PREDAZZO - Scegliendo la strada del confronto con la popolazione del paese, l’Amministrazione comunale di Predazzo si è incontrata mercoledì pomeriggio nell’aula…
MARIO FELICETTI PREDAZZO – La signora Lidia ha gli occhi lucidi e trattiene a fatica l’emozione. Si avvicina ormai il giorno fatidico. Martedì prossimo 15 febbraio il negozio chiude ed entro il mese bisogna riconsegnarlo alla Regola Feudale, che è la proprietaria del locale. «Che cosa faremo ora?» si chiedono i clienti, tantissimi, del paese, ma anche delle valli di Fiemme e Fassa, che qui hanno sempre trovato un punto di riferimento commerciale insostituibile. «Le Monchere» chiude. Non è un negozio normale, come tanti altri. È qualche cosa di speciale, di storico, che non ha eguali, dove si è sempre trovato di tutto. Purtroppo ancora per poco, dopo che, in queste ultime settimane c’è stata l’inevitabile svendita, a prezzi ribassati. Sulla porta d’entrata (che sarà chiusa, perché la Regola ha deciso di spostare l’ingresso direttamente sulla via Roma), c’è un biglietto, che profuma di addio. «Alla metà di febbraio» si legge «chiuderemo definitivamente la nostra attività; è stata una decisione difficile ma necessaria. Con il negozio, si chiude anche un capitolo di storia della vita di Predazzo, durato più di un secolo. Una storia di lavoro, di persone, di rapporti umani e di valore per le cose fatte bene, lontani forse dal vivere attuale, all’insegna della velocità e del tutto subito, ma certamente genuini, veri, sinceri. Vogliamo ringraziare di cuore tutta la nostra affezionata clientela». Parole semplici. Un messaggio firmato da Lidia Degaudenz , che ha gestito il negozio ininterrottamente negli ultimi 18 anni, e dalle figlie Paola ed Antonella , che, fino a quando hanno potuto, le hanno dato una mano. Lidia soffre, e si vede. Un’esperienza di vita che si conclude, legata a tanti ricordi e ad una storia ultracentenaria. Il negozio «Le Monchere» è nato infatti ancora alla fine dell’Ottocento. Lo conferma un manifesto, incorniciato sull’entrata, datato 1900 e che documenta ufficialmente le forniture di stoffe ed altri prodotti da parte della ditta Moncher & Eibenschutz di Trento, dalla quale è nata appunto la denominazione di «Monchere». Indumenti per uomo e donna, cappelli di tutti i tipi, seterie, biancheria, stampati, maglie, guanti e tanti altri prodotti. Lo gestivano le sorelle Elisa e Augusta Dellantonio , nate rispettivamente nel 1874 e nel 1877. Inizialmente (come ricorda il maestro Francesco Gabrielli , insigne storico e ricercatore del paese) in uno spazio adiacente al vecchio negozio di Marino Gabrielli «Selèr» (oggi occupato dalla Farmacia), poi (nel 1934, ma se ne era cominciato a parlare già dodici anni prima) nel locale realizzato su un terreno della Regola Feudale, utilizzato come orto, con l’impegno di gestirlo in conto affitto fino al rientro della spesa, per poi passarne la proprietà all’Ente storico del paese. Dopo di loro, era subentrato il nipote Mario Dellantonio (classe 1906, scomparso nel 1967), dapprima da solo, poi in società con Guido Defrancesco , «el Guido de le Monchere», affiancato dalla moglie Mariotta Dellagiacoma . Un altro personaggio che in paese i meno giovani ricordano con gratitudine e rispetto. Faceva il sarto di professione, in via Garibaldi. Poi aveva deciso di darsi al commercio. Finita questa esperienza, il negozio era stato rilevato dalla ditta Ziglio di Trento, che gestiva un altro punto vendita a Cavalese, in via Bronzetti. Pochi anni soltanto, dopodiché la licenza era stata acquistata dalla signora Lidia, che già in precedenza, per un paio di stagioni, aveva incominciato a lavorare qui. Una storia iniziata diciotto anni fa, quando Lidia aveva deciso di proseguire da sola, con l’aiuto (fino a quando hanno potuto) delle due figlie e, in estate, di una commessa. Un negozio, com dicevamo sopra, dove c’era sempre di tutto, anche le cose più impensabili: calze, maglie, vestiti, cappelli, pantaloni, berretti, bottoni, elastici, fili, cerniere e tanto altro. Venivano perfino dalla valle di Fassa perché sapevano che qui era praticamente impossibile non trovare ciò che si cercava. Un negozio conosciuto anche fuori regione. «Pensi» dice Lidia «che la compianta professoressa Mimi Croce , che era stata mia insegnante alle scuole medie, mi raccontava di aver sentito parlare di me a Rimini, durante una vacanza». Una storia che ora purtroppo giunge al capolinea. «Non oso nemmeno pensare di dover lasciare tutto» sospira la titolare. «Una vita di lavoro, di fatiche, di sacrifici, per fortuna anche di soddisfazioni da parte della gente, che per altro ho sempre cercato di trattare bene. L’affitto scade a fine mese e c’è ancora tanta merce da sistemare. Non so ancora che cosa fare di tutta questa roba. In parte sarà acquistata dalla Cooperativa, per il resto vedremo, magari donandola alle missioni o mettendola a disposizione dei mercatini. Peccato comunque non aver trovato nessuno disposto ad andare avanti su questa strada». E adesso? «Farò la nonna» dice Lidia, e gli occhi si inumidiscono ancora per l’emozione «anche se sarà dura restare a casa, dopo che, tre anni fa, ho perso purtroppo mio marito ( Piero Dellasega ndr ), con il quale ho condiviso quasi 40 anni di vita in comune. Ho una cagnetta, che mi fa disperare ma che mi tiene compagnia. E tanti ricordi che è impossibile dimenticare». Il tempo scandisce inesorabile i ritmi dell’umana esistenza, ma questa storia rimane scolpita nella vita del paese. E passare davanti a «Le Monchere» senza vedere più la signora Lidia non sarà più la stessa cosa di prima.
Mario Felicetti
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