In vista della mobilitazione in massa al Palafiemme di Cavalese domenica 19 marzo 2017 ad ore 17.00…
E i baroni dell’APSS e della comunicazioni continuano a sparare sull’ambulanza.
È senza sorpresa e con rinnovato rammarico che leggiamo in questi giorni l’ennesimo tentativo di “de Profundis” per il Punto Nascita di Fiemme e Fassa scritto da chi dovrebbe proteggerci e garantire la nostra sicurezza, come i dirigenti dell’APSS e da chi, come alcuni giornalisti, potrebbe almeno fare un minimo di inchiesta per capire (e scrivere) che gli 80 parti del 2016 hanno avuto luogo in 100 giorni di effettiva apertura!
Questo dato significa, fra l’altro, che la chiusura notturna, nei week e nei festivi ha portato all’incertezza e alla paura di un trasferimento forzato su Trento o imposto, come prima del 1729, il parto in casa talvolta, come accaduto in val di Fassa, in presenza della sola ostetrica o del semplice infermiere del 118.
Quando abbiamo chiesto spiegazioni su questi episodi ci è stato risposto che “gli infermieri hanno tutti ricevuto una formazione per accompagnare il parto…”. È questa la sicurezza che ci propone l’APSS togliendo certezze ai pediatri che si erano candidati numerosi per venire a Cavalese, dicendo loro che stanno per entrare in servizio in una maternità che è a rischio chiusura, che i sindacati impediscono la rotazione su Trento e Rovereto, obbligandoli così a vedersi bloccati un weekend su due?
A proposito lo sanno i sindacati che sono designati come i veri responsabili della chiusura del Punto Nascita di Cavalese e delle criticità che ne seguiranno?
Se si sommano le disponibilità dei pediatri provenienti dai concorsi, quelle dei pediatri già in forza all’APSS e quelli che, sempre qualitativamente validi, propongono di vedersi assegnare un contratto a tempo determinato siamo ben oltre i 6 pediatri ingaggiabili! Ma se si pensa che alcuni son entrati in graduatoria il 30 agosto 2016 è logico che un professionista richiesto ovunque in Italia smetta di aspettare la chiamata dell’APSS e si rivolga altrove.
Facciamo la media, se nel 2016 il Punto Nascita di Cavalese fosse rimasto aperto 365 giorni saremmo ad un incremento dei parti con 290 nati! Se avessimo potuto accogliere le famiglie prenotate da fuori Valle e raggiunte dalla nostra campagna d’informazione nazionale, ci saremmo avvicinati ai 400 parti.
Se, come indicato nelle intenzioni della Giunta Provinciale e confermato dal direttore dott. Bordon, fosse stato proposto alle donne in gravidanza a basso rischio di partorire a Cavalese piuttosto che portare il Santa Chiara all’implosione, ci avvicineremmo ulteriormente ai 500 parti annui, raggiungibili in due anni di apertura a pieno regime. È anche per questo che, anche nel dicembre 2016, hanno provano a toglierci personale indispensabile?
Ma no, per i baroni della nostra salute e del nostro destino, aziendali o politici che siano, è preferibile continuare a centralizzare su Trento, portare tutte le donne a subire un travaglio e un post parto nella migliore tradizione raffazzonata italiana (con tutto il rispetto per quella parte dell’Italia, come in Cadore, che grazie alla fermezza dei politici e all’ottimo lavoro dell’Azienda Sanitaria ha visto riaprire il punto nascita il 1° gennaio 2017).
È preferibile non avere un letto sul quale avere un travaglio degno del miracolo della Vita, è meglio avere la famiglia lontana, è meglio essere in corridoio, o su una poltrona, sotto gli occhi di decine di sconosciuti nel momento più delicato dell’esistenza di una donna, è meglio, dopo aver partorito, dover aspettare un giorno in più per farsi una doccia perchè è piena di sangue della signora che ha avuto la fortuna di trovarla pulita e il personale del Santa Chiara, che sta facendo prodigi visti i numeri di parti che devono subire, non può assicurare la pulizia, l’accompagnamento all’allattamento, offrire le rassicurazioni necessarie.
Il personale, che va lodato e al quale ci permettiamo di consigliare di cominciare a manifestarsi come sta già succedendo altrove, non può neanche fare in modo di permettere alla neo mamma di dormire la notte perchè manca un ciuccio, oppure il latte materno, oppure la protezione sonora necessaria per assopirsi. Una tendina non basta per nascondere l’evidenza della mancanza di umanità, sono necessari i comunicati dell’APSS e di parte dei politici che ci assicurano che “con il nuovo ospedale di Trento saranno in due per ogni stanza”, non in quattro, più i neonati, più i parenti, come ora…
Peccato che il nuovo ospedale non sia una realtà e sia già stato battezzato “NOT”, negando così la sua propria esistenza, e punti sul decremento delle nascite (nessuno è riuscito a prevedere il Brexit e qualcuno a Trento sa già cosa succederà nei prossimi 20 anni??).
Si punta a far crescere la collera nelle Valli per poi lamentarsi che i voti si spostano al più offerente? Si pontifica sull’importanza delle politiche famigliari, sull’incremento delle nascite e poi si fa in modo che il parto avvenga senza certezze con i genitori geograficamente separati e il resto della famiglia parcheggiato alla rinfusa perchè, ricordiamo, il parto non è un evento programmabile?
Perchè, dopo un anno e due mesi di purgatorio con il parto a “orari d’ufficio” non si passa il dispositivo all’ospedale di Cles riaprendo a pieno ritmo la maternità di Cavalese e ridando dignità alle famiglie di Fiemme, Fassa e Cembra e al personale dell’ospedale stesso che nessuno intervista e che prega ogni notte e ogni weekend di non veder arrivare una partoriente con distacco della placenta?
Sappiamo tutti che la sola ragione per la quale non ci sono stati decessi o menomazioni viene dal fatto che i casi più delicati sono fortunamente avvenuti di giorno e che i trasferimenti impossibili, hanno visto nascerein casa dei neonati senza alcuna complicazione, sempre per sola fortuna.
La Fortuna è però cieca mentre l’APSS e il disegno di parte della politica ci vedono benissimo. La decisione di chiudere è stata presa anni fa ed è solamente la reazione della gente e di parte del mondo politico che ha potuto rallentare il processo, evitando così delle “morti legali” e, non dimentichiamolo, la soppressione del servizio di pediatria 24/7 con l’obbligo di trasferimento a Trento o Rovereto di qualsiasi paziente sotto i 14 anni, figlio di residente o turista che sia. Quanto ci metteranno i nostri ospiti a capire cosa sta succedendo cominciando, anche loro, a rivolgersi altrove per le loro vacanze?
Ripartiremo dalla gente, da ogni singolo responsabile di associazione, da ogni parroco, da ogni volontario delle tre Valli al quale proporremo la nostra versione dei fatti, con nomi e cognomi dei pediatri disponibili, dei politici che hanno agito e come, delle risposte ricevute, in presenza di testimoni, dai responsabili dell’APSS.
E poco importa se la teoria dei “pediatri non si trovano“ è frutto di un disegno politico-amministrativo o dei limiti operativi dei responsabili preposti: la paura, la collera, i traumi fisici e mentali sono ineluttabili solo in caso di guerra, di catastrofi naturali e qui stiamo subendo tutt’altro e non permetteremo a nessuno di toglierci sicurezza, dignità e fiducia per il volere di pochissimi, perchè queste sono logiche di conflitto.
Alessandro Arici
Portavoce di “Parto per Fiemme”
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Esperienza al Santa Chiara di Trento di sabato 29 ottobre – 4 dicembre 2016
Racconto la mia esperienza sperando che possa essere d’aiuto per salvare il Punto Nascita di Cavalese e i servizi annessi.
Con immensa gioia ho visto per la prima volta tramite un’ecografia questa piccola vita che stava crescendo dentro di me… La data presunta per il parto era Sabato 29 ottobre 2016.
Durante la gravidanza le chiacchere che giravano mi davano belle speranze, di arrivare a quel sabato senza dovermi recare a Trento per il parto ma di potermi fermare a Cavalese senza problemi di orari e senza problemi di giorni festivi o feriali… Ma più si avvicinava la data e più le speranze si spegnevano, più passava il tempo e meno ci speravo…
Arrivati a quel sabato 29 come un orologio svizzero, la sera è cominciato il travaglio… Con molta calma verso l’una di notte mi sono recata all’ospedale di Cavalese, ero consapevole di essere ancora all’inizio ma ero terrorizzata dall’idea di essere caricata su un elicottero diretto a Trento e pensare col compagno che doveva scendere in macchina, avevo paura che data la situazione non controllasse la pesantezza del piede sul pedale dell’acceleratore.
Sono stata visitata e mi han consigliato di tornare a casa ma ho insistito per andare a Trento, mi sentivo più tranquilla nell’avvicinarmi a un ospedale aperto, con calma, senza fretta… Ho rifiutato di essere accompagnata in ambulanza e ci siamo messi in viaggio verso Trento. È stata abbastanza dura perché nei momenti delle contrazioni anche se leggere, bastava una piccola buca o la strada leggermente dissestata che faceva veramente male.
Arrivati a Trento sono stata visitata in pronto soccorso e li hanno deciso di ricoverarmi per 24 ore, dicevano che mi avrebbero dimessa il giorno dopo perché era ancora troppo presto, mi han accompagnata in camera, erano le ore tre della notte, li mi sono organizzata e mi sono messa a letto, sofferente ma il male era sopportabile… Alle 4 han consigliato al mio compagno di tornare a casa, a Ziano, e dormire che tanto era tutto fermo e quindi la sua presenza era inutile.
Alle ore 7 sono stata visitata dopo aver passato 3 ore di dolore, da sola, ho capito in quelle tre ore quanto è importante avere una persona vicina che ti offre un supporto morale e ti da forza. L’ostetrica mi ha detto chiaramente di chiamare il mio compagno che da li a poco si entrava in sala parto.
Ho chiamato a casa avvisandolo che poteva partire per tornare a Trento… era arrivato a casa da due ore… L’ostetrica che mi ha seguita durante il parto è stata favolosa, preparata, dolce, professionale, paziente, il parto non è stato dei migliori, ci sono state delle complicazioni, alle ore 12 era tutto pronto e perfetto per far si che il piccolo nasca ma date certe complicazioni si è terminato il tutto alle ore 17 e 30 circa portando il mio bimbo in terapia intensiva. Io sono uscita dalla sala alle ore 21 abbondanti.
Fin qui devo dire che, anche se è stato travagliato, ora che stiamo tutti bene, ne ho un bel ricordo, ora inizio a raccontarvi la mia permanenza
in ospedale dopo il parto.
Sono arrivata in camera, eravamo in 4 mamme coi neonati nella stessa stanza!
Stravolta, avevo bisogno di un bagno, desideravo una doccia, dopo una ventina di ore di dolore volevo rilassarmi un attimo sotto una doccia calda, avevo estremo bisogno di lavarmi, sono entrata in bagno ed era un macello…. Sembrava di essere in un mattatoio… inconcepibile in un ospedale.
Il bagno era una schifezza, a terra c’era sangue ovunque, allorché sono andata in cerca di qualcuno del personale mi hanno rassicurata dicendomi che “mandavano qualcuno a pulire”. Sono venuti a pulire la mattina seguente verso le ore 9…. Sono andata a fare la pipì durante la notte nei bagni dei corridoi, la doccia non l’ho potuta fare fino al giorno seguente.
Durante il giorno è un continuo via vai, i visitatori delle altre mamme entrano e escono dalla stanza a qualsiasi ora, c’è solo una tendina per la privacy, ma è impossibile dormire, o chiedere aiuto, sembra d’essere a una fiera…
La notte avendo il piccolo in terapia intensiva mi hanno fatto “spremere” il mio seno a mano per potergli portare del latte, ho provato per ben due ore, dalle ore 3 alle ore 5 del mattino, poi, per fortuna, si sono arrese e mi hanno lasciata dormire…
Avevo bisogno di dormire, la notte prima non avevo dormito, durante il giorno ho avuto un parto, credo che chiunque avrebbe avuto bisogno di dormire in quel momento..
Il mattino seguente per fortuna mi hanno riportato il mio piccolo, con un ciuccio marrone, sereno… Durante la giornata ho provato più volte ad attaccarlo al seno e lui, bravissimo si attaccava bene senza alcun problema… I problemi sono ricominciati la
sera, quando sono passati a fare l’ultima visita prima di spegnere le luci e la puericultrice ha tolto il ciuccio al bimbo dicendo che non serviva più e che “in ospedale ne hanno pochi quindi lo riprendeva”.
Da li sono iniziate ore di urla, impossibile dormire per la terza notte consecutiva per una donna che ha partorito! Alle ore 3 della notte hanno portato il bimbo al nido, facendomi pesare il fatto che il nido “non è fatto per portare li i bimbi quando non dormono ma è un luogo dove seguono le mamme ed i piccoli su dubbi e perplessità!”. Privare di sonno una persona è una tortura!
Me lo hanno riportato dopo due ore che dormiva, con il ciuccio in bocca. Se mi avessero lasciato il ciuccio fino al giorno seguente, poi me ne avrebbe portato uno il mio compagno e tanti problemi non sarebbero nati, ma nessuno ha voluto ascoltarmi.
Il problema maggiore è stato il giorno seguente quando con una doppia pesata han visto che il bimbo non mangiava praticamente nulla, mi hanno ossessionata con l’allattamento al seno, il bimbo ormai era sconvolto dalla fame, io dallo stress di tutto il contesto, non ero tranquilla e non trasmettevo nemmeno tranquillità al piccolo.
La notte seguente, quindi la terza notte che eravamo al Santa Chiara alla quale si aggiunge la notte del trasferimento obbligatorio, si sono decisi finalmente a mettermi a disposizione un “tiralatte”. Abbiamo scoperto che non era colpa del piccolo se non mangiava ma io che non avevo latte, da notare che il tiralatte ho dovuto studiare come poteva funzionare ad intuito perchè nessuno ha avuto il tempo di spiegarmi… Non penso di essere l’unica mamma che al primo figlio non sa come adoperare certi strumenti.
La mattina seguente dovevamo essere dimessi ma il bimbo soffriva di ittero e volevano trattenerci ancora una giornata. Non potevo fermarmi neanche un istante in più in quella bolgia!
Ho firmato le dimissioni e siamo tornati a casa, in Valle, dove con molta tranquillità il latte è arrivato, ed ho fatto seguire il piccolo al nido di Cavalese, dove ci siamo recati tre volte per fare degli esami ed è andato sempre tutto a buon fine…
A Trento è un gran disagio… Non perché le ostetriche o le puericultrici non siano brave e competenti, anzi… Ma ci sono troppe persone ricoverate in reparto, non riescono a seguirli tutti, la mattina seguente del parto in corridoio c’erano due lettini di due future mamme che stavano passando la fase del travaglio, lì con nessun tipo di riservatezza ne privacy, esposte allo sguardo di tutti, nell’indifferenza di una città.
Un ragazzo del mio paese che era giù ha chiesto se la sua compagna ed io potevamo essere trasferite a Cavalese così si lasciava il posto a chi non ne aveva. Non è stato possibile. Al primo cambio pannolino e per qualsiasi gesto verso il neonato ho dovuto arrangiarmi, devo ringraziare il corso preparto che ho seguito col percorso nascita di Cavalese nel quale ci hanno insegnato tante cose, il piccolo sta crescendo.
Io mi sono sentita abbandonata, ma credo che una neo mamma in quei giorni debba aver più aiuti e considerazione da parte di gente competente, dopo aver partorito, per alleviare la stanchezza, essere sostenuta, subentrano tanti fattori, anche umani, perchè dobbiamo sentirci abbandonate?
Oggi domenica 4 dicembre il mio bimbo si è svegliato strillando, e mentre cambiavo il pannolino mi sono accorta che aveva un gonfiore all’inguine destro, mi sono recata in pronto soccorso velocemente perché so che il pediatra è presente fino le ore 12 e non mancava molto, arrivati li, è stato visitato da una pediatra carina e disponibile e nel giro di 10 minuti mi ha spiegato che era un’ernia inguinale, da cosa è provocata e quando devo preoccuparmi.
Se fosse successo un’ora dopo dovevo andare a Trento. Per 10 minuti di visita.
Ora sono qui a letto che spero che il piccolo non cominci a piangere di nuovo perché se esce l’ernia e rimane per più di due ore, lo devo caricare in macchina e portarlo a Trento dove il pediatra gli farà un massaggino e l’ernia tornerà al suo posto per poi tornare a casa. Non è giusto avendo una struttura a Cavalese di arrivare ad una situazione del genere!
Ricorderò per sempre quei momenti nei quali avevo bisogno di risposte e non le ho avute, ricorderò per sempre come mi sono sentita io e chissà quante altre donne di Fiemme, Fassa e Cembra.
Mio fratello è diventato papà 40 giorni prima della nascita di mio figlio e sua moglie mi ha raccontato la sua esperienza a Cavalese… Un’isola felice…ma che, a quanto pare, nessuno è capace di proteggere!
Sofia Polo
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