di Katia Dellagiacoma - Nei giorni 20 e 21 Aprile a Trento nella sede della…
PREDAZZO – Gli ingredienti della bella storia di Claudia Griot sono un licenziamento improvviso, dell’iniziale preoccupazione, un libro, tanta voglie di reagire e di mettersi in gioco, altrettanto estero, una buona dose di inglese e di Londra ed un pizzico di fortuna.
La combinazione di tutti questi ingredienti ce la racconta direttamente questa giovane di Predazzo che da due anni a questa parte ha rivoluzionato la propria vita passando dal disagio del lavoro che non c’è più e tutto quello che non ne consegue ad una felicità ora si spera duratura.
Claudia, come comincia la tua storia?
Sono di Predazzo e un paio d’anni fa sono stata licenziata dallo studio tecnico dove lavoravo da quattro anni e mezzo. Avevo una casa ed una macchina da pagare, ho cercato altri lavori in zona ma senza esito. Non sapevo veramente cosa fare e come far fronte alle spese. Poi è arrivato un libro, “L’uomo che voleva essere felice” di Laurent Gounelle, un libro che, sottolineano le recensioni, è capace di cambiare la vita. E con me ha funzionato.
In che modo?
Ho deciso di reagire, di mettermi in gioco, di andare in cerca di lavoro all’estero ed ho scelto Londra per imparare anche l’inglese.
Lì come è andata?
Ho iniziato come lavapiatti in un ristorante giapponese che, dopo due settimane, dalla sera alla mattina è sparito. Ci ho rimesso la paga ma per fortuna lavoravo da poco. Quindi ho lavorato per nove mesi in un ristorante italiano come cameriera, poi, siccome lavoravo con italiani e quindi non imparavo l’inglese, ho deciso di andare negli Stati Uniti per cinque settimane e ho visto tanti posti splendidi.
Poi però non sei rimasta negli States?
No, sono tornata a Londra e ho lavorato per un mese in un ristorante turco dove mi pagavano poco, allora ho trovato lavoro in un wine bar per tre mesi. Quel lavoro mi piaceva ma, per caso, il giorno di Natale dell’anno scorso ero a casa da sola e mi sono messa a guardare le opportunità di lavoro su internet. Ho trovato un annuncio dove cercavano cameriere ed hostess per il catering di un team di Formula 1, la Sahara Force India. Ho compilato la cover letter col curriculum e l’ho inviata ma senza molta convinzione.
Ed invece?
Il giorno dopo mi arriva una telefonata da Oxford del responsabile della società che mi chiede quando potevamo fare il colloquio. La cosa è avvenuta pochi giorni dopo. Ci siamo trovati con lui e la moglie in un bar di Oxford, abbiamo parlato due ore a ruota libera e poi mi hanno detto che mi avrebbero fatto sapere. Sono tornata a casa con la sensazione che il colloquio fosse andato bene ma senza tante aspettative. Poi il 31 dicembre alle sette di sera mi arriva un sms dove si diceva “ciao Claudia, ti vogliamo con noi per la stagione 2014 di Formula 1″.Che augurio di buon anno.
Poi cosa è successo?
In poco tempo ho dovuto lasciare lavoro e casa a Londra e ho dovuto fare un bel po’ di documenti. A inizio febbraio sono venuta per due settimane a Predazzo e poi l’avventura è partita. Mi sono presentata all’aeroporto di Heathrow con due borse e lì per la prima volta ho conosciuto i miei nuovi colleghi ed ho ricevuto la borsa del team con le divise da lavoro. Poi siamo partiti per il Bahrein per il primo test del team.
L’esordio come è stato?
Lì è stata dura. Siamo stati in Bahrein due settimane lavorando ogni giorno dalle 4 di mattina alle 10 e mezza di sera. E’ stato un test duro anche per me ma alla fine l’ho superato.
Il tuo lavoro in cosa consiste?
Assieme ad altri mi occupo di bar e ristorante del team. Se siamo in Europa lavoriamo in un motorhome di tre piani, che sono nove autoarticolati assemblati, e lì io lavoro a piano terra nell’area dedicata agli ospiti del team. Fuori dall’Europa lavoriamo in un locale dell’hospitality dell’autodromo che dobbiamo attrezzare ed arredare totalmente e lì gli spazi tra team ed ospiti sono comuni.
Quanti viaggi hai fatto in dieci mesi?
Circa un ventina. A volte, tra una gara e l’altra c’era solo una settimana e allora non rientravamo a Londra ma andavamo per alcuni giorni in vacanza. Per dire sono stata a Bali tra i gran premi di Singapore e Giappone oppure a Rio de Janeiro prima del gran premio del Brasile.
Si può dire che hai fatto il giro del mondo?
Sicuramente. Sono stata in Australia, Bahrein, Malesia, Giappone, Cina, Singapore, Italia, Spagna, Francia, Germania, Inghilterra, Austria, Belgio, Stati Uniti, Brasile, Abu Dhabi, Russia, Ungheria.
La tua giornata tipo?
Parlerei di settimana tipo. Dal lunedì al giovedì si comincia verso le 8.30, si prepara l’area, si fa una spesa gigantesca e si lavora solo per il pranzo e, qualche volta, per la cena. Venerdì, sabato e domenica si lavora per colazione, pranzo e cena, si comincia verso le 4 del mattino e non si sai mai fino all’ultimo quando si finisce. Dormi cinque ore o magari nessuna. Ma non ci fai caso perché lavori in un bell’ambiente, vedi tante cose e conosci tanta gente. Poi, negli spazi di tempo libero puoi anche visitare le città e anche queste occasioni non me le sono lasciate scappare.
Che bilancio fai di questa tua esperienza?
Lavorare in Formula 1 è la ciliegina sulla torta. Io sono contenta di lavorare soprattutto in un contesto dove si parla inglese e si conosce molta gente. Perchè imparo molto. Inoltre posso dire che questo ambiente, che a molti potrebbe sembrare snob, di fatto non lo è. Poi ho conosciuto tante persone che lavoravano nei servizi tipo pulizie ed altro con orari assurdi e paghe bassissime ma tutti orgogliosi e che mi hanno trasmesso ottimi ricordi e messaggi. Come una signora che ho conosciuto a Singapore. Lei faceva le pulizie all’autodromo con turni di 12 ore a 25 euro la settimana facendo ogni giorno ore e ore di pullman dalla Malesia e nonostante questo mi ha aiutato con il lavoro all’hospitality. Tante belle esperienze.
Che tipo di cucina proponete? Soprattutto indiana?
Non si può definire indiana, ci sono spezie o specialità di quella cucina arrangiate però allo stile inglese.
Aneddoti da raccontare?
Ne avrei molti. Alcuni riguardano personaggi noti dell’ambiente ai quali ho chiesto il nome ma d’altra parte io prima di quest’anno la Formula 1 non l’avevo mai seguita.
I gran premi riuscivate a seguirli?
In certi circuiti la nostra hospitality era vicina ad un punto della pista e allora riuscivamo a vedere qualcosa. Tipo in Belgio dove eravamo vicini alla zona di partenza. Ma di norma lo vedevamo in tv.
Quali sono i posti che ti sono piaciuti di più?
A parte San Paolo in Brasile dove c’è un traffico pazzesco e l’hospitality è molto piccola, quasi tutti gli altri e soprattutto quelli in Oriente perché tutto è diverso rispetto a qui.
Lavorerai anche il prossimo anno alla Sahara Force India?
A gennaio saprò se la società di catering del mio capo avrà avuto la conferma del contratto dal team e lui fin d’ora mi ha confermato che se si va avanti farò ancora parte della squadra. Altrimenti penso che me ne andrò per un anno in Australia per continuare ad imparare l’inglese.
- Michele Zadra
Questo articolo è già stato letto 46375 volte!