Dalle Dolomiti al Deserto, il reportage di Pino Dellasega di Predazzo, che nei giorni scorsi…
Questa è una riflessione su ciò che è stato deciso a Parigi per alleviare i cambiamenti climatici derivanti dall’emissione di gas serra. Questo è un argomento che dovrebbe interessare tutti, non solo gli scienziati, ma anche te perché vivi su questo Pianeta.
Le fluttuazioni del Clima da sempre hanno mutato il tempo atmosferico vissuto dalle varie Civiltà del nostro Pianeta.
Carestie, epidemie, alluvioni, improvvise fasi glaciali, siccità, periodi molto caldi si sono alternati nel Pianeta Terra, decimando le piccole Civiltà.
Ma qualcosa di nuovo è accaduto da quando l’uomo ha scoperto il fuoco, da quando ha imparato a sfruttare la sua energia per azionare le macchine che hanno sostituito il massacrante lavoro di uomini bestia, e di bestie.
L’uomo sfrutta l’energia per produrre beni, per scaldarsi, per spostarsi, illuminare le case e le strade.
Nel frattempo le sempre più fitte e determinanti scoperte scientifiche hanno allungato la vita media dell’uomo, e in molti Paesi si instaurano sempre più rapidamente condizioni di benessere. Dall’avvento dell’Era Industriale la popolazione terrestre inizia a crescere a dismisura.
In quegli anni il Clima della Terra era mediamente più freddo di quello attuale, eravamo in una fase che vedeva la fine della Piccola Era Glaciale. Un periodo climatico dove d’improvviso, per alcune centinaia di anni, il clima divenne più rigido, in specie d’Inverno, quando gelavano i fiumi di mezza Europa.
Da vari decenni la scienza ha individuato una correlazione tra la concentrazione di alcuni gas immessi in atmosfera, e l’entità dell’Effetto Serra.
Parlo di entità di Effetto Serra perché la vita sulla Terra che conosciamo è garantita dall’Effetto Serra naturale dovuto al mix di gas che innalzano la temperatura media di circa 33°C.
Secondo gli scienziati, le attività umane hanno generato oltre il 95% del riscaldamento globale che è stato misurato negli ultimi 100 anni. Ma questo argomento è fonte di scontri tra chi afferma che il clima cambia per cause naturali e non antropiche.
La tanto attesa rassegna di politici, economisti, scienziati di Parigi (COP21) ha stabilito di compiere azioni per limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi entro il 2020, forse fino agli 1,5 gradi. Questo, a loro detta, consentirebbe di limitare significativamente i rischi e gli impatti del riscaldamento.
I governanti esultano vittoria, ma i conti non tornano. Le prime proiezioni svolte in giro per il Mondo indicano che i numeri stabiliti non garantiranno gli obiettivi palesati. Per dirla in breve, i numeri non tornano. Ma ciò sarà da analizzare con calma.
Se ciò risultasse vero, a Parigi si è concluso l’ennesimo nulla di fatto, con impegni troppo deboli per ridurre la percentuale di gas serra che immettiamo in atmosfera ogni millisecondo che passa.
Il 12 novembre 2015, gli scienziati della NASA hanno riferito che emettiamo in atmosfera una quantità di anidride carbonica (CO2) a livelli che non si vedevano da centinaia di migliaia di anni. Circa la metà rimane in atmosfera e non viene assorbita dalla vegetazione e gli oceani.
Gli scettici (i no Global Warming) potranno dire che la CO2 non altera il Clima, ma a mio avviso il problema di fondo è che stiamo inquinando il Pianeta e non c’è la volontà di reperire valide e drastiche soluzioni.
Forse nei prossimi decenni avremo fluttuazioni del Clima per cause naturali che attenueranno o incrementeranno il Global Warming, ma il punto cruciale è che inquiniamo troppo, e che la nostra Civilità non ha rispetto del Pianeta Terra.
Già abbiamo vaste aree urbane dove lo smog è talmente elevato che la vita media dell’uomo tende a diminuire, in specie nelle megalopoli di Cina e India.
Ma anche in Italia non siamo messi bene. La Valle Padana è la regione europea più inquinata. Vari studi recentemente pubblicati associano all’inquinamento dell’aria un aumento di decessi, e l’area milanese è in testa a questa classifica.
Insomma, come sempre avviene, la politica afferma di aver risolto il problema, ma parrebbe di no.
Questa è la fine di una Civiltà idiota ed egoista, i cambiamenti climatici che stiamo vivendo sono la somma delle normali fluttuazioni del clima (cause naturali) più quelli dovuti dalle attività umane, e la somma di ciò non è esattamente ravvisabile.
Andrea Meloni
Da giorni telegiornali e quotidiani titolano “smog, allarme rosso a Pechino”. Ma se la Cina soffoca, la Pianura Padana non se la passa molto meglio. Da settimane le concentrazioni di polveri sottili sono a livelli d’allerta e nei grandi centri urbani del Veneto la qualità dell’aria è classificata come “scadente” o “pessima” dall’Arpav. Una situazione gravissima, come spiega Marco Rabito, insegnante di meteorologia e curatore del portale SerenissimaMeteo.it: «in Cina sono a livelli venti volte oltre il limite, qui siamo a due volte e mezzo. Invece di guardare a chi sta messo peggio, dovremmo cercare di fare meglio in casa nostra, perché stiamo respirando spazzatura anche noi».
Rabito spiega che «stiamo attraversando una configurazione meteorologica che non favorisce il ricambio d’aria. Negli ultimi cinquanta giorni, per quaranta abbiamo avuto alta pressione, che favorisce il ristagno degli inquinanti». Per questo motivo, mediamente i valori di Pm10 registrati nelle ultime settimane sono compresi tra 50 e 100 microgrammi per metro cubo, con alcuni sforamenti oltre 100. «Già sopra i 50 microgrammi l’aria è di scarsa qualità ed è infatti il valore limite, che per legge non andrebbe superato più di 35 giorni all’anno». Il meteo gioca a nostro sfavore, ma è pur vero che praticamente tutti gli anni in inverno le polveri raggiungono il livello d’allarme. Colpa anche della particolare conformazione orografica della Pianura Padana, che la rende la macro-regione più inquinata d’Europa. «Viviamo in una pianura circondata da montagne, una delle zone meno ventose al mondo, che è come un catino che accumula le sostanze inquinanti».
A boccheggiare sono soprattutto i grandi nuclei urbani, perché la gran parte delle polveri è prodotta dagli impianti di riscaldamento, dagli scarichi delle automobili e dal consumo degli pneumatici. «I valori peggiori si segnalano a Venezia, ma bene o male tutte le città venete registrano valori simili. Siamo tutti sulla stessa barca». Fare un confronto tra i vari capoluoghi è difficile, anche perché ci sono lacune nella raccolta dei dati. «Vicenza ha una sola centralina che misura le Pm10 e nessuna per le Pm2.5 . Tra l’altro l’unica centralina si trova nel Quartiere Italia che di certo non è tra i più inquinati. Sarebbe il caso di installarne altre, perché così equivale a barare sui dati». Nonostante ciò, il capoluogo berico è già a quota 87 sforamenti nel 2015, ben oltre il limite previsto, oltre il quale la legge impone ai Comuni di ricorrere a misure straordinarie.
Gli strumenti a disposizione degli amministratori locali, tuttavia, sono pochi. «Nell’immediato, oltre ai blocchi del traffico, che vanno pianificati tenendo conto delle effettive condizioni atmosferiche, possono soltanto imporre l’abbassamento del riscaldamento nelle strutture pubbliche. È vero che spesso gli impianti sono poco efficienti, ma soprattutto c’è il brutto vizio di tenere il riscaldamento troppo alto. Per riscaldare un ambiente sono sufficienti 18 gradi e mezzo, non va bene tenere gli uffici pubblici a 20-21 gradi con i dipendenti che girano in maniche corte. Per quel grado e mezzo in più si consuma tantissimo». Nel lungo periodo, invece, si possono studiare, come parcheggi di interscambio o incentivi e interventi per l’efficienza energetica, ma la vera sfida è prima di tutto culturale.
«Si deve partire dall’informazione e dalla sensibilizzazione. Ad esempio, un’idea utile sarebbe quella di installare centraline di rilevamento con pannelli luminosi che riportino i valori in tempo reale. Vedendo che questi valori sono fuori norma ogni giorno, magari uno inizia a preoccuparsi e a non vedere più di cattivo occhio i blocchi del traffico». Il problema è rendere popolari simili iniziative. «Se oggi non lo sono è perché la popolazione non è abbastanza sensibilizzata sui danni provocati dall’inquinamento, che sono a lungo terminee “invisibili”. Lo smog è la prima causa dell’aumento delle malattie croniche come l’asma, che colpiscono soprattutto bambini e anziani, e dei tumori alle vie respiratorie. Le polveri più sottili, in particolare, hanno la capacità di raggiungere gli alveoli polmonari e da lì non se ne vanno più».
Aria fresca in bottiglia: il prodotto è di una start-up canadese, che la attinge dalle foreste delle Montagne Rocciose e la concentra in pratiche bombolette. In Cina, con l’inquinamento sempre più alle stelle, l’offerta, battezzata con il nome di “Vitality air”, sta diventando un articolo richiestissimo, come scrive il “Telegraph”.
La singolare bottiglia è nata in Canada da un anno, ma nel Paese asiatico è arrivata soltanto un paio di mesi fa, e le vendite stanno andando alla grande. “La nostra prima partita di 500 bottiglie di aria fresca è stata saccheggiata in quattro giorni”, dice uno dei vertici della start-up, Moses Lam. Una cassa di 4mila bottiglie è appena partita per la Cina, ma quasi tutto il suo contenuto è già stato prenotato.
Insomma, una vera e propria aria fresca-mania nel Paese più inquinato del mondo. E l’aria non è a buon mercato: una confezione pari a 7,7 litri di aria pura trasportata direttamente dal Banff National Park è in vendita per 100 yuan, cioè 10 sterline, 50 volte più cara dell’acqua minerale in Cina.
Ad acquistare la Vitality Air è soprattutto chi vive nelle grandi città del nordest e nel sud del Paese, dove i livelli di inquinamento sono da emergenza. L’agenzia di Stato Xinhua ha postato online una foto del centro di Shanghai in cui è visibile il livello di smog da incubo che avvolge tutto, con il commento: “Ancora altissimi livelli di smog colpiscono la Cina”, seguito dalla misurazione di sostanze inquinanti. Chi può quindi cerca di trarre un po’ di sollievo dall’aria fresca in bottiglia.
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