Il negozio Sportissimo di Predazzo organizza "La corsa prima di cena" , un momento per…
Sicuramente non sono molti gli atleti che possono dire di aver coperto 160.000 chilometri di corsa, regolarmente documentati, quattro volte il giro del mondo. Un record del quale si può fregiare Vito Vanzo, 66 anni compiuti lo scorso 14 gennaio, nativo di Masi di Cavalese, da qualche anno trasferito a Predazzo, dove vive con la consorte.
Senza dubbio un personaggio, impegnato, schivo quanto tenace e determinato in quello che fa, in possesso di grandi doti atletiche (il suo fisico sembra quello di un ventenne) e di importanti qualità umane che ne hanno fatto un esempio. Ha cominciato a correre nel maggio del 1966, piazzandosi al secondo posto tra gli allievi in una prova del campionato valligiano, all’interno del quale continua anche oggi ad inanellare successi di categoria.
Nel 1976 ha iniziato ad allenare i ragazzi della Us Cermis. «Tempi pionieristici – ricorda – quando ci si allenava nei prati di campagna. Poi, pian piano, siamo cresciuti, cominciando a praticare la vera atletica sulla pista del campo sportivo di Cavalese. Siamo cresciuti nel numero e sono arrivate le prime soddisfazioni, con un buon bottino di medaglie ai campionati italiani del Csi a Jesolo nel 2005».
Poi, a Predazzo, è iniziata la collaborazione con l’Us Dolomitica. «Una nuova esperienza – sottolinea – che mi ha dato grandissime soddisfazioni ed aperto nuove prospettive, come allenare a Mezzolombardo e a Tesero e dare il mio contributo all’Anffas di Cavalese».
Una storia di vita e di sport con tantissime gare vinte (tra l’altro quattro titoli italiani di categoria e numerosi campionati valligiani), «anche se – tiene a precisare - non è stata mai la vittoria il mio obiettivo quanto il confronto con me stesso e la verifica del lavoro svolto».
Il ricordo più bello?
«Il mio record nella maratona, centrato nel 1986 a Cesano Boscone (Milano), con il tempo di 2h19’30. Il calvario degli ultimi chilometri è ancora nei miei ricordi, ma questo è stato per me un traguardo importantissimo».
E la soddisfazione più grande? «L’anno scorso, quando Pamela Croce, a Pergine, superò un metro e 64 centimetri nel salto in alto, dopo che, fino a poco tempo prima, riusciva a fatica a salire a un metro e 52. Ma abbiamo continuato ad allenarci con passione e volontà». E questo traguardo dei 160.000 chilometri? «Me lo ero prefisso e mi ha dato enorme soddisfazione, frutto di impegno e spirito di sacrificio che sono stati alla base di questo risultato.
Vivo ancora soprattutto la felicità della corsa, che mi fa sentire libero e in pace con me stesso. Sensazioni che ho sempre cercato di trasmettere ai ragazzi che alleno, nella consapevolezza che lo sport è bello se praticato nella giusta dimensione, senza quelle pericolose scorciatoie che tanto danno fanno sia all’atleta che alla persona». E per il futuro? «Continuerò a correre con la mia libertà ed a seguire i giovani, tenendo ben presenti i principi ed i valori, che fanno parte della mia vita».
L’Adige.it
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