La vecchia chiesa (ora palazzo comunale) era dotata di un bel campanile gotico con 5…
Esattamente il 22 marzo 1797, un contingente di truppe napoleoniche giunse fra i nostri ponti, più che altro per spillare soldi, oro (poca roba …), vitto e alloggio. Nessuno li aveva chiamati! Se ne potevano stare in Francia. Questi, con notevole arroganza, esibendo “sciabole sguainate”, minacciarono la popolazione se non veniva accettato quanto sopra. Caso contrario, fuoco al paese! Le autorità civili e religiose, disperate, predisposero in fretta e in furia una colletta e tutta la popolazione, bene o male, cercò di soddisfare; il malloppo venne così posto in una cassa che prese la via del sud, e la cosa (purtroppo Provvisoriamente) calmò i villici atterriti.
Nell’archivio comunale esiste, gelosamente conservato, un fascicolo rilegato, con un ingenuo disegno che ricorda il tragico evento e soprattutto riporta gli elenchi dei predazzani che prestarono soldi e altro (un po’ alla volta restituiti, con notevole sforzo). Al termine della prima parte, quella che descrive l’avvenimento si può notare la conclusione (purtroppo non avverata) “ aiutante e i suoi soldati partirono promettendoci, che non saressimo (sig!) più molestati.”
Ma i gallici tornarono nel 1801 facendo man bassa su quel poco che era rimasto, causando, in seguito, una grande carestia. Per fortuna con il trattato di Luneville il Trentino tornò all’Austria.
Ma non era finita! Il governo Bavarese, alleato (malvolentieri a Napoleone istituì il servizio militare obbligatorio e i predazzani tentarono candidamente una rivolta, subito sedata. I francesi tornarono così un’altra volta per punire responsabili.
Alcuni si gettarono in ginocchio davanti al colonnello Disfurt, implorando perdono, e altri passarono dei guai grossi, dopo aver subito, sulla piazza, ben sessanta colpi di bastone!
Dopo quei tristi accadimenti, la vita riprese stentatamente, ma con dignità e lavoro. Iniziò anche l’emigrazione e una cinquantina di giovanotti emigrarono in Transilvania (ora Romania) facendo un viaggio, praticamente a piedi, in venti giorni (altro bell’argomento da sviluppare in seguito …).
Nel frattempo la popolazione era arrivata a quota tremila e la vecchia chiesa (ora Municipio) non era più in grado di soddisfare, decentemente, le pratiche religiose. Gli avvenimenti precedenti non avevano permesso di operare soprattutto all’interno dell’edificio sacro, che era messo molto male; si pensi, per esempio, che il pavimento era ancora in terra battuta! Per non parlare di molte altre deficienze, ricordate più volte dalle visite pastorali.
Un valoroso comitato, cominciò ad affrontare l’arduo progetto di una nuova chiesa. Le molte difficoltà, soprattutto economiche, vennero via via superate e l’immane spesa trovò le risorse necessarie.
Facile fu la scelta del suolo. A “Sezura Feudale” e con l’allora amministrazione regoliera non ci furono grossi problemi, ma non così con i proprietari dell’insediamento detto del “Marin” (sette famiglie povere) che ne approfittarono pesantemente ma alla fine anche quell’ostacolo fu risolto, in certi casi in ritardo. Anche l’esatta ubicazione dell’edificio andò incontro a polemiche. La mappa qui a lato riporta ta indica le tre proposte. [attuale fu certo la migliore delle altre. I lavori iniziarono nel luglio del 1866 ed il giorno di San Giacomo, patrono (con San Filippo) della vecchia chiesa ci fu la posa della prima pietra, con grande giubilo della popolazione.
L’ottimo progetto dell’ing. Mayer presentava, fra l’altro, un particolare sgradevole. Infatti, osservando il prospetto esterno, il campanile risultava rozzo e pesante. Con la collaborazione (a lavori già iniziati) dell’ottimo arch. Seppert il progetto fu migliorato ed il nostro campanile, addossato al tempio è un bellissimo esempio di gotico moderno, ammirato da tutti. Anche il resto dell’esterno è assai indovinato e dignitoso. Per quanto si attiene all’interno, monumentale, esso è completamente gotico (altari, pulpito, cantoria, confessionali, banchi ecc.). Pregevoli le opere di pittura realizzate in seguito da artisti di buona fama (Guardiabassi, Cistena, Unterpergher, Rasmo e altri). Negli anni 1937/ 38 il pittore locale prof. Camillo Bernardi, dipinse i santi a fianco degli altari laterali.
Ci sarebbe ancora tanto da ricordare. Un particolare significativo da segnalare consiste nel fatto che quasi tutto il principale materiale usato proviene dai nostri monti (marmo, porfido, granito, monzonite e altro). E’ anche simpatico citare le dieci colonne monolitiche provenienti da un solo masso erratico (si diceva grande come una casa, ma forse è un’esagerazione). I lavori terminarono nell’aprile 1860 e le funzioni sacre funzionarono, un po’ alla volta, entro lo stesso anno.
Si conclude così la bella storia della nostra nuova chiesa che
troneggia in mezzo al paese e da tutti guardata, oggi, con orgoglio … non deve restare un freddo monumento di patrie memorie ma piuttosto una continuazione di virtù cristiane e civili che costituiscono il patrimonio prezioso di un popolo” (Mons. Gabrielli: “Memorie ecclesiastiche” Eurographik 1966).
Ed ora, mi permetto di riportare alcune curiosità sulla nostra chiesa. Innanzi tutto bisogna chiarire il problema del patrono.
In una pergamena vescovile (1233) si cita una chiesa “S.Jacobi in Pardacio” ma nel 1538 si parla di SS. Filippo e Giacomo (che sono anche questi apostoli). I predetti sono riportati all’ingresso della nuova chiesa, sopra la porta principale, fra l’altra statua di Cristo benedicente; inoltre la bellissima pala dell’ altare maggiore, con i Santi Filippo e Giacomo fra Gesù Cristo (datata 1871), opera di Guardabassi.
Fino a qualche decennio fa, il primo maggio si festeggiava “San Giacom piciol”, da non confondere con l’altro San Giacomo detto anche “il maggiore”. Poi venne istituita la festa di San Giuseppe artigiano e i S.S. Filippo e Giacomo furono spostati aI 3 dello stesso mese, ma ormai tale festa è pressoché dimenticata: resta quella del 25 luglio. Dei Santi Filippo e Giacomo resia l’intitolazione della piazza effettuata nel secondo dopoguerra (durante il ventennio era intitolata a Vittorio Emanuele).
Ancora da ricordare che in seno alla “Deputazione Comunale” poco prima dell’inaugurazione del tempio, qualche consigliere propose di sostituire l’anonimo patrono con un personaggio più importante, degno della nuova imponente costruzione. Il capo comune del tempo, certo Nicolò Morandini (Colorindo) rispose, divertito: “Ci sono lamentanze di quello attuale?”
Durante la prima guerra mondiale cinque campane furono requisite per tare … cannoni (decisione un po’ grottesca…). Esse furono sostituite nel 1923. Il trasporto Ora-Predazzo fu effettuato da certo Giacomo Giacomelli (Giochele Pila) che per pagamento chiese che venga suonato il “campanone” al suo funn-rale: operazione onorata.
In quegli stessi anni del primo dopoguerra, il quasi concittadino Alcide Degasperi (1881-1954) si candida per il Parlamenlo Italiano. Un rivale di sinistra, con atto deprecabile, fece scrivere sul muro nord-est della chiesa la frase irriverente “votate Degasperi se volete in paradiso” (i segni dell’infame frase si vedevano ancora recentemente).
Verso la fine degli anni trenta un fulmine centrò la croce del campanile, fortunosamente dotato di parafulmine: grande spavento per gli astanti; danni insignificanti. (E’ da ricordare che nella vecchia chiesa, durante un furioso temporale (2 agosto 1561) un fulmine centrò il campanile e furono colate le campane.)
In quegli stessi anni “trenta” , un certo Longino, calzolaio, in cambio di qualche “gotto” si inerpicava lungo il citato parafulmine, fino alla croce sommitale.
Con la seconda guerra mondiale, le campane non furono requisite, ma durante l’occupazione tedesca (8.09.1943 – 24.04.1945) il sagrestano di allora “Pierin Monech”, si recò, come tutti gli anni, nella cella campanaria, alle ore 23 del mar- tedi grasso, per suonare “da la càrn”, ossia avvertire che stava iniziando la quaresima con delle speciali limitazioni. I gendarmi (alloggiati alla “Palazzina” ora “casa del Nino Fero”) mitra alla mano, affrontarono il campanaro/sacrista, credendo che si tratti di una … rivolta! Il buon Pierin, col suo tedesco raffazzonato, spiegò così: “Morghen keine Fleisch … Karnevale kaputt”.
E per concludere questa edificante storia della nuova chiesa, mi sia permesso di ricordare l’organo, sul quale, personalmente ho suonato per molti anni, istruito egregiamente da mio padre Everardo (1883-1965) il quale aveva sostituito tre generazioni di organisti del “Fincat”. La mia prestazione terminò nell’anno 1966, in quanto, per ragioni economiche e professionali, me ne andai in VaI di Fassa, pendolare, sostituito egregiamente dall’attuale M.° Fiorenzo Brigadoi, che, fra l’altro, è stato il promotore del nuovo organo, degno strumento nella degnissima chiesa di San Giacomo, della quale ne siamo tutti orgogliosi.
Nicolino Gabrielli (Everardo) classe 1926
Foto: Archivio Gruppo Fotoamatori Predazzo
Articolo disponibile sulla pagina Story
Questo articolo è già stato letto 5358 volte!