Siviglia, 26 giugno Dopo la relazione illustrativa del proponente delegato dall’IUCN (International Union for Conservation…
Nella nostra immaginazione l’inverno evoca soprattutto freddo e neve: senza questa condizioni, un inverno non è considerato normale. Quest’anno la neve naturale non si è ancora vista e siamo ormai tutti convinti che stiamo assistendo ad un inverno anomalo. La causa è imputabile all’effetto serra? allo smog? agli accordi mancati dai grandi della terra? Può darsi, ma facciamo un salto indietro nel tempo per vedere come se la passavano i nostri avi.
(articolo di Stephan Bader, MeteoSvizzera, segnalatoci dal prof. Giuseppe Chitarin.)
Tuttavia gli inverni praticamente privi di neve e con temperature primaverili, quasi estive, si verificavano anche nei secoli scorsi. Osservatori attenti ci hanno tramandato descrizioni dettagliate di simili capricci invernali (Brügger, 1882). Essi sono, evidentemente, da lungo tempo parte, per così dire, del repertorio standard dell’inverno alle nostre latitudini.
Ripetersi di inverni estremamente caldi In Svizzera l’inverno 1529/30 fu eccezionalmente caldo. La neve rimase assente e alla fine di gennaio del 1530 gli alberi iniziarono a fiorire, mentre nei giardini i fiori primaverili sfoggiarono i loro colori. Qualche anno più tardi, nel 1537/38, seguì un ulteriore inverno sorprendentemente caldo, con la maturazione delle fragole in febbraio.
Due anni più tardi, nel 1540, a partire da febbraio in Svizzera le temperature raggiunsero valori da primato. Le ciliege maturarono già in marzo. Il caldo eccezionale proseguì per tutta l’estate, con condizioni canicolari estreme, e persistette fino a dicembre. Ancora più estremo, quasi settant’anni più tardi, fu l’inverno 1606/07.
Nel gennaio 1607 nella «Bündner Herrschaft» (corrispondente all’odierno Circolo di Maienfeld nel Distretto di Landquart) fiorirono i ciliegi e sembra che le cicogne fecero ritorno già a metà febbraio. Questo aspetto ci porta a supporre che le temperature invernali fuori norma interessarono molto probabilmente un’area estremamente vasta.
All’inizio di marzo i peri e la vite fiorirono e l’erba poté già essere falciata. In precedenza era stato caldo e povero di neve anche l’inverno 1603/04, così come, in seguito, gli inverni 1610/11 e 1612/13. Anche nell’inverno 1746/47 il nostro Paese fu investito da un caldo fuori dalla norma.
Nel gennaio 1747 i bambini camminavano scalzi e fiorirono le viole e le fragole. Non fu necessario riscaldare le abitazioni. Pochi anni prima, nel 1743/44, l’inverno fu contraddistinto da temperature miti e bel tempo.
Nel 1748/49 seguì di nuovo un inverno con temperature inusuali: nel gennaio del 1749 la neve rimase assente e sull’Altopiano bernese non si registrarono gelate. Cinquant’anni più tardi si riferisce di un clima marcatamente mite con assenza di neve fino alle quote elevate, un po’ come negli anni 1990 quando i pendii erano verdi e gli skilift fermi: nell’inverno 1796/97 a Brigels (1300 m slm) la neve rimase pressoché assente.
Dopo una seconda metà di dicembre estiva, da gennaio a marzo il tempo fu per lo più all’insegna del sole e gli abitanti della regione di Glarona poterono raggiungere senza pericoli Brigels attraverso il Passo del Panixer. Oltre a questo inverno, negli anni 1790 ve ne furono altri cinque con temperature assai miti.
Persino l’Engadina non è stata risparmiata Benché relativamente rari, gli inverni in cui le nevicate sono estremamente rare o i periodi pluriennali con un’assenza pronunciata di neve sono noti persino in Engadina, regione situata ad alta quota.
Nel 1885 le temperature miti e il clima secco fecero ad esempio sciogliere la neve autunnale, e secondo i resoconti di allora, alla fine di dicembre nell’Engadina alta si registrarono strade polverose e prati macchiati di neve. Al posto delle consuete slitte si dovettero di nuovo attaccare i carri (Flugi, 1915).
Anche il più recente inverno 2001/2002 è stato estremamente povero di neve in Engadina, così come in tutto il Sud delle Alpi. Un periodo di oltre 100 giorni con quantitativi di precipitazione molto ridotti, in concomitanza con un forte aumento delle temperature nella seconda metà di gennaio, aveva causato una mancanza acuta di neve nei comprensori sciistici.
Il paesaggio era contraddistinto da piste innevate artificialmente sui pendii e fondivalle verdi. Il Passo del Bernina, a una quota di 2250 m slm, era rimasto completamente privo di neve. Solo un anno prima, nell’inverno 2000/2001, la neve era invece caduta copiosamente al Sud delle Alpi e in Engadina.
Occorre inoltre ricordare come durante lo scorso inverno 2013/2014 al Sud delle Alpi e in Engadina sono caduti quantitativi di neve insoliti. Un inverno povero di neve può quindi essere seguito da uno con molta neve o viceversa, a conferma di quanto anche oggigiorno gli inverni presentino una forte variabilità da un anno all’altro.
Bibliografia Brügger C.G., 1882: Beiträge zur Naturchronik der Schweiz, insbesondere der Rhätischen Alpen. I.-IV. Folge. Chur. Flugi A., 1915: Grosse Schneefälle, schneereiche und schneearme Winter im Oberengadin in den Jahren 1850- 1914. Bündnerisches Monatsblatt Nr. 4, 1915.
Pubblichiamo il reportage fotografico delle Dolomiti senza neve naturale a dicembre 2015 realizzato da Carlo Pizzini a bordo del suo piccolo aereo.
Le stazioni utilizzate per elaborare i grafici delle temperature e delle precipitazioni fanno parte della rete climatologica svizzera. I dati di queste stazioni sono disponibili come dati mensili omogeneizzati, ossia dati dai quali sono stati eliminati tutti i cambiamenti artificiali, dovuti ad esempio alla sostituzione di uno strumento di misura o a modifiche delle condizioni di rilevamento. Questi dati soddisfano i massimi requisiti di qualità.
I trend climatici sono disponibili anche per le singole stazioni della rete climatologica svizzera.
L’evoluzione della temperatura mostra un andamento molto simile in autunno e in inverno. L’andamento della temperatura in primavera e quello della temperatura in estate sono ancora più vicini tra di loro.
Nelle serie pluviometriche sono presenti strutture regionali in parte molto differenti. Ciò è dovuto principalmente all’esistenza, in Svizzera, di un regime di precipitazioni differente tra il nord e il sud delle Alpi. Una rappresentazione dell’evoluzione delle precipitazioni per tutta la Svizzera non permetterebbe di mettere in evidenza le importanti differenze regionali.
Questo articolo è già stato letto 62415 volte!
giorgio rigoni
29 dicembre 2015 at 18:49
nel 1932 mi raccontava lo zio Nicolino, lui aveva 5 anni, all’epifania era nero fino in cima (zero neve) per cui..
renato
30 dicembre 2015 at 20:28
per cui, allora si respirava , oggi ci si intossica di diesel bruciato. temperature simili, qualità pessima (oggi).