Compleanno del Papa: la promessa da ragazzo e le sofferenze di oggi

Da il 15 aprile 2009

papaBenedettoXVI Compleanno del Papa: la promessa da ragazzo e le sofferenze di oggi“Alla vigilia della mia Ordinazione sacerdotale, 58 anni fa, ho aperto la Sacra Scrittura, perche’ volevo ricevere ancora una parola del Signore per quel giorno e per il mio futuro cammino da sacerdote. Il mio sguardo cadde su questo brano: ‘Consacrali nella verita’, la tua parola e’ verita’”.
Benedetto XVI ha aperto il suo cuore nell’omelia della messa crismale celebrata giovedi’ scorso con i sacerdoti della diocesi di Roma, e i vescovi e cardinali della Curia.
“Allora – ha confidato il Pontefice – seppi: il Signore sta parlando di me, e sta parlando a me”.
Alla vigilia dell’82esimo compleanno di Joseph Ratzinger, questa confidenza sul suo sentirsi investito del dovere della verita’ a qualunque prezzo ci aiuta a comprendere perche’ sia rimasto sereno, sebbene investito da una bufera politico-mediatica davvero senza precedenti.
L’anziano Papa tedesco, davanti alle reazioni suscitate dalle sue parole sull’Aids (diffuse in modo incompleto dai giornalisti al seguito), “non era – ha spiegato il suo portavoce Federico Lombardi in un’intervista a Zenit.org – particolarmente infastidito dal clamore e ha alluso alle altre volte in cui molti media occidentali si sono aggrappati a qualche aspetto della dottrina della Chiesa per speculare su di esso”.
Per il Pontefice, gli uomini di oggi sono “come pecore senza pastore”, come ha rilevato sabato notte nella Veglia di Pasqua.
Ci chiediamo, ha detto, “dove dobbiamo andare?
Quali sono i valori, secondo cui possiamo regolarci?
I valori – cioe’ – secondo cui possiamo educare i giovani, senza dare loro delle norme che forse non resisteranno o esigere delle cose che forse non devono essere loro imposte”.
Il giorno dopo, nel Messaggio di Pasqua, Benedetto XVI si e’ detto convinto che solo “la Luce della verita’” puo’ sconfiggere i grandi mali del mondo, sulla linea della “Veritatis Splendor” alla quale molto il card. Ratzinger aveva collaborato.
Ma per tutto questo – Papa Wojtyla lo aveva spiegato nell’Angelus del 19 luglio 1994 dal Policlinico Gemelli dove era ricoverato – c’e’ un prezzo da pagare: “Deve essere aggredito il Papa, deve soffrire il Papa, perche’ ogni famiglia e il mondo vedano che c’e’ un Vangelo, direi, superiore: il Vangelo della sofferenza, con cui si deve preparare il futuro, il terzo millennio delle famiglie, di ogni famiglia e di tutte le famiglie”.
Era la vigilia della Conferenza Onu del Cairo sulla famiglia, dove la Santa Sede riusci’ a far pesare il suo dissenso sull’aborto considerato come un metodo per la pianificazione familiare e un presidio per la salute delle donne. E Giovanni Paolo II ritenne che le sue sofferenze fisiche fossero un prezzo equo da pagare per questo scopo.
Diverse iniziative erano state intraprese dalla Chiesa per l’Anno della Famiglia, aveva ricordato. E subito dopo aveva aggiunto: “ma ho visto che non basta: bisognava introdurla con la sofferenza, con l’attentato di tredici anni fa e con questo nuovo sacrificio.
Perche’ adesso, perche’ in questo anno, perche’ in questo Anno della Famiglia?
Appunto perche’ la famiglia e’ minacciata, la famiglia e’ aggredita”.
Dodici mesi fa il compleanno di Benedetto XVI era stato un vero trionfo: ci fu una grande festa per lui alla Casa Bianca (era appena iniziata la sua straordinaria visita negli Stati Uniti) e i media di tutto il mondo gli resero omaggio.
Nei mesi scorsi, pero’, la sua immagine, denuncia in un documento la Conferenza Episcopale Regionale dell’Africa Francofona, e’ stata “dileggiata” attraverso una “manipolazione oltraggiosa e pianificata” delle sue parole: “frasi tolte dal loro contesto e oggetto di pronunciamenti irriverenti e ingiuriosi”.
“La successione – scrive Le Figaro – in questo trimestre di tre incidenti, la levata di scudi dopo il perdono concesso anche al vescovo negazionista Williamson, la questione dell’aborto di una ragazza brasiliana violentata dal patrigno e la risposta sul preservativo e l’Aids in Africa, ha seminato un’agitazione senza precedenti, tanto nella Chiesa che nel mondo: un tipo di crisi di fiducia che conduce a porsi domande sulla credibilita’ di Benedetto XVI”.
Il quotidiano francese non li cita, ma abbiamo assistito di recente ad almeno due altri episodi inquietanti: un’intervista dell’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, mons. Celestino Migliore, nella quale il diplomatico vaticano esprimeva riserve riguardo ad uno specifico passaggio della risoluzione dell’Unione Europea per la depenalizzazione dell’omosessualita’ (che avrebbe portato a una censura dei paesi che non ritengono equiparabili i diritti delle coppie gay a quelli delle famiglie) e’ stata presentata dai media come se il Vaticano volesse la pena di morte e il carcere per gli omosessuali e i dati dell’afflusso dei fedeli agli incontri con il Papa sono stati diffusi dal Vaticano stesso in modo incompleto, senza evidenziare cioe’ che le udienze generali nel 2008 erano di meno di quelle del 2007 perche’ il Pontefice stava incontrando i fedeli in altri luoghi del mondo (ad esempio a Sydney, in Australia, dove 400 mila ragazzi hanno partecipato alla Gmg dello scorso luglio) con il risultato che i media hanno recepito l’immagine di un Papa abbandonato dalle folle.
Il che non e’ affatto vero, visto che il giorno di Pasqua circa 200 mila fedeli erano presenti in piazza San Pietro e dintorni per la benedizione Urbi et Orbi.
Alle reazioni per il perdono concesso ai lefebvriani, Ratzinger ha risposto con la lettera ai vescovi di tutto il mondo che il prof. Giorgio Israel, docente di storia della matematica alla Sapienza di Roma e ebreo da sempre impegnato nel dialogo con la Chiesa Cattolica (che era pero’ tra i piu’ arrabbiati all’indomani della revoca della scomunica) ha definito “un documento davvero straordinario e destinato a passare alla storia” per “il tono appassionato con cui il Pontefice ha messo a nudo il suo animo e le intenzioni che lo hanno guidato nell’affrontare questa vicenda” e il suo “grazie agli amici ebrei” che per primi hanno compreso le sue reali intenzioni.
E Le Monde ha chiarito, sia pure con settimane di ritardo, la reale portata dell’affermazione sui preservativi, sottolineando che il Papa, in modo “realistico e giusto ci interroga su una visione della prevenzione limitata al solo preservativo.
Adotta un punto di vista antropologico e morale, comprensibile da tutti, per criticare un orientamento unicamente tecnologico che, da solo, non e’ in grado di arrestare la pandemia, come ha notato anche a suo tempo l’Onu”.
Posizione quasi ignorata dagli altri giornali che hanno finito per dare ragione alla dura analisi dei vescovi africani, per i quali spesso “l’informazione si trasforma in un sensazionale scandalismo per attaccare la Chiesa”.
Ma le preoccupazioni del Papa sono ben altre rispetto al successo della sua immagine.
“In questo 2009 – commenta il teologo Marco Doldi in una nota del Servizio Informazione Religiosa – non mancano i sepolcri: il dramma del terremoto in Abruzzo, gli immigrati che muoiono in mare, i conflitti in Medio Oriente e in tante altre parti del mondo, la crisi economica, che tocca cosi’ da vicino tante persone anche in Italia, e, ancora, le morti dell’anima: il materialismo, il nichilismo”.
Per parlare di Pasqua in modo credibile il Papa e’ partito proprio da queste realta’ del mondo di oggi.
L’esaltazione della liberta’ individuale che sembra dominare la cultura contemporanea ha radici in una visione dell’uomo molto pericolosa, quella di Friedrich Nietzsche (considerata l’ispiratrice del nazismo), ha osservato criticando “le opinioni predominanti” sul tema della liberta’ e sottolineando che “i criteri secondo cui ci misuriamo” rimangono “in fin dei conti, nella superficialita’ di tutto cio’ che, di solito, s’impone all’uomo di oggi”.
Il suo monito contro “la superbia distruttiva e la presunzione, che disgregano ogni comunita’ e finiscono nella violenza”, rischia pero’ di restare inascoltato: di fatto i giornali e tv non lo hanno veicolato.
Il Papa pero’ va avanti per la sua strada: “la scelta della verita’ – ha detto – rappresenta un sigillo che puo’ diventare per noi un giudizio di condanna, se la nostra vita non si sviluppa entrando nella verita’”.
Testimoni di questa verita’ sull’uomo annunciata al Vangelo “li troviamo continuamente anche nel nostro quotidiano: persone che sono una sorgente ma conosciamo anche il contrario: persone dalle quali promana un’atmosfera come da uno stagno con acqua stantia o addirittura avvelenata”.

(AGI) – CdV, 14 apr. (di Salvatore Izzo)

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