Si ricordano le proposte quaresimali parrocchiali: la preghiera ogni domenica ad ore 15.30 in chiesa,…
Carissimi/e amici/che,
dopo piú di un mese dal mio rientro in Brasile posso finalmente mandare alcune impressioni sulla nuova missione di Taracuá: per prima cosa, non c’é ancora la connessione con internet ed é per questo che sto scrivendo da S. Gabriel , dove sono arrivato ieri per partecipare all’ordinazione sacerdotale di un salesiano, Reginaldo, della tribu Arapaso e abitante di Yauareté, la parrocchia succesiva a Taracuá sul rio Vaupés.
Sará il secondo prete salesiano indigeno, dopo che vari hanno lasciato il ministero negli anni scorsi (e di diocesano non ne é rimasto nessuno).
Quindi é un avvenimento importante e da circondare con molta preghiera: ieri sera c’é stato un bel culto indigeno di benedizione e propiziazione da parte di un pajé, dei suoi familiari e vari strumentisti e danzanti della sua tribu con consegna del cocar (ghirlanda di piume) e altri oggetti simbolici.
Il mio arrivo a Taracuá é stato esattamente un mese fa: con un motoscafo supercarico di cose e combustibile, sono arrivato dopo 8h di viaggio, di cui una sotto una forte pioggia, di fronte alla quale la piccola tettoia della barchetta non poteva fare molto… Ad aspettarmi c’era un’anziana suora salesiana italiana, suor Virginia (l’altra é in ferie in Italia e la terza, brasiliana, é tornata dal ritiro 20 gg fa), ed alcuni chierichetti che mi hanno aiutato a portare i bagagli nel casarone parrocchiale: é l’antico collegio salesiano trasformato in oratorio e abitato ora solo da me, e durante il giorno occupato provvisoriamente dagli alunni della scuola che é in restrutturazione fino a dicembre.
Dal secondo piano di questo casermone, dove ci sono varie stanze per alloggiare ogni tanto missionari e altre persone che sono di passaggio, si domina quasi tutto l’abitato che si stende solo sulla destra, lungo la grande curva del fiume. L’impressione é di un paesello di circa 500 abitanti diviso in 4 rioni o “vilas” ciascuno con un proprio centro comunitario. Le case sono in maggioranza con pareti di fango sostenuto da un intreccio di paletti di legno e il tetto é quasi sempre di onduline di alluminio: sto visitando le famiglie per cominciare a conoscere le persone; in questo periodo c’é un po’ di gente di fuori perché c’é stato un corso di aggiornamento per professori di tutta la zona chiamata triangolo tukano, da qui fino ai confini con la Colombia e c’é un buon gruppo di operai che stanno ristrutturando la scuola e facendo la pavimentazione delle strade con placche di cemento; l’impresa ha anche una camionetta e usa il piccolo trattore della missione per trasportare i materiali; il resto del traffico sono alcune biciclette e parecchi cani;
Il passaggio dei salesiani é evidente nelle costruzioni imponenti della chiesa, dei due ex collegi maschile e femminile, del dispensario, e nell’arsenale di macchinari e ferramenta che si trovano nei vari depositi: si capisce che un tempo funzionava una falegnameria, un torno, una sartoria; ci sono vari cimeli di apparecchi audiovisivi e una catasta di macchine da scrivere: ci sarebbero tante cose per fare un museo dell’uomo bianco del secolo scorso…
Per fortuna la casa dove vivo e la chiesa sono state ristrutturate recentemente e sono ben equipaggiate: oltre le 3 ore giornaliere di luce elettrica (dalle 6.30 alle 9.30 di sera normalmente) posso usufruire di un sistema di energia a batteria con ricarica a pannelli solari di 12 volt.
Anche il sistema di acqua é funzionante in casa sfruttando una piccola sorgente della collina soprastante.
La differenza con Iranduba sta essenzialmente nella mancanza di negozi: qui ci sono solo due bottegucce con alcuni generi di prima necessitá e supercari; per questo, quando si va al centro diocese si approfitta per fare rifornimento, anche se pure qui i prezzi sono molto piú alti che a Manaus.
La gente é molto piú riservata che il brasiliano normale: anche se l’influsso della cittá si fa sentire nell’abbigliamento e negli apparecchi elettronici; quasi tutte le case del centro hanno tv che funziona solo con antenna parabolica; ci sono 8 telefoni pubblici di cui 2 piú o meno in funzione.
Nelle comunitá isolate la vita é piu semplice e tradizionale, conforme al grado di contatto con la civilizzazione.
La prima domenica mi hanno accolto con la tradizionale “quinhapira”, brodo di pesce piccante in cui si intinge il beju (una specie di omelette di farina di tapioca): bevanda tipica é il chibé (acqua con farina gialla di mandioca) e nelle feste il caxiri, fermentato con un certo grado alcoolico.
Uno dei problemi maggiori sono proprio le feste, come l’ultima domenica la festa dei papá, dove l’alcoolismo provoca sempre qualche incidente…
Ci sono solo 2 ministri straordinari dell’eucaristia, ma ogni rione ha il suo catechista per la preghiera nei giorni di lavoro comunitario;
C’é ancora un buon costume del sacramento della confessione anche se parecchi anziani si confessano nella lingua locale.
La cosa piú bella é lo spirito comunitario e di condivisione che si vede nella gente nelle frequenti confaternizzazioni.
Per oggi mi fermo qui, ringraziando tutti/e voi della simpatia e amicizia in occasione della vacanza in Italia e del vostro continuo accompagnamento nella preghiera: un saluto speciale al gruppo missionario di Predazzo e a tutti i parrochiani!
Arrisentirci al prossimo viaggio e buon ferragosto a tutti. Ciao, d. Bruno
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