Convegno scientifico della Provincia nell'ambito del FilmfestivalQual è l'impatto dei cambiamenti climatici sulle aree di…
In Trentino la popolazione convive da sempre con i rischi di natura idrogeologica generati da eventi meteorologici. Alluvioni, valanghe e frane interessano periodicamente il territorio alpino della nostra regione ed è proprio dall’esperienza degli effetti catastrofici causati da alcuni di questi eventi nel passato, come nel caso dell’alluvione del 1966, che le comunità locali hanno sviluppato nel tempo misure preventive, di protezione e di messa in sicurezza del territorio più soggetto a pericoli naturali.
Per limitare i potenziali danni causati da tali rischi sono state infatti intraprese numerose azioni sia di tipo strutturale che non strutturale. Tra le prime ad esempio le misure di protezione dalle piene fluviali, le opere di rinforzo delle arginature, le azioni di controllo e di pulizia dei bacini, le barriere paravalanghe, la messa in sicurezza dei versanti e sulle quali il Trentino ha già una lunga e collaudata esperienza di intervento.
Tra le seconde si intendono i sistemi di monitoraggio e di preannuncio idro-geologico che si rendono necessari per gestire il “rischio residuo”, che non può essere azzerato dalle azioni di tipo strutturale, per quanto efficaci ed efficienti. Anche in questo caso il Trentino vanta un’ottima base di partenza con una diffusa e capillare rete di monitoraggio in tempo reale di dati meteorologici, nivologici, idrologici e geologici e con il supporto di sistemi da remoto come il radar meteorologico posizionato sul Monte Macaion e i dati satellitari.
Alla componente di monitoraggio si aggiunge il sistema della previsione meteorologica, idrologica e idrogeologica che insieme al Sistema di Allerta Provinciale, ai piani di protezione civile e di gestione dell’emergenza, sono parte dell’articolato sistema di Protezione Civile al quale contribuiscono Meteotrentino e numerose altre strutture.
Gli effetti attesi dei cambiamenti climatici sul pericolo di eventi naturali, in particolare dovuti alla probabile maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi, rende tuttavia necessaria una maggiore attenzione e l’introduzione di ulteriori misure di adattamento nella gestione di tali rischi.
Il clima sta rapidamente cambiando anche sulle Alpi e in Trentino. Le temperature nella nostra regione sono aumentate nell’ultimo secolo con un segnale che si è accentuato negli ultimi 30 anni specie in estate e primavera. Tra gli effetti più evidenti del riscaldamento in corso vi è senza dubbio la riduzione dei ghiacciai la cui estensione complessiva nel 2015 si è ridotta al 28% di quella presente nel massimo raggiunto attorno alla metà del diciannovesimo secolo.
I valori di precipitazione annua e stagionale non mostrano invece tendenze significative quanto piuttosto fasi di ciclicità e una maggiore variabilità negli ultimi 10-15 anni circa che vede alternare periodi piuttosto secchi ad altri molto piovosi.
Si osserva inoltre una tendenza all’aumento della quota del limite delle nevicate con un calo delle precipitazioni nevose nelle vallate inferiori. A Trento ad esempio sono diminuite sensibilmente negli ultimi 30 anni con una perdita di circa il 35% rispetto ai periodi precedenti, mentre in quota le nevicate non evidenziano un segnale di trend, in coerenza con l’andamento delle precipitazioni invernali in generale, ma mettono in evidenza una maggiore variabilità degli ultimi 10 anni circa con i due evidenti estremi osservati nella stagione 2013-’14 e 2008-’09 risultate le stagioni più nevose degli ultimi 35 anni circa.
Gli scenari climatici indicano per il Trentino una tendenza futura verso un continuo aumento delle temperature in tutte le stagioni. In particolare le estati si annunciano più calde e secche, mentre gli inverni saranno più piovoso ma meno freddi con conseguente aumento del limite delle nevicate. E’ probabile un aumento della frequenza ed intensità di eventi estremi di precipitazione, in particolare di carattere temporalesco, così come di ondate di calore estive.
Questi scenari potrebbero causare effetti significativi sulle aree montane come l’accelerazione della fusione dei ghiacciai; la riduzione del manto nevoso, più pronunciato a bassa quota; l’innalzamento del limite di fusione di suoli congelati permanentemente (permafrost) e anche un aumento del rischio che le aree glaciali diventino gradualmente più instabili e soggette a eventi quali crolli, frane e smottamenti. Sono poi previsti cambiamenti significativi del regime idrologico con conseguenze sia sulla futura disponibilità di risorse idriche, che porteranno a probabili maggiori eventi di scarsità idrica, sia sui rischi innescati da pericoli idrogeologici in particolare causati da precipitazioni intense locali e di carattere convettivo (“alluvioni lampo”).
L’impatto in futuro di eventi catastrofici di natura idrogeologica non dipenderà solo dai cambiamenti climatici ma anche da variazioni di fattori di vulnerabilità determinati dalle attività antropiche: ad esempio le azioni di protezione sui fiumi; i prelievi per uso idroelettrico; le modifiche nell’utilizzo del suolo per effetto dell’urbanizzazione, dell’agricoltura e dell’afforestazione o deforestazione.
La problematica delle conseguenze dei cambiamenti climatici e di una probabile maggiore incidenza degli eventi meteorologici estremi impone quindi nuove sfide. In futuro si rende infatti necessaria una più adeguata attenzione sia in termini di pianificazione territoriale, nella definizione e gestione del rischio idrogeologico, sia nell’adeguamento dei processi di allertamento e di comunicazione alla cittadinanza.
Si tratta di una sfida che passa innanzitutto dal miglioramento continuo delle basi di conoscenza degli effetti dei cambiamenti climatici e in questo rivestirà un ruolo fondamentale l’attività di ricerca scientifica.
In futuro pertanto si renderà necessaria l’adozione di un approccio integrato tra la gestione del rischio di disastri (Disaster Risk Management), basato su un approccio temporale a corto termine, e la necessità di adattamento ai cambiamenti climatici, basato su un approccio temporale a lungo termine.
Un approccio che potrebbe risultare più efficiente nell’uso delle risorse finanziarie, umane e ambientali finalizzate all’obiettivo di gestire in futuro i rischi naturali generati da eventi meteoclimatici estremi e che vedrà estremamente importante il supporto dei servizi meteorologici.
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