In occasione della festa di san Giovanni Bosco, che si celebra il 31 gennaio, per…
“Quando i mayi-mayi attaccarono il mio villaggio, scappammo tutti via. Durante la fuga, i soldati catturarono tutte le ragazze, anche quelle molto giovani. Una volta che sei nelle loro mani, sei costretta a ‘sposare’ uno di loro, non importa se è vecchio come tuo padre o se è giovane, se è bello o brutto… sei costretta ad accettare. Se ti rifiuti, ti uccidono. È accaduto a una delle mie amiche. Ti sgozzano come galline e neanche seppelliscono i corpi. Ho visto personalmente torturare una ragazza che non voleva ‘sposarsi’…”. E’ la testimonianza – raccolta da Amnesty International, pubblicata nel 2006 – di Jasmine, 16 anni, arruolata da un gruppo armato mayi-mayi del Kivu meridionale quando ne aveva 12.
In vista del 4 giugno – Giornata Internazionale dei Bambini Innocenti vittime di aggressioni –ricordiamo la piaga dei bambini costretti ad uccidere e a farsi uccidere: i bambini-soldato.
Il rapporto della Coalizione internazionale “Stop all’uso dei bambini soldato!”, denuncia che il fenomeno dell’utilizzo di minori di 18 anni nei conflitti interessa 86 Paesi e territori e comprende: l’arruolamento illegale da parte di gruppi armati, l’arruolamento forzato da parte delle forze governative, l’arruolamento o l’utilizzo di bambini nelle milizie o altri gruppi alleati con le forze armate, il loro utilizzo come spie, l’arruolamento nell’esercito regolare in tempo di pace.
Secondo il rapporto, in almeno 14 paesi i bambini sono stati reclutati da forze armate non ufficiali: forze ausiliarie alleate degli eserciti nazionali; gruppi armati locali di difesa istituiti per dare supporto alle operazioni antiinsurrezionali; milizie o gruppi armati agenti per conto delleforze governative. In almeno 8 paesi, i bambini sono stati utilizzati dal governo come spie e per altre operazioni di intelligence, “mettendoli a rischio di rappresaglie, e trascurando completamente la loro responsabilità, in qualità di Stati, di assicurare protezione e supporto nel reinserimento”.
Il Myanmar (ex Birmania) continua a reclutare un grande numero di bambini nelle proprie forze armate e ad utilizzarli in una serie di ruoli da combattenti e non combattenti. Anche un rapporto di “Human Rights Watch”, denuncia che la giunta militare birmana abbia autorizzato i reclutatori a comperare bambini (alcuni dell’età di dieci anni), a volte sottraendoli con forza alle famiglie. I bambini-soldato sono reclutati principalmente in luoghi pubblici, come le fermate d’autobus e spesso i piccoli sono convinti con minacce d’arresto a seguire i militari. In una testimonianza raccolta da “Human Rights Watch”, Maung Zaw Oo, racconta come per la seconda volta fu costretto a entrare nelle milizie Tatmadaw Kyi della Birmania nel 2005: “Riempirono il modulo e mi chiesero l’età ma quando dissi che avevo 16 anni, lui mi diede uno schiaffo e disse: ‘Tu ne hai 18. Rispondi 18’. Mi fece di nuovo la domanda e io risposi ‘ma questa è la mia vera età’. Il sergente chiese allora: ‘Perché sei entrato nell’esercito?’. Io risposi: ‘Contro la mia volontà. Sono stato catturato’. Allora mi disse: ‘Ok, tieni la bocca chiusa’, e riempì il modulo. Io volevo tornare a casa e lo domandai ma loro si rifiutarono. ‘Per favore’, chiesi, ‘fatemi almeno fare una telefonata’. Ma dissero no anche a questo”.
In Chad, nel 2006 – sostiene il rapporto – i bambini sono stati oggetto di un rastrellamentoper poi essere utilizzati nella difesa della capitale contro i gruppi armati. “Human Rights Watch”, nel settembre 2008, si è rivolto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite perché faccia pressione sul governo del Chad per liberare i bambini soldato e impedirne il reclutamento e ha diffuso una testimonianza di un ufficiale dell’esercito nazionale, che ha affermato: “I bambini soldato sono ideali perché non si lamentano, non si aspettano di essere pagati e se dici loro di uccidere, loro uccidono”.
Per la Coalizione, è “presumibile” che in Somalia, il governo federale di transizione abbia reclutato e utilizzato bambini durante gli intensi combattimenti verificatisi per il controllo di Mogadiscio alla fine del 2006. Anche l’UNICEF denunciò che in Somalia i bambini-soldato venivano arruolati sia dalle forze islamiche ribelli sia dal governo di transizione.
In Sudan, i bambini sono stati utilizzati in Darfur dalle forze armate sudanesi e, nel sud, dal Fronte Popolare Sudanese di Liberazione (Sudan People’s Liberation Army -SPLA), dice il rapporto della Coalizione – l’UNICEF valuta che siano almeno 7.000 i bambini che potrebbero essere collegati alle fila armate presenti nella regione – mentre in Uganda, i bambini che fuggivano dalla Lord’s Resistance Army (LRA), o che venivano catturati o rilasciati da quest’ultima, venivano persuasi affinché si unissero alle forze governative di difesa per combattere contro l’LRA: “Io sono stata rapita in un campo in pieno giorno. Dovevamo camminare tutto il tempo e procurare cibo per i ribelli”, ha detto Ester, una bambina di 14 anni, in una testimonianza raccolta da “Save the Children”.
In Yemen, “rapporti non confermati” attestano - sostiene il rapporto della Coalizione – che verso la fine del 2007, avvenne la consegna di armi a bambini non addestrati al di sotto dei 15 anni in seguito mandati al fronte per combattere contro i gruppi armati.
Nelle Filippine è stato riferito – sostiene la Coalizione – che i bambini erano all’interno delle unità paramilitari utilizzate come appoggio negli sforzi anti-insurrezionali. Un rapporto del “Children’s Rehabilitation Center” del 2008, denuncia il reclutamento di minori sia da parte dell’esercito filippino sia dal New People’s Army, il braccio armato del Partito Comunista delle Filippine: secondo questo rapporto vi sono 948 casi documentati di violazione di diritti umani su minori, mentre sono circa due milioni quelli vittime di “evizione forzata” a causa della guerra.
Una madre di un bambino rapito dalle milizie Karuna, in Sri Lanka, ha reso questa testimonianza a “Human Rights Watch”: “Abbiamo visto i nostri bambini all’ultimo piano dell’ufficio del partito Karuna. I bambini ci hanno fatto segno di andare via o sarebbero stati colpiti”.
In una testimonianza raccolta dall’UNICEF, un bambino liberiano, Henry, ha affermato: “Ci davano tonnellate di droga tutto il tempo, per farci sentire forti e coraggiosi e per obbedire ai loro ordini, non importava quali fossero. Spesso prendevo oppio e valium. Penso che siano molte le cose che non riesco a ricordare a causa della droga che ci davano. Ero come controllato da demoni. Ma io so che sono quello che ha commesso di tutto e mi sento male quando penso a tutto ciò che ho fatto. Non esiste niente peggio della guerra”.
La coalizione afferma che ci sono rapporti che documentano che i bambini palestinesi siano stati utilizzati in numerose occasioni dalle forze di difesa israeliane in qualità di scudi umani. Nel marzo 2009, Radhika Coomaraswamy, a capo di un gruppo di nove esperti inviati dalla Segreteria Generale dell’ONU per indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse a Gaza, ricostruisce nel suo rapporto quanto accaduto il 15 gennaio 2009 quando i carri armati israeliani sono entrati sparando nel quartiere Tel al-Hawa, a Gaza. Le truppe israeliane, in base al rapporto, avrebbero intimato ad un bambino palestinese di unidici anni di camminare di fronte a loro e di entrare per primo nelle case dove si sospettava la presenza di miliziani. Molte denunce di gravi violazioni di diritti umani riguardano anche Hamas, in particolare per uso di bambini come scudi umani.
Anche in Iraq – sostiene il rapporto della Coalizione – gli inglesi hanno utilizzato, nel 2005, ragazzi britannici al di sotto dei 18 anni. Fatto confermato a Parigi, nel febbraio 2007, durante la conferenza “Liberiamo i bambini della guerra” del febbraio 2007, dal ministro britannico della Difesa Adam Ingram, che ammise che 15 soldati britannici minori di 18 anni sono stati mandati a combattere in Iraq, contravvenendo al Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia, entrato in vigore il 12 febbraio 2002 contro l’impiego dei minori nei conflitti armati. Nel documento presentato dal ministro al parlamento inglese, fu dichiarato che la maggior parte dei giovani soldati aveva compiuto da una settimana 18 anni, mentre i minorenni erano stati richiamati in patria pochi giorni dopo il loro arrivo in Iraq. Dei 15 giovani meno di cinque erano donne e nessuna aveva meno di 17 anni.
Danilo Quinto - la bussola quotidiana.it
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