Aperta una via preferenziale per gli italiani verso la Marcialonga di Fiemme e Fassa 2015.…
Mostre, spettacoli e testimonianze per festeggiare il 200° compleanno di Don Bosco nelle valli di Fiemme e Fassa.
Mostra “La società dell’allegria” 04 – 11 novembre 2015 presso l’Oratorio parrocchiale di Ziano e sabato 07 novembre alle ore 20.30 Spettacolo: Viva Don Bosco tratto dal recital di Borchia e Gonzo adattamento e regia di Donato Dellagiacoma realizzato dal Coro Giovanile, dagli animatori e ragazzi dell’Oratorio di Predazzo. Altri eventi a Pozza di Fassa con canti, mostra e testimonianze.
LA SOCIETA’ DELL’ALLEGRIA.
L’oratorio di don Bosco: «Questa è la mia casa!»
«Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri». Questo motto di don Bosco è il cuore pulsante della vita che animerà lo spazio del Villaggio Ragazzi dedicato al “suo” oratorio. Attraverso l’incontro con il santo torinese, gli episodi della vita, l’amore incondizionato verso i giovani, la mostra sarà il modo per scoprire e conoscere, in occasione dell’inizio dei festeggiamenti per i duecento anni dalla sua nascita, un uomo che ha portato lo sguardo di Cristo ai più fragili ed emarginati delle periferie del mondo.
«Questa è la mia casa» è l’iscrizione che campeggia sulla porta della povera casa di san Giovanni Bosco ai Becchi in Piemonte, a una ventina di chilometri da Torino. Può sembrare una frase banale, per indicare le quattro mura dove è nato e vissuto per i primi anni. In realtà queste parole dicono tutta la semplicità con cui si sono svolti i fatti miracolosi di una vita toccata dal Mistero in modo straordinario. Ed è proprio qui il miracolo: nella quotidianità di rapporti familiari è nata la storia del “saltimbanco” che diventò sacerdote e abbracciò migliaia di giovani in tutto il mondo.
Tutto ebbe inizio da una collina sperduta, poche case, una cascina dove si lavorava duro tra i campi e il bestiame. Giovanni è nato alla periferia dell’esistenza, dove ogni giorno non era mai dato per scontato e si doveva sudare per vivere. Suo padre Francesco Bosco lo sapeva bene: al ritorno da una dura giornata di lavoro, fradicio di sudore, va nella cantina del padrone. Qui viene colpito da una violenta febbre che non gli lascerà scampo. «Eccoti senza padre!» dice la madre al piccolo Giovanni, che ha solo due anni. «È il primo ricordo della mia vita di cui tengo memoria» dirà da grande.
Tra questi campi, cresce sotto lo sguardo fermo ma pieno di amore di mamma Margherita che gli insegnerà a credere in quel Dio che ha creato la notte e il cielo stellato, i prati fioriti e il grano con cui fare il pane. Giovanni e i suoi fratelli impareranno a ringraziare il Signore che si prende cura di loro e che la madre prega con semplicità e confidenza: «il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Lui sa il perché. Se siamo stati cattivi, ricordiamoci che con Dio non si burla».
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