- Di Alessandro Ghezzer -
Quando ho iniziato a sciare, verso gli anni ‘70/80, i cannoni da neve praticamente non esistevano. La neve naturale c’era sempre.
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Si è iniziato ad usare l’innevamento artificiale in modo sporadico per innevare tratti di pista “difficili”, magari esposti a sud, o piste a bassa quota dove la neve non durava abbastanza.
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Nel giro di pochi decenni la scarsità di neve ha fatto diventare l’innevamento artificiale da marginale a strutturale: oggi le piste sono quasi tutte innevate artificialmente.
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Quindi, riassumendo:
- 1° problema: non c’è più neve naturale, la fabbrichiamo in casa
- 2° problema: non c’è abbastanza acqua, fabbrichiamo bacini di accumulo
- 3° problema: non c’è più il freddo, fabbrichiamo bacini più grandi per sfruttare le “finestre” di freddo sempre più corte.
Impianti del Buffaure, novembre 2017
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Alla faccia della lungimiranza
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Siamo a un drammatico raschiamento del fondo del barile: il cambio di clima dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, oltretutto dura ormai da decenni, eppure si va avanti ciecamente ancora nell’industria dello sci, investendo montagne di quattrini, spesso pubblici.
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Con l’aggravante di incidere ancora più pesantemente sull’ambiente: prosciugando torrenti, sorgenti, falde, danneggiando flora e fauna, consumando enormi quantità di energia, di acqua, consumando suolo e distruggendo ancora paesaggio.
Cannone sparaneve al Buffaure
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La strategia è chiara:
bacini di innevamento sempre più grandi Dunque il freddo naturale è diventato anch’esso una “risorsa” sempre più scarsa, che bisogna sfruttare velocemente quando c’è. Infatti è scattata la corsa a nuovi bacini per varie stazioni di sci: Folgaria, Panarotta, Bondone, Pampeago, Castrozza eccetera. Molte sono le stazioni decotte che in questo modo sperano, con l’ennesimo aiuto finanziario della Provincia, di sopravvivere o almeno di prolungare l’agonia.
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Tirare a campare,
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questo sembra essere l’imperativo di tutti, perché cambiare modo di pensare, trovare delle alternative per uscire dal tunnel dello sci a tutti i costi non è contemplato da nessuno.
La vicenda di Passo Rolle – La Sportiva è tragicamente illuminante di quanto politici e impiantisti nella loro irrimediabile cecità vadano sempre a braccetto.
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Il bacino per l’innevamento di Montagnoli da 200.000 metri cubi è il più grande d’Italia. Il nuovo invaso è in grado di innevare le piste in sole 120 ore di freddo sfruttando al massimo le basse temperature.
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Francesco Bosco direttore Funivie Campiglio
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Francesco Bosco: “Il fine è quello di poter avere acqua in quantità per permetterci di innevare le nostre piste.
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Uno dei problemi grossi di Campiglio… è che noi prima della realizzazione del bacino avevamo solo 13.000 metri cubi di acqua stoccata che era niente, assolutamente niente… perché una della situazioni che si è venuta a creare in questi anni e l’abbiamo verificata sia questo inverno che l’inverno scorso, è che le finestre…come le chiamiamo noi le “finestre di freddo”, arrivano molto velocemente, ma anche molto velocemente se ne vanno via. Perciò nel giro di una settimana… tu devi avere moltissima acqua da poter sparare per innevare il maggior numero di piste”.
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Naturalmente resta la domanda fondamentale: ingrandiremo via via negli anni i bacini di innevamento proporzionalmente alla riduzione delle finestre di freddo?
E quando il freddo non ci sarà più del tutto e sarà impossibile fabbricare neve, cosa faremo di tutta l’inutile ferraglia con cui abbiamo ricoperto e devastato tutte le nostre montagne?
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Alessandro Ghezzer
Pista senza neve nella splendida Val Jumela in Val di fassa, sacrificata sull’altare dello sci
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Commenti
commenti
livio Morandini
5 novembre 2017 at 10:11
Pur vedendo il terreno franarci sotto i piedi non vogliamo fare un passo indietro per andare avanti.
Enrico Foggiato
8 novembre 2017 at 23:57
Sono perfettamente d’accordo con quanto scritto (in maniera succinta ma efficace) dal sig. Livio Morandini. E purtroppo si parla ancora di nuovi impianti tra l’altro molto costosi.
federico corradini
9 novembre 2017 at 20:29
Ciò che mi stupisce di più è che i cambiamenti ti climatici riguardano un arco temporale almeno trentennale e fino ad ora l’unica soluzione delle classi dirigenti qual è stata: assecondare le richieste delle categorie economiche. Senza mai chiedersi se questa era un bene per la nostra Terra e per le generazioni future .grazie mille. .
marietto
22 dicembre 2017 at 22:05
chi ha detto no al piano de la sportiva è uguale a chi ha smantellato la ferrovia di fiemme