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CANAZEI – «La scelta fatta dalla squadra di soccorso di scendere in Val Lasties da quel punto era obbligata. Non c’erano vie alternative se si voleva cercare di prestare soccorso ai due dispersi: l’accesso da Pian dei Schiavaneis era molto più rischioso. L’unica alternativa possibile era quella di rimandare le ricerche a questa mattina (ieri per chi legge, ndr), ma questo non è da soccorritori». È mezzogiorno e mezzo. Maurizio Dellantonio, presidente del Soccorso alpino provinciale, è appena uscito dalla camera ardente allestita al Centro della protezione civile di Alba, dopo aver composto assieme a Gino Comelli ed altri soccorritori, le salme dei quattro amici e colleghi. Nel volto i solchi di una notte insonne, negli occhi azzurri solitamente frizzanti l’opacità del dolore piegato a contegno. La voce gli esce con tono monocorde da comunicato ufficiale, affilandosi di colpo giusto per tagliar corto sulla polemica apertasi sull’opportunità di impiegare i soccorritori nella ricerca di due dispersi quasi sicuramente morti (così purtroppo è stato) nonostante fosse già notte ed il bollettino valanghe indicasse un grado 4 di pericolo su una scala di 5. «I ragazzi intervenuti in Val Lasties rappresentavano il fior fiore della stazione dell’Alta Fassa – scandisce Dellantonio – gente che vive di montagna, guide alpine o maestri di sci, per i quali la Val Lasties era come la strada di casa, visto che non passa settimana in inverno e primavera senza che siano chiamati ad effettuare interventi in quella zona. A chi oggi pensa che forse non era il caso di intervenire rivolgo solo una domanda: con che coraggio stamattina avremmo potuto andare a dire ai parenti dei due escursionisti dispersi che li avevamo trovati morti, senza aver mosso un dito per cercarli prima pur in presenza di un allarme? Il soccorritore parte per definizione. Ogni intervento comporta dei rischi, ma se si stesse a sindacare ogni volta sulla loro entità, crollerebbe tutto il sistema del volontariato nelle attività di protezione civile, dal Soccorso alpino ai vigili del fuoco volontari». Il presidente rimanda al mittente anche le considerazioni di chi sostiene che i soccorritori travolti dalla valanga abbiano sottovalutato i rischi: «Non erano sprovveduti. Erano professionisti della montagna. Se avevano deciso di scendere è perché sussistevano le condizioni per farlo in sicurezza. Ricordo che nel pomeriggio dalla stessa via era sceso Tone Valeruz senza che si fosse verificato il benché minimo distacco. Che venisse giù tutta la cornice di neve da entrambi i versanti della valle era impensabile». Uomo di comando, Dellantonio non si concede cedimenti: «L’ho detto anche ai ragazzi: a casa ognuno viva questo momento di dolore come crede, ma in pubblico voglio un contegno da gente di montagna». Il pensiero del presidente va già alla riorganizzazione della stazione duramente colpita dalla tragedia: «Con Gino Comelli dovremo trovarci subito dopo i funerali. Alta Fassa ha perso in un colpo solo le sue punte di diamante e bisognerà correre ai ripari, integrando magari l’organico con soccorritori provenienti da stazioni vicine, perché la gente su queste montagne continuerà ad andarci».L’Adige – Pietro Gottardi
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