PREDAZZO - Mentre i consigli comunali di Fiemme si preparano a discutere (ed eventualmente approvare)…
Il 24 ottobre si vota per il rinnovo delle istituzioni locali che hanno sostituito i vecchi Comprensori. Un appuntamento che riguarda circa 500 mila abitanti ma sul quale la mancanza di informazione è alta. Vediamo allora di saperne di più
[calameo code=000195356b6dbda50636a lang=it width=100% height=400]
Partiamo dall’informazione più elementare: cosa sono le Comunità di Valle? Domanda che sembra banale (visto che le Comunità già esistono), ma basterebbe svolgere un piccolo sondaggio tra i cittadini per comprendere che sono davvero in pochi gli aventi diritto al voto che sanno davvero che cosa andranno ad eleggere il prossimo autunno.
Le Comunità (15 in tutto, cui va aggiunta la val d’Adige nel cui ambito il Comune di Trento trasferirà le competenze previste ai comuni di Aldeno, Garniga Terme e Cimone) sono le istituzioni territoriali che la legge 16 giugno del 2006 («Norme in materia di governo del Trentino») ha creato per sostiuire i Comprensori. L’obiettivo è quello di portare l’esercizio delle funzioni amministrative al livello istituzionale più vicino al cittadino, ma finora solo cinque comunità (Primiero, Giudicarie, Alta Valsugana, valle di Non e valle di Fiemme) hanno recepito e iniziato ad esercitare le nuove deleghe.
Le Comunità di valle sono formate dai Comuni compresi negli ambiti territoriali individuati in accordo tra Provincia e Autonomie locali. Ce ne sono di piccole (la Paganella che comprende solo 5 comuni) e di enormi (la val di Non e le Giudicarie con 38 e 39 comuni) ma i principi di sussidiarietà valgono per tutti in modo uguale: trasferimento di competenze e funzioni dal centro alla periferia, dalla Provincia ai territori.
Le nuove competenze, appunto. La legge le individua nelle seguenti: politiche della casa; servizi pubblici locali; politiche sociali e urbanistica. Queste funzioni verranno gestite dai Comuni in forma associata, restando invariate le competenze che già ora i Comuni esercitano da sé.
L’appuntamento elettorale del prossimo 24 ottobre servirà per rinnovare una parte degli organi delle Comunità. Il presidente e i tre quinti delle assemblee saranno eletti in forma diretta, dal popolo. La parte restante (i due quinti) viene invece eletta in modo indiretto, tramite scelta di un rappresentante per ciascun Comune che rientra nell’ambito territoriale della Comunità. La nomina dovrà avvenire entro 30 giorni dalle elezioni con il voto favorevole di 3/4 dei consiglieri per le prime due votazioni e del 50% più 1 nella terza. Il sistema elettorale è quello che vale per i comuni sopra i 3000 abitanti (quindi con eventuale ballottaggio) e con liste tra cui l’elettore potrà dare fino a due preferenze, a patto che siano di genere diverso. La legge elettorale prevede che le liste debbano contenere un numero minimo e massimo di candidati legato al numero dei comuni che formano la Comunità. In quelle più grandi dunque – come le Giudicarie o la val di Non – gli elettori si troveranno di fronte a liste con decine e decine di candidati (fino a 78) per l’elezione di assemblee che potranno avere fino a 99 membri. Dei «mostri» dentro ai quali si dovrà trovare una difficile sintesi in vista di scelte sovracomunali.
Ovviamente, le Comunità di valle avranno anche dei costi. In base alla legge regionale sulle indennità, il gettone di presenza che spetta agli amministratori locali (per le Comunità un esercito di oltre 530 consiglieri) è di 40 euro a testa a seduta. I conti sono presto fatti. Per quanto riguarda le indennità di carica dei presidenti si va dai 3.533 euro (lordi) dei presidenti delle comunità più vaste, ai 2.891 delle più piccole.
Tra le varie forme di incompatibilità previste dalla legge istitutiva per i membri delle nuove assemblee, ce n’è una che ha sollevato forti dubbi di incostituzionalità. E’ quella che prevede l’obbligo di dimissioni dei consiglieri comunali eletti nelle Comunità. Lo stesso obbligo non vale se il consigliere comunale è nominato dal suo Comune in seno alla stessa assemblea. Una disparità di trattamento che potrebbe determinare ricorsi alla Corte Costituzionale per violazione del principio di uguaglianza.
Questo articolo è già stato letto 5243 volte!