo per quelli che sono più deboli e fragili, abbiamo la grande occasione di amare e lottare per Dio stesso.
Eluana ha diritto di vivere, e diritto che suo padre speri e lotti per lei.
Io e i miei genitori pregheremo per lui.
di Viviana Daloiso
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