L’agonia di Eluana sarà lunga e dolorosa. Questo è omicidio.

Da il 4 febbraio 2009

Il neurologo che ha visitato la giovane: sta bene, per spegnersi impiegherà almeno 15 giorni.

Eluana non morirà in fretta. Ci vorranno almeno due set­timane, dal momento della sospensione dell’alimentazione con il sondino, prima che la sua vita si spenga. Il corpo della gio­vane è infatti in buone condizio­ni grazie alle cure ricevute in que­sti 16 anni dalle Suore Misericor­dine della clinica lecchese « Tala­moni » . E per lei saranno giorni di sofferenza fisica.

Lo assicura Giuliano Dolce, 80 anni, direttore scientifico della cli­nica Sant’Anna di Crotone, scienziato di fama internazionale, uno dei luminari italiani nella cura degli stati vegetativi. Il quale precisa: «Non parlo per sentito dire. Ho visitato Eluana lo scorso gennaio, d’accordo con la famiglia e i legali. Ho visto che è stata curata bene e con molto affetto dalle suore. Per questo affermo che, quando le verrà tolto il sondino per l’alimentazione, ci vorranno almeno due settimane prima che arrivi la morte. Il suo sarà un viaggio lungo, come accadde per la povera Terry Schiavo negli Stati Uniti qualche anno fa ».

Una persona in coma soffre se le viene tolta l’alimentazione?

«Si, la sofferenza fisica è scientificamente provata nei pazienti in stato vegetativo. L’incredibile sentenza del tribunale di Milano presenta comunque diversi aspetti contraddittori dal punto di vista medico » .

Quali?

«A mio avviso la contraddizione scatta nel punto in cui viene co­munque imposta, oltre che un’in­dispensabile umidificazione frequente delle mucose con l’ovatta bagnata sulle labbra, anche una somministrazione di ‘ sostanze idonee ad eliminare l’eventuale disagio da carenza di liquidi’. Tradotto, la paziente deve essere i­dratata per evitarle sofferenza. Quindi non morirà di sete, ma di fame. E voglio vedere dove tro­verà un posto che la ospiterà pr morire. Non è un caso di eutana­sia, perché, ad esempio, in Olan­da si essa viene praticata su un malato che soffre molto e negli ultimi giorni della sua esistenza e ne fa richiesta. Questo è un o­micidio e dal punto di vista deontologico per un medico è inaccettabile » .

Il punto è: alimentazione e idratazione sono o no un atto tera­peutico?

«No. In Francia e Germania sono un atto dovuto per legge. In Italia la legge la sta facendo il tribunale di Milano e non il Parlamento e contrasta con quanto deciso dalla Commissione nazionale di bioetica. Eluana è come un neo­nato: se le togli il latte muore perché non è in grado di alimentarsi da sola. Come si può dire che nutrir­la è un atto di cura? Clinicamente non è malata, è un paziente guarito con difetto » .

Cosa significa?

«La ragazza è in coma per una cerebropatia grave causata da un incidente stradale. Dopo un anno in medicina chi sopravvive è considerato clinicamente guarito. Quindi non viene più curato, ma sottoposto a nursing, cioè alla nutrizione, alla riabilitazione passiva quotidiana e alle cure che pre­vengono, ad esempio, le piaghe da decubito. Ma è guarito con difetto, nel suo caso gravissimo, perché non ha ripreso coscienza. Quindi va considerata una disabile, probabilmente sulla frontiera estrema della disabilità. La sentenza si basa sulle teorie di chi sostiene che la vita in stato vegetativo sia peggiore della morte. In­vece per me, che mi occupo di questi pazienti da molto tempo, è vita vera. Al momento la donna ha una sua vita sociale, è assisti­ta da una suora che le vuole bene e che quando la ragazza se ne andrà probabilmente soffrirà moltissimo. La famiglia e gli amici la vanno a visitare, le fanno sentire affetto, non è sola. Non ci manda segnali, ma chi sa cosa prova in si­lenzio davanti a questo amore? » .

Possono provare emozioni i pazienti nelle sue condizioni?

«Certo. A Crotone, in 12 anni abbiamo verificato le alterazioni provocate dall’ascolto della voce della mamma. In altri casi arros­siscono. Dipende dalle loro condizioni » .

Eluana Englaro è in stato vegetativo da 16 anni. C’è un limite temporale oltre il quale non ci si risveglia?

«Non si può dirlo con cognizione scientifica. All’ultimo convegno mondiale sui danni cerebrali di Lisbona, in aprile, è stato citato il caso di un paziente statunitense che si è risvegliato dopo 18 anni. In letteratura ci sono molti e­sempi di persone risvegliatesi dopo molto tempo. Superati i primi due anni di coma, si può sopravvivere a lungo. È superato il termine di stati vegetativi ‘ permanenti’ usato nella sentenza milanese, la definizione corretta è ‘ persistenti’. Perciò per la nostra professione l’esecuzione della sentenza è pericolosa, perché potrebbe lasciare a qualcuno, medico o giudice, il potere di stabilire quando finisce la vita, varcando frontiere etiche e di civiltà » .

Quanti sono i pazienti in stati vegetativo in Italia?

«Diverse migliaia, impossibile stabilirlo in mancanza di una banca dati. Nel 2005 erano 2500, un terzo bambini. L’incidenza è di 1800 nuovi casi all’anno. La Lombardia ad esempio tre mesi fa ha approvato la creazione di 500 nuovi posti letto in hospice. Oltre ai pazienti in coma per trauma, ci sono quelli il cui cervello è rimasto danneggiato per mancanza di ossigeno, chi ha avuto un ictus, chi un infarto. Gli ultimi anni di vita dei malati di Alzheimer spesso vengono trascorsi in stato vegetativo. Dopo Eluana potrebbero verificarsi molti casi » .

Lei fa parte di un’associazione di bioeticisti laici e cattolici, «Vi.ve», vita vegetativa. Cosa farete?

«Prima di tutto faremo appello al procuratore generale della re­pubblica di Milano perché pre­senti ricorso contro la sentenza. Poi utilizzeremo tutti gli strumenti giuridici disponibili contro il medico che eseguirà la sentenza » .

Il professore Giuliano Dolce è un luminare nella cura degli stati vegetativi. La giovane lecchese, spiega, morirà di fame e il dolore fisico in questi pazienti è dimostrato in maniera scientifica.

Questo, conclude, è omicidio

(da Avvenire)

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